Tutto in poche ore: una brutta caduta, l’impressione di un infortunio grave, gli accertamenti che confermano le fratture e l’intervento: un 5 febbraio che doveva essere una normale giornata di allenamento, per Sofia Goggia è diventata una pietra miliare della carriera, l’ennesimo punto di svolta dal quale ripartire. I fatti, prima di tutto: una mattinata di lavoro a Ponte di Legno, sulla pista Casola, la caduta “nel corso di un allenamento di gigante, inforcando con la gamba destra in una porta che girava verso destra”, così come ricostruito dalla Fisi, il successivo trasferimento all’ora di pranzo alla clinica La Madonnina di Milano per gli esami immediati e la diagnosi: frattura della tibia e del malleolo tibiale della gamba destra (esclusa però la temuta frattura del perone), poi l’intervento chirurgico effettuato dal dottor Andrea Panzeri, presidente della Commissione medica Fisi, in collaborazione con il dottor Riccardo Accetta, responsabile dell’Unità operativa di Traumatologia del Galeazzi-Sant’Ambrogio.
Stagione finita per la bergamasca, con il corollario di un più che probabile addio alla Coppa del Mondo di discesa, della quale è attualmente prima in classifica, e un futuro a breve e medio termine caratterizzato dalla necessità di recuperare. Ecco, il punto è qui: senza stare a fare la copia di mille riassunti, vale a dire l’inventario dei numerosi problemi fisici, più o meno seri, avuti da Goggia sin da quando era una promessa dello sci, la costante nel suo caso sono sempre stati i recuperi rapidi, quando addirittura non accelerati. Recuperi che hanno contribuito non in minima parte ad aggiungere riflessi epici a una carriera già di grande successo sotto l’aspetto dei risultati. Non unico, ma primo fra tutti per pathos e capacità di entrare nell’immaginario collettivo, l’argento vinto nella discesa libera dei Giochi invernali di Pechino, nel febbraio 2022, appena 23 giorni dopo un infortunio (un trauma distorsivo con lesione parziale del legamento crociato, piccola frattura del perone al ginocchio sinistro) che, in principio, pareva dovergli costare la stessa presenza alle Olimpiadi.
Ecco, ora è diverso. Con i 31 anni festeggiati lo scorso novembre, e con un infortunio ben più complesso rispetto a quello del 2022 e ad altri più recenti, Sofia Goggia di tutto ha bisogno fuorché di fare l’eroina e accelerare i tempi. La stagione corrente è per lei finita e quella del prossimo inverno dovrà servirle per tornare, se possibile, al livello abituale: non sarà una Coppa del Mondo di specialità in più o in meno a rendere la sua carriera più prestigiosa di quanto non sia; non ha sostanzialmente più nulla da dimostrare, e a questo punto l’unico e forse ultimo traguardo per lei devono diventare i Giochi di Milano Cortina 2026, obiettivo definitivo di una storia agonistica memorabile. Né prima, né dopo: per questioni di anagrafe e fisiche, puntare tutto sulle Olimpiadi invernali italiane può rivelarsi un azzardo, perché la concorrenza non manca, ma dopo un infortunio del genere la fine del romanzo – con tutti i crismi per essere tale – sembra quasi avere un approdo privilegiato. La risoluzione dell’arco narrativo, la conclusione del viaggio dell’eroe, e allora meglio evitare la fretta.