Luca Salvadori non c’è più. Sembra passato un attimo da settembre perché il dolore è in prospettiva, proiettato verso un vuoto futuro, non nel presente dove abita il ricordo. Troppo difficile abituarsi a scrivere al passato di Luca. Eppure mettersi davanti al video pubblicato sul suo canale YouTube dal padre Maurizio nell’ultimo lunedì dell’anno, alle 18:00, è come una necessità, un rito obbligato, quando arriva la notifica è una piccola esplosione nel petto, la stessa di quando vedi il cerchio arancione su Instagram. Lo guardi tutto in fila il video di Maurizio Salvadori, in silenzio, senza pensare di velocizzarlo come con tutto il resto: YouTube ti offre anche l’1.75x, abbastanza svelto per recepire l’informazione e non così affettato da perderne il senso. Non stavolta, appunto. Ti fa riflettere, semmai, al fatto che la fretta è sempre legata a un dopo, un’altra cosa da fare che stavolta non c’è.
Maurizio Salvadori parla per venti minuti, viaggia dritto, esatto come una scacchiera, dove non puoi nasconderti e le regole scandiscono la realtà. Il video si muove, su tutto, in due direzioni: Maurizio, per cominciare, combatte per ciò che è giusto e quindi racconta ciò che è stato sbagliato. D’altro lato raccoglie il dolore per trasformarlo, cambiarlo, dagli una forma diversa. Maurizio racconta dell’incidente di Luca. In curva a 250 Km/h, fuori pista per evitare un pilota davanti che sbaglia, l’impatto a oltre cento chilometri orari su di un muro di paglia compressa, fuorilegge dal 2018, dopo che la moto aveva spostato un air fence forse pensato per il ciclismo e non per le corse in moto, un air fence che avrebbe dovuto essere inchiodato a terra. È triste, tutto sbagliato. Una stortura innaturale come una brutta frattura ascoltare un padre mentre spiega agli amici del figlio di come è morto. È straziante.
Maurizio fa tutto con una dignità così grande da coprire il dolore. Racconta dei dialoghi avuti con Luca, di quando lui, padre, gli aveva detto con leggerezza che avrebbe voluto essere cremato, di disperdere le sue ceneri nel posto in cui adesso verrà portato suo figlio. “Una buona idea”, gli aveva detto Luca. Ricorda di quando, a cena, Luca gli disse di non preoccuparsi, di stare tranquillo perché per strada correva all’ottanta percento delle sue capacità. Maurizio Salvadori dentro YouTube ha messo l’anima, forse per rafforzare ancora quel legame fortissimo tra Luca e il suo pubblico, cercando anche un po’ di conforto.
C’è chi dice che la nostra società onora i conformisti vivi e i ribelli morti. È vero. Ma è anche vero che con Luca è stato diverso e forse oggi suo padre si sente aiutato dalla gente che voleva bene a suo figlio. Dall’idea di Guido Meda di tenere vivo il canale con il contributo costante della sua gente, dai musicisti che avevano un posto nella sua vita, a partire da Lorenzo Jovanotti, fino ai creator con cui Luca è cresciuto. È un video di quasi venti minuti ma vola via in un attimo e ti lascia una certezza: chi si chiederà chi era Luca Salvadori e cos’aveva fatto per conquistarsi così l’affetto della gente avrà modo di saperlo. Nei video che rimarranno per tutti, certo, ma soprattutto ascoltando le parole di suo padre, osservando i suoi modi posati ma fermi, una determinazione ferrea e gentile spinta dall’amore. La dignità, il coraggio, la passione.