Mentre il grosso dei media è concentrato su Fedez che ha accostato Sinner a Hitler in un testo diffuso via Instagram (“L’italiano ha un nuovo idolo, si chiama Jannik Sinner. Puro sangue italiano con l’accento di Adolf Hitler”), con tanto di annuncio di un esposto presentato da un politico bolzanino per “istigazione all’odio per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”, nell’angolo delle lettere del Venerdì di Repubblica (indirizzate a – e con risposte di – Massimo Giannini) si consuma un nuovo attacco all’ex numero uno del tennis mondiale (di recente risuperato da Carlos Alcaraz) sul tema fiscale e della residenza a Montecarlo, dopo altri analoghi tra cui, fra i più recenti e pesanti, quello di Mario Giordano.

“Gli italiani – scrive un lettore da Venezia, Gianni Facca – adorano Sinner perché è un vincente, un vero campione. Come persona, niente da dire. Ma Sinner è italiano? È domiciliato in Italia? Paga le tasse in Italia? In un sondaggio di una trasmissione radiofonica la maggioranza degli ascoltatori condivideva questa tesi: fa bene, lui che può, a non pagare le tasse, è un grande campione e si può permettere di tutto. Mi infastidisce il sottile desiderio che sta dietro a questi ragionamenti: chi può sfuggire al fisco lo faccia, beato lui. Per me chi non risiede in Italia non è italiano. Pecco Bagnaia lo è, perché le tasse le paga in Italia, senza sotterfugi. Sinner no, perché non paga le tasse qui. Quindi è italiano solo nel senso che è un opportunista”.

Come risponde Massimo Giannini? Con una sorta di racchettata cerchiobottista: “Caro Gianni, da tifoso ti rispondo «Sinner non si discute, si ama». Ma da cittadino ti do ragione. Jannik è una gioiosa e spaventosa macchina da tennis. Non baciata dalla metafisica di Federer, ma armata da quella che Forster Wallace definiva «cinestetica». È arci-italiano per geografia, anti-italiano per antropologia. Educato e riservato, freddo e introverso, non sfoggia veline, parla pochissimo e in quattro lingue diverse. Senza arrivare alle vette di Roger, ha doti che apprezzo: sportività, sobrietà, signorilità. Ma qui mi fermo. Trasferirsi a Montecarlo, col pretesto che lì «ci si allena meglio», è una furbizia troppo piccola per un tennista così grande. Questi campioni dovrebbero sentire di più il senso della responsabilità sociale. Milioni di persone li venerano come idoli e li seguono come modelli: un po’ di pedagogia non guasterebbe. Finora Jannik ha guadagnato 50 milioni di dollari: se restituisse al Paese in cui è nato un po’ di quel che il Paese gli ha consentito di essere – conclude Giannini – farebbe il suo colpo più bello. Game, set, match”.