C’è stato un momento in cui Marc Marquez non vinceva gare: le demoliva, il tutto con una naturalezza che sembrava quasi ingiusta per gli altri, a partire da Andrea Dovizioso a cui non sono bastati il lavoro, il sacrificio e il mezzo. Poi sono arrivati il 2020, l’infortunio al braccio destro e un calvario chirurgico che lo ha trasformato dalla macchina da guerra di fine decennio a uomo in lotta contro il proprio fisico, dritto verso il ritiro. E, nonostante un ritorno che ha mostrato sprazzi del vecchio Marc con la Gresini Racing, il treno della MotoGP non aspetta nessuno.
La verità è che il suo nome non è più sinonimo di certezza. Marc Marquez, che piegava la moto a 68 gradi, che salvava cadute come se avesse un patto col diavolo, è ora un veterano in un paddock pieno di ragazzini affamati, uno che può vincere le gare come finire fuori dal podio.
Ecco perché, con il passaggio al team interno Ducati, per lui il 2025 non è solo un numero: sarà probabilmente l’anno in cui dovrà dimostrare al box di essere quell’investimento lì, che cambia le gare più di quanto possa farlo il compagno di squadra. A dirlo è anche Jaime Alguesauri, opinionista spagnolo di vecchia data nonché grande sostenitore di Marc Marquez: o adesso, o mai più. Così la scritta Todo al Rojo che Marc si è fatto imprimere sulla tuta non racconta solo della scommessa fatta per entrare in Ducati, puntando per l’appunto tutto sul rosso, è anche un riferimento al futuro.
Adesso, con Ducati, Márquez ha tutto quello che gli serve per vincere: una moto stellare, un team rodato e un box pieno di esperienza, oltre che una concorrenza interna meno agguerrita per via dell’addio di Jorge Martín alla Desmosedici. Proprio per questo però, il margine di errore è zero. Se fallisce, non ci saranno scuse. Non si potrà dire che era colpa della moto, del team o delle condizioni, né tantomeno che Bagnaia aveva un mezzo diverso. Certo, ci sarà anche qualcuno che parlerà dei problemi di adattamento a una nuova squadra, ma la verità è che il dito sarà puntato su di lui, Marc Marquez, un pilota che molti, tra chi stila contratti e chi cerca piloti nel paddock, inizieranno a vedere come un grande del passato. Bagnaia questo lo sa, così come sa bene che il primo avversario di un pilota è il suo compagno di squadra: Pecco è il volto della tranquillità apparente, certo, eppure resta un killer in pista, uno che non accetta compromessi, soprattutto quando si tratta di difendere il suo status contro gli altri fenomeni della categoria.
Marc non è solo un pilota, è un brand, un simbolo. E nel 2025 quella reputazione è appesa a un filo. Se riesce a vincere, si consacrerà definitivamente come uno dei migliori di tutti i tempi, capace di risorgere dalle ceneri e dominare la categoria, farlo a 32 anni e su una moto diversa rispetto a quella con cui ha sempre vinto. Ma se fallisce? La narrazione cambierà. La competizione è altissima e piloti come Pedro Acosta, Fabio Quartararo o lo stesso Jorge Martín spingono forte per prendere il posto di Marc Márquez, che rischia di finire schiacciato da uno sport che dimentica in fretta, a volte troppo.