Marco Melandri non l’ha mai nascosto: il 2015, per lui, è stato colpa di Valentino Rossi. L’ex campione del mondo e pilota negli anni d’oro della MotoGP e della Superbike è tornato a parlarne in una recente intervista con RSI Sports sulla scia del documentario lanciato da Dorna che ha raccontato ancora i fatti di Sepang a dieci anni esatti da quei giorni. “Per molti – dice Melandri - quella storia è iniziata e finita in Malesia, ma la realtà è che cominciato tutti molto prima. In Argentina, il cambio di direzione di Valentino, quando ha letteralmente preso l’anteriore di Marc, è stato piuttosto evidente e non è stato un ottimo inizio di stagione per il loro rapporto. La stessa cosa è poi successa in Olanda e poi infine in Malesia”. Cariche nervose accumulate, quindi, giochi di leadership tra il vecchio leone e quello che destinato a diventare il re della foresta, poi culminate ina una pagina brutta di sport.
"Già in Malesia – prosegue Melandri - non importava più chi arrivava primo, ma chi dimostrava più forza. Valentino ha rallentato due o tre volte e ha guardato Márquez, in tutta la sua carriera non si è mai voltato indietro durante una gara. Lui, che è l'icona della MotoGP mondiale, secondo me non avrebbe dovuto fare un gesto del genere. È stato intenzionale al cento per cento: Valentino ha rallentato due o tre volte e ha guardato Márquez. È un peccato perché sono riusciti a farlo passare per la vittima quando, secondo me, il colpevole era lui. Valentino era sotto pressione, ma ha anche perso la calma e ha commesso errori. Basta guardare di nuovo il filmato: un attimo prima di dare un calcio a Márquez, la forcella si raddrizza perché lui rilascia il freno e apre l'acceleratore con precisione per assicurarsi di portarlo fuori pista e colpirlo”.
Una presa di posizione, quella di Melandri, netta e comunque non nuova, visto che l’ex campione del mondo ha più e più volte spiegato il suo pensiero su quei fatti, raccontando anche che le ruggini nate nel tempo con Valentino Rossi, dopo essere stati super amici all’inizio delle loro carriere, non c’entrano niente. Assolutamente niente di nuovo, quindi, anche se chiaramente le parole di Melandri hanno fatto scalpore e hanno riacceso un dibattito che ormai dura da dieci anni, su cui la stessa MotoGP ha voluto rinnovare l’attenzione buttando nuova benzina sul fuoco e verso cui, comunque, nessuno ha davvero intenzione di ipotizzare una fine.
Il passaggio di Melandri che fa riflettere, però, è piuttosto un altro. E è quello in cui l’ex campione italiano ammette che anche a suo avviso è in corso una nuova “operazione simpatia” verso Marc Marquez. Come se la nuova MotoGP volesse puntare tutto sul personaggio, trovandosi però nella scomodissima posizione di dover riabilitare qualcuno che in passato ha contribuito a demolire. Come se, insomma, la storia potente di Marc Marquez non bastasse e non bastassero nemmeno le prove di forza mostrate ora che guida una Ducati e il nono titolo mondiale portato a casa già al primo anno in sella a una Desmosedici ufficiale. “Ora – dice ancora Marco Melandri - il problema è che chi gestisce la MotoGP ha bisogno che Márquez sia simpatico, ma lo hanno reso così antipatico dieci anni fa che ora non sarà una operazione facile”. E’, sia inteso, una opinione, ma è anche lo specchio di una percezione che a quanto pare è comune anche in chi è stato protagonista del paddock per tanti anni: si sta virando verso le narrazioni, la creazione di personaggi, la mediaticità che vince anche sul cronometro. Come la Formula1, insomma, dove il “chi” conta ormai più del “come”.