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Rossi vs Marquez e quel documentario sul 2015: che futuro vuoi se racconti il passato così? Pecco Bagnaia ha ragione oltre le sue parole

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

28 ottobre 2025

Rossi vs Marquez e quel documentario sul 2015: che futuro vuoi se racconti il passato così? Pecco Bagnaia ha ragione oltre le sue parole
Pecco Bagnaia è andato giù duro sul documentario che, a distanza di dieci anni, ha raccontato ancora la lotta tra Valentino Rossi e Marc Marquez e Sepang 2015? Sì, ma il punto non è quello che ha detto - visto che è una semplice opinione personale - ma perchè l'ha detto. E in che momento...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

“Sapevo che volevano realizzare un docufilm o qualcosa del genere sul 2015, su Sepang e sulla lotta tra Marc e Vale. Mi avevano anche chiesto di partecipare, ma dissi subito di no”. Pecco Bagnaia l’ha raccontato nella sala stampa di Sepang lasciando intendere, ben oltre le sue stesse parole, che quel documentario, adesso che c’è davvero, non gli è piaciuto affatto. E che non gli piaceva neanche quando era una idea così come – e questo possiamo riferirlo con assoluta certezza – non è piaciuto già sul nascere a tantissimi protagonisti della MotoGP di oggi e di ieri che si sono rifiutati categoricamente di rilasciare dichiarazioni o partecipare in qualche modo al montaggio. E’ vero che chi fa è sempre migliore i chi non fa. Ma è vero pure che nelle corse, chi fa più di chiunque altro sono i piloti e i protagonisti. E andrebbero ascoltati, sempre, per evitare di trasformarli in attori di un copione che non piace neanche alloro. E che, inevitabilmente, finirà per non piacere al pubblico.

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Attenzione, il tema non è se quel docufilm è sbilanciato o meno verso Marc Marquez, se dipinge o meno Valentino Rossi come il cattivo della vicenda e nemmeno su come è stato raccontato un episodio del passato che ha inevitabilmente cambiato per sempre il motorsport. Il tema è, piuttosto, l’opportunità di farlo a dieci anni da quei fatti, in un momento in cui anche i più fanatici sembravano quasi disposti a voltare definitivamente pagina. A quale scopo? Riabilitare Marc Marquez? Uno: non ne aveva bisogno perchè, almeno dal suo punto di vista, c'era niente da cui riabilitarsi. Due: ammesso e non concesso che ne avesse avuto bisogno, s’è riabilitato ampiamente da solo con la sua storia e le sue vittorie, facendo parlare l’unica voce che conta davvero, il cronometro. Ridimensionare la leggenda di Valentino Rossi? Meno che mai, visto che a riaprire le ferite si rischiano solo ulteriori infezioni. Che poi, al di là del merito, è ciò che ha sostenuto sin da subito gran parte del paddock, chiudendo le porte a ogni eventuale partecipazione. Lo ha fatto Livio Suppo, lo ha fatto Carlo Pernat, lo ha fatto (arrabbiandosi anche molto) Lin Jarvis e l’hanno fatto tanti, tantissimi, piloti che in quel 2015 c’erano. Quelli che non hanno detto di no, tipo Andrea Dovizioso, si sono, invece, limitati all’educazione di rispondere, ma badando bene di non dire assolutamente nulla.

Valentino Rossi e Marc Marquez

Ecco perché oggi, dopo la ferma presa di posizione di Pecco Bagnaia, dispiace rendersi conto che ci si è soffermati alla sacrosanta opinione personale del pilota italiano senza provare a andare oltre le sue parole. E ignorando un significato più grande rispetto al futuro che la MotoGP dovrà scrivere in questa nuova era targata Liberty Media, dove si va avanti con i progetti senza tenere conto di quelli che delle corse sono protagonisti davvero. Come, insomma, a Sepang, quando i piloti della MotoGP si sono ritrovati a partire senza sapere assolutamente niente sulle condizioni di salute di due ragazzini di diciannove anni che poco prima avevano avuto un tremendo incidente in Moto3. Nessuno di loro chiedeva di non correre, come s’è raccontato, ma, almeno di correre sapendo invece che dovendo accettare la (non) narrazione di chi pretendeva si facesse finta che non fosse successo nulla.

“L'idea di pubblicare questo documentario, se così si può chiamare, non è stata molto giudiziosa – ha detto Bagnaia – E poi pubblicarlo giovedì, nel giorno dell’anniversario della morte di Marco Simoncelli, non è stata una buona scelta. Per quanto riguarda i contenuti, credo che alcuni ruoli sono stati rappresentati in modo leggermente distorto e non capisco neanche perché ad un certo punto compaia anche io”. Sì, è esattamente l’opinione personale di Bagnaia che ha risposto a una domanda specifica su cosa ne pensasse di quel documentario, ma oltre le sue parole è evidente che c’è un significato più grande che riguarda – al di là di chi tifava per chi e di chi è amico di chi o compagno di squadra di quale – i timori sulla direzione che intenderanno prendere i nuovi timonieri del Motomondiale, che sembrano più preoccupati dello storytelling intorno alle corse che delle corse vere e proprie. Restituendo, però, l’immagine di chi vuole un taglio netto col passato ma poi va a ripescarlo per raccontarlo ancora, tra l’altro nella sua pagina più brutta della storia recente, senza rendersi conto che a nessun attore riuscirà mai di recitare bene un copione che non gli piace. I protagonisti delle corse di oggi e quelli che c’erano nel 2015, almeno la stragrande maggioranza, non volevano quel documentario. E farlo lo stesso è il segnale di un futuro che potrebbe non essere già nelle premesse all’altezza di un passato che è stato ben altro di quel maledetto 2015.

Sepang Clash, 10 years on is OUT NOW 🎥👉 https://t.co/HL5skEXe0Q

Delve into the unknown stories and scenes behind the culmination of @valeyellow46 & @marcmarquez93's rivalry #MotoGP pic.twitter.com/UN2v42U5eU

— MotoGP™🏁 (@MotoGP) October 23, 2025

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