Franco Morbidelli ha appena rinnovato con il VR46 Racing Team. Gli mancano 12 punti e sette gare per pareggiare i risultati del 2024, quando correva con la stessa moto di adesso. A Balaton ha portato gli amici e la fidanzata. Abbiamo appuntamento nell’hospitality del team dopo la conferenza stampa del giovedì: l’ultima volta, l’anno prima, siamo rimasti a parlare quaranta minuti e ne è uscita un’intervista lunga, intensa, giusta. Ed è un problema: che gli vuoi chiedere, ancora? Eppure parli con uno che legge Shantaram, che dice “Qualificarsi bene è d’uopo”, che al Mugello corre con un casco per la pace nel mondo mentre sui giornali si parla di Israele e Palestina. Parli con un personaggio che lascerà il circuito domenica sera su di un Volkswagen California, nel bagagliaio 17 punti conquistati con un terzo posto nella Sprint del sabato e una sesta piazza la domenica.

So che stai girando per l’Europa con un van, come un pilota degli anni Settanta. Com’è?
“Ah sì, è vero! Quando ero in Yamaha Alen Bollini mi ha suggerito questo mezzo e l’ho comprato. Lo uso nel poco tempo in cui sono a casa tra le gare, quando non mi alleno. Io e la Franci (Francesca, la fidanzata, ndr) lo facciamo quasi sempre, prendiamo il furgone e andiamo da qualche parte in Italia. Poi quest'estate per la gara in Austria e quella a Brno abbiamo deciso di andare così, col California, fermandoci per esplorare un po’ anche l’Europa o il Nord Italia. Perché durante i weekend liberi faccio un po’ fatica, normalmente mi muovo più sull’Appennino”.
Ti dipingiamo un po’ come il pilota rock n’roll di una volta e forse esageriamo, tu però te la cerchi. Sei questo, un pilota anni Settanta che corre nella MotoGP di oggi?
“Capisco che alcuni tratti della mia personalità possono non essere completamente in sicrono con la personalità che dovrebbe avere un pilota di MotoGP di oggi. Ma io cerco di essere me stesso: cerco di essere il miglior pilota di MotoGP possibile, però voglio anche essere il più possibile me stesso”.

Nel 2024 hai guidato una GP24 e nel 2025 stai continuando a farlo, i risultati però sono molto diversi. Cosa è cambiato di più, oltre alla squadra?
“La squadra mi ha dato una grossa mano, detto questo l’anno scorso arrivavo da un periodo molto difficile e da un infortunio veramente complicato, niente a che vedere con quello del Sachsenring quest’anno. È stato soprattutto quello, uno stop totale nella prima metà dell’anno scorso, a far sì che il mio inizio di campionato non fosse così luminoso. Devo dire però che la seconda metà dell’anno scorso è stata molto solida”.
Entri in una sala giochi, vedi un piccolo Franco Morbidelli, avrà otto o dieci anni. Gli devi dire che tra vent’anni correrà con la moto con il suo numero sopra al 46. Come glielo dici?
“Eh. Non c’è un modo per dirglielo e non farlo strippare! Un bambino così lo mandi in uno stato particolare. Per fortuna questo processo arriva lentamente e in mezzo a questa cosa bellissima ci sono un sacco di ostacoli e difficoltà che ti fanno sentire particolarmente meritevole di quello che raggiungi”.
Per esempio?
“Un sacco di sacrifici che uno sportivo deve fare per arrivare all’eccellenza, al top in MotoGP. Un sacco di cose a cui uno deve rinunciare, un sacco di momenti in cui uno deve continuare nonostante tutto. Nel mio caso quello che mi è successo nel 2013 con mio padre, è stata una cosa grossa. Io ho sempre fatto il motociclismo con mio padre e dal 2013 in poi invece, da un giorno all’altro, lui non c’è stato più. Questa può essere una delle cose che ho incontrato. Ma ci sono un sacco di ostacoli che ognuno deve affrontare se vuole arrivare a un grande risultato”.
Oggi hai a fianco un ottimo Matteo Flamigni, ex telemetrista di Valentino Rossi. Ci guardi mai nel celebre libro mastro in cui tiene tutti i segreti di Valentino, anche soltanto per prendere ispirazione?
“Ho capito cosa intendi, forse dovrei farlo più spesso. Matteo l’ho conosciuto meglio quest’anno e sicuramente un po’ me lo aspettavo, però avere il contatto diretto con lui è ancora più bello, più dolce come scoperta. Mi trovo molto bene con lui, stiamo cercando di fare il massimo nonostante questo sia il nostro primo anno insieme. Il nostro lavoro non è stato affatto male, ci sono tante cose da migliorare ma insieme si fa”.

Vediamo un Marc Marquez in stato di grazia: velocissimo, non sbaglia mai e quando sbaglia - come a Le Mans - gli va comunque tutto bene. Come si batte un pilota così?
“Marc Marquez ha fatto un lavoro strepitoso quest’anno. Ha vinto tutte le gare, è stato l’uomo da battere in tutti i turni, in tutte le sessioni. Veramente in pochi sono stati in grado di lottare con lui. Io ci fatto una battaglia per il podio a Silverstone, Marco nelle ultime gare ci ha lottato un po’ per la vittoria e comunque è sempre riuscito a spuntarla lui, anche quando è stato messo alle strette. Vuol dire che il suo stato di forma è stellare. Un tipo di forma del genere va rispettato e per raggiungerlo bisogna solo migliorarsi, lavorare con la squadra e scendere in pista nel modo perfetto che impone lui, un avversario come lui”.
Dall’altra parte invece come faresti tu se ti sedessi a fianco di Marc Marquez e ti andasse tutto male? Come cercheresti di cambiare le cose al posto di Pecco Bagnaia?
“A me una cosa simile è capitata tra il 2022 e il 2023. Nel 2023 Quartararo ha lottato per il mondiale e io invece non riuscivo a fare meglio dell’ottava posizione. La risposta è stata il lavoro. Con la squadra, con i miei collaboratori. La risposta che ho dato io non è stata tornare a vincere ma pareggiare le performance di Quartararo. E comunque la Yamaha di quegli anni non è la Ducati di adesso. Eppure, alla fine siamo passati ad avere prestazioni simili finché io e Yamaha non abbiamo annunciato che ci saremmo divisi. Fino a lì il mio campionato è stato alla pari di Quartararo e infatti abbiamo finito a pari punti. È un’esempio in scala, sì, perché Ducati impone un livello ancora più alto, poi il Marc Marquez di oggi non è il Quartararo del 2022 e 2023, anche se Fabio è fortissimo. Il task di Pecco è ancora più difficile”.
Immagino tu sia sulla via del rinnovo con VR46.
“Sì”.
Sei il paziente zero dell’Academy. Quanto è cambiata in dieci anni? E perché, secondo te, non vediamo più piloti italiani giovani in arrivo? La cosa non promette troppo bene.
“Parto dalla fine: non ti preoccupare, perché l’Academy è tornata a lavorare anche su questo. Abbiamo preso ad allenarsi con noi dei giovani pilotini molto, molto promettenti. E poi devo dire sono stato a Misano per l’ultima del CIV e lì ho visto un bel clima. In Italia si sta facendo il più possibile per aiutare i giovani italiani. Com’era la domanda prima?”.
Pol Bertran, responsabile della comunicazione per il VR46 Racing Team: “Come è cambiata l’Academy”.
“Ah! L’Academy è cambiata tanto in questi dodici anni di ufficialità. Abbiamo cercato sempre di migliorarci, di far crescere il progetto e oggi l’Academy sta in piedi da sola. È partita grazie all’aiuto di Vale, di Carlo, di Uccio, di Albi. Molti piloti sono arrivati in MotoGP e dà una bellissima immagine in questo sport”.

Cosa ci vuole per far incazzare davvero Franco Morbidelli, per farsi tirare dietro una scarpa?
“Chi mi conosce bene sa che non ci vuole molto. Non ci vuole molto, no. Io posso sembrare molto tranquillo, in realtà sono una persona abbastanza focosa e mi arrabbio abbastanza facilmente. Dopo sono in grado di tranquillizzarmi altrettanto facilmente, però non è vero che non mi arrabbio mai”.
Beh, non ho detto questo.
“Vero. Allora diciamo che ci vuole poco (ride, ndr)”.
Hai rituali scaramantici?
“Zero. Zero. Ho le mie abitudini ma nessuno rituale”.
Sei il pilota più impegnato del paddock su temi sociali, di questo però abbiamo già parlato l’anno scorso. Parliamo del fatto che sei il più letterato, quello che per distacco parla meglio l’italiano, col vocabolario più ampio e che sta più attento alle parole che usa. Leggi tanti libri?
“Non lo so, forse è come la rabbia! La verità è che so di poter inciampare molto facilmente e quindi rifletto molto, scelgo molto bene la parola che voglio dire, ne scelgo una che rispecchi al meglio il mio pensiero. Perché tantissime volte invece, quando sbagli una mezza parola…”.
In realtà Franco è molto modesto: parla meglio dei giornalisti, legge libri. Anche se probabilmente, come dice lui, trattiene le parole un po' come trattiene la rabbia.
Sei bravo a dire le bugie? Agli altri, a te stesso: sembra una qualità importante per uno che fa il pilota in MotoGP.
“Non sono molto bravo a dirle, no. Questo è un ambiente in cui di bugie ne puoi incontrare, anche se è così in tutti gli ambienti di lavoro essere in grado di avere il tuo modo, la tua stabilità e la tua via per andare avanti senza dover ricorrere alle bugie è il modo migliore di muoversi, soprattutto se non hai modo di dirle”.
Chiudiamo: ci pensi mai a un ritorno nel paddock della Superbike, da dove sei arrivato?
“Ci ho pensato, ci penso. Non lo escludo perché uno non sa mai cosa lo aspetta nel suo cammino, nella sua carriera. Quello che posso dirti è che per adesso ancora la vedo lontana come cosa, dipenderà molto dai risultati e da quello che sarò in grado di portare in pista. Stiamo a vedere che tipo di risultati sarò in grado di fare nei prossimi anni. Però mi piace la Superbike, sicuramente la MotoGP in questo momento mi esalta di più: ho trent’anni, non sono così vecchio e mi diverto un sacco. Lotto per le prime cinque, sette posizioni in un momento in cui vengo da un infortunio. Le posizioni sono interessanti e il livello è interessante anche se non siamo il riferimento come molti si aspettano da noi come abbiamo dimostrato in passato. Cercheremo di continuare il nostro percorso per tornare a stare costantemente lì davanti, poi si vedrà”.
