Può una donna battere un uomo? È il presupposto da cui partirà oggi 28 dicembre la sfida fra Aryna Sabalenka e Nick Kyrgios. La partita, presentata come la quarta “battaglia dei sessi”, raccoglie l'eredità dei tre famosi incontri di tennis giocati tra un uomo e una donna. La storia inizia nel 1973, quando Bobby Riggs, campione nel tennis del periodo prebellico probabilmente in cerca di nuova popolarità, affermò di essere in grado di battere le migliori tenniste donne. Mise in palio un lauto assegno per colei che sarebbe riuscita a batterlo e il guanto venne raccolto da Margaret Court, numero 1 della classifica femminile. La partita, in scena a Ramona nella contea di San Diego, passa alla storia come il “massacro della festa della mamma”. Riggs infatti, ultracinquantenne e ritirato da quasi quindici anni, inflisse un umiliante 6-2 6-1 alla giocatrice australiana. Subito dopo per vendicare il genere femminile scese in campo Billie Jean King, nella partita ricordata come la vera “battaglia dei sessi”, e guardacaso l'unica in cui sia stata una donna a vincere. La King, paladina dei diritti civili, fondatrice della Wta e dodici volte campionessa Slam in singolare costrinse Riggs ad un serve&volley troppo dispendioso per lui dal punto di vista energetico, e vinse per 6-4, 6-3, 6-3 in quella che è tutt'ora la partita più vista della storia del tennis con oltre 50 milioni di spettatori collegati solamente negli Stati Uniti. Alcuni affermano che Riggs, sommerso dai debiti di gioco, si sia venduto il match, ma l'ipotesi non è mai stata confermata, uno a uno e palla al centro.
La battaglia dei sessi torna poi in auge quasi venti anni dopo, quando nel 1992 al Caesars Palace di Las Vegas il quarantenne Jimmy Connors sfidò Martina Navratilova infliggendole un 7-5, 6-2. Oltre a queste, ricordate ufficialmente come le battaglie dei sessi, molti altri hanno cercato di emulare quello che è ormai diventato un remunerativo format. Con qualche eccezione, il risultato è quasi sempre stato a favore del tennista uomo. Da ricordare quando all'Australian Open del 1998 il tedesco Karsten Braasch sfidò le sorelle Williams all'epoca di sedici e diciassette anni d'età e giovani promesse del tennis femminile. Il tedesco, numero 203 ATP, si presentò in campo dopo aver giocato una partita a golf e aver bevuto due birre. Sconfisse nel primo set Venus Williams vincendo per 6-2, poi giocò contro Serena vincendo per 6-1 e fumando anche una sigaretta nell'intervallo fra un set e l'altro.
Oggi la battaglia dei sessi si ripropone, e vedrà sfidarsi Aryna Sabalenka e Nick Kyrgios a Dubai. La differenza fra i due è netta, Sabalenka è la numero 1 del tennis femminile e in questa stagione ha vinto lo Us Open e raggiunto le finali all'Australian Open, al Roland Garros e alle Wta Finals. Kyrgios, uno dei più grandi talenti sprecati del circuito, è oggi poco più di un ex giocatore. Manca a un match professionistico addirittura dal 1000 di Miami, a marzo, dove è uscito sconfitto da Karen Khachanov al secondo turno. Nonostante questo le regole del match favoriranno la tigre bielorussa, infatti il campo occupato dalla numero 1 WTA sarà più piccolo del 9% (uno studio dimostra infatti che le donne si muoverebbero il 9% più lentamente rispetto agli uomini), inoltre Nick Kyrgios potrà servire solamente la prima, e in caso di errore non avrà a disposizione la seconda di servizio.
Uguali? Per niente. Un'esibizione che spinge all'uguaglianza tramite la disuguaglianza. Infatti pretendere che uomini e donne siano uguali dal punto di vista sportivo è un tentativo settario e dogmatico. Fra uomini e donne c'è un'innegabile differenza fisica, tra il servizio dei migliori del ranking Atp e le migliori del ranking Wta ballano circa 30 km/h. Una differenza di forza che si riflette sul gioco, con un maggior numero di ace nel circuito maschile e scambi più rapidi e veloci. Questo vuol dire che il tennis maschile è più bello da vedere di quello femminile? Assolutamente no. Il tennis femminile è avvincente, di alta qualità ed ha i suoi punti di forza, come la tatticità che lo avvicina al gioco di qualche anno fa. Ma rimane anni luce distante da quello maschile. Ciò non vuol dire che i due circuiti non abbiano pari dignità, fra le dieci partite più viste della storia del tennis negli Stati Uniti ben sei sono match di tennis femminile, e tra i tennisti più ricchi al mondo per montepremi la metà esatta, cinque, sono donne. Un'iniziativa come la nuova battaglia dei sessi non fa che alimentare le differenze piuttosto che assottigliarle. Sembra più la solita baracconata per accumulare soldi, che guardacaso ha come palcoscenico i soliti Emirati. Può una donna battere un uomo? A queste condizioni forse sì, ma è questa la parità?