L’ha voluto Dall’Igna e non prenderlo avrebbe significato dire addio anche all’ingegnere degli ingegneri della MotoGP. L’hanno imposto gli sponsor e non assecondarli avrebbe significato dire addio a un sacco di soldi. L’ha preteso Liberty Media, nuova proprietaria della MotoGP, per avere una storia in più di lotte intestine feroci da raccontare nel nuovo motomondiale in stile american show. Sul perché Marc Marquez sia finito a guidare una Ducati del team ufficiale per il 2025 e 2026 è stato detto e scritto di tutto. A volte anche con ricostruzioni più che fantasiose, oppure basandosi semplicemente su un paio di dati di fatto oggettivi, tipo che è il più vincente tra quelli in attività o che Jorge Martin, con i suoi ultimatum, era andato sulle scatole prima ancora di vestirsi di rosso. Può essere vero tutto e anche il contrario di tutto e pure stare a chiedersi quali ragioni – limpide o torbide – siano state dietro un contratto che è clamoroso lascia il tempo che trova.
Viene da concentrarsi, piuttosto, sulla risposta a un’altra domanda: sicuro che Ducati abbia fatto una scelta giusta anche da un punto di vista meramente aziendale? La risposta è no: non ha fatto una scelta che pagherà da un punto di vista aziendale. E questa è una delle poche certezze che già ci sono. Il motivo? E’ lo stesso di sempre – quello per cui un certo Enzo Ferrari s’era reso particolarmente antipatico alla stragrande maggioranza dei piloti- e che in un passato anche relativamente recente è stato punto fermo pure per la stessa Ducati: far emergere il mezzo rispetto a chi lo guida. Il discorso è semplicissimo: se Marc Marquez non vincerà il titolo sarà un fallimento, se invece lo vincerà sarà grazie a Marc Marquez e non certo grazie alla moto. Perché è così da sempre nella storia del motorsport quando ci sono di mezzo ance i grandi campioni. In casa Ducati il precedente di Valentino Rossi brucia ancora: non ha vinto e è stato un fallimento più di Ducati che dello stesso Rossi, ma se avesse vinto sarebbe stato il successo di Rossi più che della rossa agli occhi di chiunque.
Ecco perché ci viene da dire che tra tutto quello che può essere vero o meno vero sul perché Marc Marquez è arrivato a guidare una Ducati ufficiale, di sicuramente non vero c’è che si sia operata una scelta aziendalista. Marc Marquez è la meno aziendalista delle scelte. E Ducati, piaccia o no, ha messo davanti il cuore e la voglia di vincere. Vogliamo far credere che per prendere il più forte ci vuole coraggio? Sì, è esattamente quello che ci viene da dire. Perché il più forte, a prescindere da come si chiama, si porta dietro quasi sempre anche il potere di fare ombra a tutto ciò che gli sta intorno, compreso ciò che utilizza per continuare a affermarsi come il più forte. Che nel caso di Marc Marquez è la Ducati Desmosedici.
Il rischio per quelli di Borgo Panigale è altissimo e al netto del tifo o del non tifo per il 93, dell’antipatia o della simpatia, Ducati ha dimostrato di sapersi prendere rischi che altri, in passato, si sono ben guardati dal prendere. Ricordate quando in Honda erano infastiditi dal fatto che, secondo l’opinione comune, a vincere era Valentino Rossi e non le loro moto? E vero che Marc Marquez porterà nuovi sponsor, contribuirà in maniera significativa a far vendere di più nel mondo e a far parlare della moto italiana, ma è altrettanto vero che Ducati ha saputo anteporre la pancia, il cuore e la voglia di vincere ancora e di più alla possibilità – che c’è e che è concreta – che dal prossimo anno non si dica più “Ducati”, ma “la moto di Marquez”.