Perché Marc Marquez sta dominando la MotoGP? Di risposte ce ne sono moltissime, una su tutte, quella che ci sembra più convincente, è questa: ha l’entusiasmo e la fame dei vent’anni e l’esperienza dei trenta. Oltre, naturalmente, al talento straordinario di sempre. In quei quattro anni tra interventi, rientri, dottori e specialisti, Marc ha ritrovato la fame degli inizi, di quando non era uno dei migliori ma soltanto uno tra tanti. Così ha trovato quella motivazione che pochissimi sportivi di altissimo livello sono riusciti a preservare una volta arrivati in cima e abituati all’altitudine.
La sua situazione è singolare, anche se non unica. Mick Doohan, per esempio, vinse i suoi cinque titoli mondiali consecutivi dopo l’intervento che gli rimise assieme la gamba destra. Perdere qualcosa è molto più doloroso che non averla mai avuta. Di conseguenza, riconquistarla diventa più importante.
Di avversari credibili per questo Marquez al momento non se ne vedono. Certo, nel 2026 sarà tutto diverso e tra due anni il nuovo regolamento cambierà un po’ le cose, eppure oggi sembra difficile immaginare un Marc Marquez lontano dal podio. E, proprio come è successo tra Valentino Rossi e i piloti dell’Academy, anche il futuro sembra in mano al 93, fiondandosi verso questa scuola spagnola nata con i 12+1 titoli mondiali di Angel Nieto.
O, almeno, è stato piuttosto impressionante vedere nello speciale ‘Unseen’ pubblicato da Dorna Maximo Quiles e David Alonso, rispettivamente vincitori in Moto3 e Moto2 (entrambi col Team Aspar) farsi trovare al parco chiuso per festeggiare la vittoria di Marc. I tre si allenano assieme e non è un segreto, anzi: Quiles è ufficialmente il primo pilota gestito dall’agenzia di Marc Marquez, la Vertical.
Tre piloti di generazioni diverse ma con lo stesso piglio da fuoriclasse: capiscono in fretta, vincono senza pensarci, si costruiscono la situazione giusta in pista. I due piloti di Jorge Martinez Aspar guardano Marc Marquez come si guarda a un fratello maggiore, uno con cui si augurano di fare presto i conti in pista. Le possibilità che qualcuno tiri fuori queste immagini tra cinque o sei anni, quando magari si ritroveranno tutti e tre a condividere un podio, sono piuttosto alte.

È quello che abbiamo visto succedere tra Valentino Rossi e la sua Academy, con i piloti che l’hanno raggiunto in MotoGP per poi salutarlo da vicino al momento del ritiro. C’è stato un ricambio, sì, eppure guardando alle altre categorie manca la cantera, manca quel pilota di cui senti parlare al bar, uno che bisogna-stare-attenti-a-non-bruciarlo.
Per Marc Marquez e gli spagnoli tutti invece, la storia è ben diversa: di fenomeni che nascono ogni 10 anni sembrano arrivarne un bel po’, e se anche dovesse perdersene qualcuno ci sarebbe comunque una bella fila. Dopo gli americani, gli australiani e gli italiani, la MotoGP è in piena era spagnola e dalle nostre parti sarà necessario attrezzarsi per rispondere. Negli Stati Uniti sembrano non essersi mai ripresi, noi speriamo di fare un po’ più in fretta. Nel frattempo la soluzione più rapida per sentire a ripetizione l’Inno di Mameli nel motomondiale sembra l’introduzione dell’inno del costruttore, alla maniera della Formula 1. Non esattamente una grande prospettiva.
