Sono ancora lì, negli occhi di appassionati e tifosi, i punti decisivi con cui, in tre set, Jannik Sinner ha liquidato “l’amico Fritz” salendo sul tetto d’America. Vincendo, a soli 23 anni, primo italiano della storia a riuscirci, gli Us Open. È forse arrivato il momento di inquadrare Sinner con l’obiettivo esperto e affidabile di Luca Baldissera, analista tecnico, maestro, consulente per aziende sportive, freelance.
Un punto prettamente sportivo: dove collochiamo Sinner rispetto ai grandi di un recente passato?
Sinner è in tabella di marcia e può diventare uno dei grandissimi, entrando nel club dei Federer, Nadal e Djokovic, di quelli che in bacheca hanno gli Slam in doppia cifra. Con, in prospettiva, una longevità agonistica non da tutti. Ciò che si nota, di Sinner, è la grandissima scioltezza nei movimenti. Ha una facilità incredibile nel colpire la palla, mentre Carlos Alcaraz, per dire, la palla la prende a cazzotti e infatti, nonostante la giovane età (21), ha spesso dei guai muscolari. Jannik deve gestire più che altro un discorso articolare perché è alto, ma a livello muscolare non fa particolare fatica. Nell’arco di 10 anni scommetterei quindi più sulla competitività di Sinner che su quella di Alcaraz.
Il gioco di Alcaraz è più dispendioso, insomma.
Sì, è un gioco molto spettacolare, anche più che completo se vogliamo. Talvolta più efficace. Ma solo se il giocatore gira al mille percento. Alcaraz deve ancora dimostrare di poter vincere giocando male. Lui fa tutto, è migliore di Sinner dalla linea di servizio in avanti (palla corta, volée), è uno spettacolo vederlo all’opera. Se è al meglio, è quasi imbattibile, mentre Sinner, sia agli Us Open che a Cincinnati ha dimostrato di poter vincere senza farti spellare le mani. Alcaraz, dopo aver fatto a tavoletta Roland Garros, Wimbledon e Olimpiadi, non ne ha più azzeccata una.
Pensando ai tabù dei grandissimi del passato (un Ivan Lendl che non conquista Wimbledon, un John McEnroe che non trionfa a Parigi), quale potrebbe essere la sfida definitiva per Sinner?
Sinner ha dimostrato di essere il migliore sulle superfici dure. Le sue sfide più ardue si giocano sono sulle cosiddette superfici vive, erba e terra rossa. Quest’anno, comunque, in condizioni non ottime, ha fatto le semifinali al Roland Garros. Il prossimo anno gli obiettivi saranno quelli, Parigi e Londra. E credo ce la possa fare. Come i più grandi prima di lui. Anche perché, da un certo livello di gioco in su, la superficie, a un certo punto, non è più determinante. Considerando anche che negli ultimi vent’anni le superfici sono state molto omologate. Per cui colpisci in modo diverso, ti muovi in modo un po’ diverso, ma non giochi in modo diverso. Sinner punterà ancora sulla sua estrema facilità di colpo. Quella è la chiave per qualsiasi vittoria.
Atterriamo sul doping. La Wada (Agenzia Internazionale Antidoping) ha chiesto nuova documentazione all’Itia, il tribunale che ha assolto Sinner per l'uso del Clostebol. Che succede?
Nulla di clamoroso, credo. Un atto prevedibile. Anche perché richiedere documentazione aggiuntiva significa solo inseguire un’ambizione di completezza, null’altro. Ma la difesa di Sinner è stata granitica ed è stata ritenuta plausibile. Non vedo appigli e la Storia parla chiaro, non è mai stato ribaltato il verdetto di un tribunale indipendente del quale, fra l’altro, fanno parte anche membri della Wada medesima. In passato la Wada ha contestato le sentenze di tribunali nazionali che hanno giudicato i propri atleti (atleti dello stesso stato), ma qui è tutto diverso. Qui si è già espresso un tribunale internazionale. In ogni modo questa intera faccenda rappresenta una buona opportunità.
Per cosa, esattamente?
Per creare un precedente virtuoso. Teniamo conto che c’è stata molta disinformazione, passata anche per bocche molto autorevoli. Roger Federer ha osservato, ospite di “Today”, che Sinner non ha fatto nulla di male, ma che ci vuole più trasparenza nelle regole. Verissimo. Non si può tirare a indovinare sul numero uno al mondo. Sinner ha seguito le regole, dopodiché queste regole dovrebbero essere più elastiche. Lui è riuscito immediatamente ha dimostrare la sua innocenza, ma magari non tutti hanno questa chance. Serve più garantismo, soprattutto all’inizio del procedimento. Il discorso, quindi, non è quello di lamentare una sorta di “mano dolce” usata “solo” con Sinner, bensì gioire del fatto che finalmente, prima di emettere sentenze, si fa un respiro profondo. Si presume la sacrosanta innocenza dell’imputato. Dovrebbe sempre essere così. Ripartiamo da qui, allora.