Non accenna a placarsi la polemica sul “caso parolacce” lanciato dal presidente della FIA Mohammed Ben Sulayem, e questa volta, a condannare l’utilizzo di un linguaggio scurrile da parte dei piloti è Toto Wolff, team principal di Mercedes. Un caso che ha tenuto banco per tutto il finale di stagione, prima a causa delle sanzioni inflitte a Max Verstappen, con l’olandese che ha dovuto scontare delle ore di lavori socialmente utili in Ruanda, affiancando giovani piloti locali, poi con la polemica scoppiata in Brasile a causa di un “fuck” pronunciato da Charles Leclerc durante la conferenza stampa dedicata ai piloti. Una questione che ha spaccato in due lo schieramento, tra chi ha preso le parti di Max e poi di Charles e chi invece ha mostrato sostegno al presidente della FIA, nonostante i conflitti e i dubbi che sinora si sono generati intorno alla sua figura.
A sostenere la causa dei “piloti role model”, primo fra tutti è stato Lewis Hamilton, sottolineando come i piloti debbano essere un esempio, ma allo stesso tempo condannando il modo in cui Ben Sulayem ha espresso tale concetto, evidenziando come le sue parole presentassero delle storture: “Sicuramente penso che ci siano troppe parolacce e che, con le sanzioni, la gente smetterà. Ma non mi piace come ha espresso questo concetto. Il paragone con i rapper era molto stereotipato”, alludendo alla distinzione fatta dal presidente tra questi e i piloti di Formula 1. Una posizione poi sposata a pieno anche dal suo team principal Toto Wolff quando, in occasione dello scontro tra George Russell e Max Verstappen a Yas Marina, ha criticato pesantemente il comportamento dell’olandese: "Ho un bambino di sette anni che va sui go-kart e che guarda tutto. È stata la prima volta, qualche mese fa, che ha detto 'che cazzo', e io gli ho chiesto 'da chi l'hai sentito dire? Ho avuto dei conflitti con Mohammed, ma in questo caso i piloti, tutti i piloti, sono dei modelli. Non sono d'accordo con molte altre cose che Ben Sulayem ha proposto, ma penso che se si traduca 'f**k' nella vostra o nella mia lingua, sia piuttosto scortese. Non lo direi mai alla radio. Io, George e Lewis ne abbiamo parlato e sanno che non mi piace. Quindi sono perfettamente d'accordo sul fatto che dovremmo limitarlo. Ci sono una manciata di piloti che dicono queste cose e, per me, sarei felice di sanzionarle ancora di più. Questa è solo la mia opinione".
Dunque, quella sulle parolacce sembra essere diventata ormai una guerra, con le due fazioni che di tanto in tanto si scontrano, dimenticando che forse, quando si analizzano e valutano tutti i casi, andrebbe prima di tutto utilizzato il buon senso, oltre che una linea di giudizio che valga per tutti i piloti in griglia. È vero che le affermazioni di Max sono state pesanti, ma a sentire i team radio dell’ultimo GP non sono stati in pochi ad essersi dimenticati del ruolo di “buon esempio”, eppure nessuna investigazione, con relativa sanzione, è stata avviata.
Quanto sostenuto da Wolff è comprensibile, vista ormai l’estrema popolarità che la Formula 1 ha guadagnato negli anni, ma, prima che questa diventi l’ennesima occasione per alzare polveroni, puntando il dito verso ogni “fuck” pronunciato, quasi a voler intaccare anche la prestazione in pista, ci si dovrebbe interrogare sul vero significato dietro ogni messaggio lanciato, più che guardare alla persona che quelle parole le ha pronunciate. A conti fatti, finora Verstappen, pur non essendo il solo, è il pilota su cui quasi unicamente è stato puntato il dito, vanificando così gli sforzi fatti dalla Federazione Internazionale e le intenzioni del suo presidente.