I giornalisti italiani che seguono la MotoGP sono di parte. È vero, anche se la “parte” non è sempre la stessa per tutti. Se c’è chi rischia di passare da tifoso c’è anche chi, con lo stesso rancore di un vigile urbano che controlla i ticket sul lungomare, i propri connazionali li detesta, li vorrebbe veder soccombere e impersonare il fallimento di un Paese. Chi si lamenta della telecronaca italiana troppo faziosa dovrebbe sentire quella inglese (che pure di piloti ne ha ben pochi) o quella spagnola. E chi si lamenta dei giornalisti italiani dovrebbe continuare a farlo - in modo da farci migliorare nel nostro lavoro - però anche sentire quello che offre la concorrenza. Perché a volte uno, da casa, fatica a immaginare cosa possa succedere in circuito, anzi in sala stampa, quando i piloti parlano con i giornalisti e le telecamere non ci sono.
Siamo a Silverstone, è sabato pomeriggio. Francesco ‘Pecco’ Bagnaia parla al parco chiuso e, più tardi, davanti ai giornalisti in sala stampa, concentrandosi sui colleghi che cercano la scia in qualifica: “Siamo i migliori piloti del mondo nella massima categoria del motorsport, se siamo arrivati qui è perché sappiamo fare le cose da soli: non capisco il motivo per cui uno debba attaccarsi sempre. Le ultime quattro qualifiche a parte un paio di piloti nessuno è riuscito a fare il tempo per questo motivo qua. Nel mio caso oggi ho fatto la mia strategia ma non ha portato i suoi frutti: Martín era l’ultimo del gruppo e sono entrato trenta secondi dopo di lui e alla curva cinque ero di nuovo davanti a tutti, a volte si fa fatica e non è neanche un bello spettacolo da vedere”.
È la polemica del giorno. Aleix Espargarò si dice d’accordo con Bagnaia, lo stesso Jorge Martín. Per Pedro Acosta i piloti non dovrebbero “mandare a fanculo il giro degli altri”. Inutile dire che Marc Marquez, interrogato sul tema, ha scrollato le spalle: “A me piacerebbe essere seguito perché vorrebbe dire che sono il più veloce, queste sono le corse ed è sempre stato così. Altrimenti cambiamo le regole e facciamo la Superpole, però quando lo facevano in Superbike era noioso”.
Così prende la parola un collega spagnolo, uno che gira nel paddock da qualcosa come una dozzina d’anni. Dice a Marc Marquez, testualmente: “Stamattina, senza nominarti, Bagnaia ti ha attaccato dicendo che la situazione è diventata ridicola. Ha parlato duro, dalla sua posizione di campione. Si sta preparando alla guerra psicologica che storicamente anche il suo amico, il suo capo [Valentino Rossi], ha sempre fatto? Credi che stia iniziando a rafforzarsi per quello che sarà nel 2025 quando condividerete il box?”.
Parafrasiamo: Pecco non ce l'ha con chi prende la scia perché gli dà effettivamente fastidio, sta lavorando per innervosire Marc Marquez in vista del 2025 con le tecniche Jedi di Valentino Rossi. La risposta del diretto interessato è secca e immediata, un piccolo capolavoro di paraculaggine: “Non ha fatto il mio nome e non mi sono sentito preso in causa”.
Quindi sì, la stampa italiana è faziosa, scarsa e in declino. Eppure vale la pena di citare un grandissimo: questo bel Paese forse è poco saggio, ha le idee confuse. Ma se fossi nato in altri luoghi poteva andarmi peggio.