Tra pochi giorni, il 15 novembre, Matilde Lorenzi avrebbe compiuto 20 anni. Faceva parte del gruppo sportivo dell’esercito e il suo futuro sportivo sembrava tra i più promettenti. L’anno scorso, infatti, aveva vinto il titolo italiano assoluto e giovani in supergigante; era arrivata anche sesta e ottava al mondiale juniores di Chatel nella discesa e nel supergigante. Matilde è deceduta questa mattina all’ospedale di Bolzano a causa del colpo alla testa subito dopo una caduta in allenamento sulla pista Gravald G1, nel comprensorio Alpin Arena in Val Senales. La premier Giorgia Meloni, il ministro della Difesa Guido Crosetto e Giovanni Malagò hanno espresso la loro vicinanza alla famiglia. “Il talento si coltiva provandoci in continuazione e credendoci sempre”, aveva detto la giovane atleta in un’intervista andata in onda su Rai Gulp. Lo sci è uno sport in cui si mette a rischio la propria incolumità e per questo sono previste protezioni. Il casco, però, è sufficiente per quelle velocità? “Non esistono negli sport di velocità dispositivi efficaci, che non siano i caschi integrali da moto”, ha detto Bruno Andrea Pesucci primario al San Camillo del reparto chirurgia maxillo facciale. “Il trauma cranio-facciale si ha anche quando la testa è direttamente protetta da un casco, ma l’impatto sul volto è talmente violento da interessare anche la regione cranica, compreso il cervello. Alla piena sicurezza non arriveremo mai nello sci. Gli atleti hanno la necessità di avere visione al cento percento in ogni istante. Il casco di per sé deve evitare traumi alla testa: non ci sono dispositivi migliori”. Fondamentale, dice l’esperto, agire in maniera tempestiva, facendo passare meno tempo possibile fra il trauma e il trasporto in ospedale.
“In generale, per i traumi non ci sono modi per mettersi al sicuro. Impossibile dire a uno sciatore professionista di andare piano o a un giocatore di rugby di evitare la mischia. Si devono cambiare le regole”, ha proseguito nell’intervista per Repubblica. Il miglioramento della preparazione degli atleti ha certamente influito sulle velocità raggiunte negli sport. Questo significa performance più spettacolari e maggiore esigenza del pubblico. Inevitabilmente ciò ha delle conseguenze sulla sicurezza: “In tutte le discipline si è arrivati a tali velocità che la prevenzione è semplicemente impossibile. Nello sport, la performance è una necessità che spesso va a detrimento della sicurezza”. La tecnologia, ricorda Pesucci, fornisce soluzioni inaspettate, come la “Halo-cage della Formula 1, apparentemente fastidiosa ma in realtà comodissima”. Non si può, però, garantire l’incolumità di atleti che si spingono a certe velocità: “Un problema in qualche misura gestibile ma ineliminabile”