Si torna sempre lì: alla mentalità giapponese. Il primo a parlarne, ormai quasi un decennio fa, fu Valentino Rossi, mettendo in guardia Yamaha sul fatto che i costruttori europei sarebbero ben presto arrivati, rivoluzionando il modo di lavorare nelle corse. Poi quella previsione s’è rivelata azzeccata, è diventata prima opinione comune e poi evidente certezza, con i costruttori giapponesi che in una manciata di anni si sono ritrovati a giocare un mondiale a parte: tra ultimi. Tanto che Yamaha già a suo tempo è corsa ai ripari, rompendo la tradizione e affidandosi a collaborazioni e collaboratori europei. Adesso l’ha fatto anche Honda, scegliendo Romano Albesiano come direttore tecnico per il prossimo futuro e scardinando un modo di lavorare e di agire che faceva parte della tradizione. Affidarsi a qualcuno che non è cresciuto dentro il colosso industriale è una scelta senza precedenti, ma a guardare bene è solo la punta più vistosa di un progetto decisamente più grande.
Sì, perché “l’assalto di Honda a Romano Albesiano” è probabilmente partito da molto più lontano di quanto possa averci fatto credere una notizia annunciata all’alba di un normale venerdì mattino d’ottobre, con la MotoGP pronta a scendere in pista a Motegi. Alberto Puig, ai microfoni di Sky, l’ha anche detto, sottolineando la necessità di europeizzarsi per tenere il passo di tutti gli altri e mettendo da parte ciò che ormai può solo fare parte di un passato aziendale che è anche passato del Motorsport. Che significa? Significa che Johann Zarco non ha pienamente ragione quando afferma che “Romano Albesiano sarà solo”, visto che in HRC arriverà in veste di collaudatore anche il pilota che per un decennio ha accompagnato e in qualche modo guidato la crescita di Aprilia.
Ok, Aleix Espargarò non è il più simpatico della griglia e spesso ha uscite un po’ autoreferenziali, ma quando oggi ha affermato che “Honda è stata molto intelligente a prendere prima di Albesiano anche il miglior pilota di Aprilia e il suo capotecnico” non ha detto una banalità. E meno che mai qualcosa che debba suonare solo di “sparata alla Espargarò”. Perché Honda, di fatto, ha portato via da Aprilia (che non significa “soffiare” o “rubare”) una intera filiera: pilota esperto che potrà lavorare senza la pressione dei risultati nel fine settimana, capomeccanico (Antonio Jimenez) che conosce ogni inflessione del viso di quel pilota e ogni modo per tradurne in linguaggio ingegneristico le sensazioni e, poi, l’ingegnere che ha reso l’Aprilia la moto attualmente più vicina a livello di performance alle Ducati.
E’ vero che KTM in passato ha pescato direttamente da Ducati, così come è vero che lo ha fatto Yamaha, ma il modo in cui l’ha fatto Honda e il sistema che s’è scelto di adottare è qualcosa che non ha precedenti. Segno che la svolta epocale all’ombra dell’Ala Dorata è arrivata davvero e che non è solo questione di uomini e di nomi, ma di un intero colosso industriale che, almeno per quanto riguarda il racing, è pronto a rimettersi in discussione, ipotizzando addirittura una sede in Europa e piùprecisamente proprio in Italia. Tra l’altro con risorse economiche illimitate come possono essere illimitate le risorse di chi risponde al nome Honda. Attenzione signori, oggi a Motegi è stato annunciato molto di più di un “semplice” direttore tecnico.