La MotoGP arriva al Mugello per un GP d’Italia marchiato Brembo, title sponsor dell’evento per 2024 e 2025. La scelta ha perfettamente senso: i motociclisti pregano San Brembo e lui appare volentieri alla San Donato, la curva uno, dove di miracoli se ne vedono più che altrove. È una buona scusa per organizzare un’intervista. Mentre aspetto fuori dal camion tecnico a disposizione delle squadre comincia a piovere, cerco di ripararmi aspettando di entrare trovandomi a dividere una piccola tettoia con una bella signora sui cinquant’anni. Le chiedo se le piacciono le corse, se è nel paddock per la prima volta. Lei dice di essere in questo paddock da 15 anni e di essere arrivata dalla Svezia in camper assieme al compagno e ai loro due Jack Russell, Jack e Miller. Li ha tatuati sul braccio sinistro e un paio d’ore prima li ha mostrati al diretto interessato: “Non sapeva che dire”.
Scopro che anche lei sta aspettando un’intervista, così la faccio passare avanti e ne approfitto per ascoltare. Lei, scoprirò più tardi, si chiama Annika Nilsson, scrive per MC Folket. Fa le sue domande a Daniele Bettini, che gestisce la comunicazione di Brembo nel motorsport e che risponde con grande serenità e una precisione ingegneristica. A fine intervista la signora Annika, che si è presentata con diversi fogli su cui aveva segnato un centinaio di domande, si produce in un magistrale colpo di teatro, roba da film indiano: “Ora devo farti vedere una cosa”, dice a Daniele, impassibile. Poi allunga la testa, lo guarda dritto negli occhi, si percepisce una certa tensione. A quel punto si scopre il braccio sollevando la manica della t-shirt per mostrare un grosso tatuaggio di un impianto frenante. C’è il disco e c’è la pinza, ovviamente Brembo: “Perché a volte nella vita saper frenare è importante”, dice. Daniele fatica a mantenere il suo aplomb, è un momento bellissimo, ci produciamo in un piccolo applauso. Finisce che lui, con grande garbo, le promette che un giorno le regalerà una pinza Brembo, lei gli stringe la mano e se ne va, felice ma svuotata del suo segreto. Signori, anche questa è la MotoGP. È il mio turno.
Allora Daniele, partiamo dall’inizio. Dove siamo?
“Questo è un truck tecnico, lo portiamo a tutte le gare europee per offrire assistenza. È un punto di riferimento per tutti i team di MotoGP, Moto2 e Moto3. Abbiamo la possibilità di fare la revisione sulle pinze, sulle pompe, l’assemblaggio sui dischi, la possibilità - per tutti i team e gli ingegneri - di portarci qui il loro materiale se hanno dei dubbi. Noi abbiamo un ruolo di supporto tecnico e, nel caso in cui un team dovesse chiederci di fare una manutenzione o qualche lavorazione su pinza, pompa e disco, lo facciamo. Per il resto il team è autonomo: noi consegniamo a inizio stagione tutto il materiale richiesto, loro hanno l’assortimento per gran parte della stagione e i dischi quando arrivano a fine vita vengono smaltiti. Le pinze MotoGP vengono mandate in Brembo ogni 2.500 Km per essere pulite e revisionate e in questa fase vengono anche sostituite le guarnizioni. A quel punto le pinze vengono nuovamente spedite ai team e hanno altri 2.500 Km di vita. Tendenzialmente qui le squadre sanno di poter trovare tutto quello di cui hanno bisogno”.
La percezione del brand è la cosa veramente notevole, insomma: abbiamo appena visto una signora andare via con una pinza tatuata sul braccio. Eppure avete deciso di sponsorizzare questo Mugello per il GP d’Italia.
“Brembo nasce negli anni Sessanta, nel 1975 entra nel mondo delle corse. Sono quasi cinquant’anni che forniamo i freni alle auto e alle moto di tutti i campionati più importanti. Da nove anni consecutivi forniamo i freni a tutta la griglia MotoGP, tutti i piloti e tutti i team hanno scelto Brembo. La cosa che ci rende orgogliosi è che non abbiamo imposto il brand, sono loro ad essere venuti da noi. L’ultimo marchio è stato Honda. Per noi MotoGP e Formula 1 sono le massime espressioni di ricerca, sviluppo e brand, perché sono due competizioni in cui c’è un’esposizione talmente alta per cui anche chi fornisce gli impianti frenanti ha un ritorno spaventoso. Che poi è uno dei motivi per cui abbiamo scelto di diventare title sponsor del GP d’Italia al Mugello. È un altro tassello di quel percorso che lo scorso anno ci ha visti fare da braking inspiration partner con Dorna”.
Quanto costa a grandi linee un impianto frenante completo per la MotoGP, al netto del fatto che buona parte del costo è relativo a ricerca e sviluppo?
“Sono informazioni piuttosto confidenziali. Parliamo di un set completo, quindi due pinze, due coppie di pastiglie, due dischi, una pompa freno e una frizione, ovvero quello che è marchiato Brembo su di una MotoGP può costare dai ventimila ai venticinque mila euro. La grossa differenza tra un impianto che puoi comprare tu è che per le moto non ne trovi di impianti in carbonio. Non trovi pompe a pollice, a indice…”.
A proposito, quanti impianti vengono utilizzati da un pilota in una stagione?
“Un team ordina all’incirca 8 set di pinze, 40 set di dischi e 60 set di pastiglie per l’anteriore. Quando dico set è perché un team ordina per due piloti. Un team con questi numeri ci copre all’incirca alla stagione. Poi altre componenti come la frizione…”.
Perché, fate anche le frizioni?
“Le fa AP Racing, che è un’azienda del gruppo, sia per MotoGP che Formula 1”.
Quante differenze ci sono nella dotazione tra una moto e l’altra? Faccio un esempio: magari Ducati inventa un nuovo abbassatore e ha bisogno di una frenata diversa, che sganci il device in un certo modo. Possono chiedervi di sviluppare materiale ad hoc?
“La gamma di opzioni che noi offriamo ai team è molto alta, nel senso che offriamo diverse tipologie di dischi tra diametri e spessori, ma sono uguali per tutti. Poi abbiamo la pinza alettata, la possibilità di modulare la leva con tre tipologie d’assetto, un'opzione per avere la frenata posteriore solo col piede, con l’indice, col pollice o sia con un dito che con il piede. Le opzioni sono tantissime, però restano contingentate”.
Arriva il momento in cui viene a trovarvi un ingegnere chiedendo una soluzione specifica e particolare?
“Diciamo che vengono a chiederci di affinare. Non domandano una pinza ad hoc per un pilota che sia Pecco, Enea, Aleix o Maverick. A volte cercano soluzioni particolari e noi proviamo a lavorare su quella che è l’architettura interna della pinza: esternamente può sembrare uguale ma internamente, a seconda del pilota, può presentare particolare sfaccettature. Per esempio ci può essere la pinza amplificata, la pinza con un sistema interno che ti riduce lo sbacchettamento della moto in determinate situazioni… Queste sono caratteristiche interne che non vedi dalla tv o dal box, dovresti averle in mano e osservarle con grande attenzione”.
Come portate avanti lo sviluppo? Immagino che gran parte del lavoro venga fatto con software di calcolo. In pista però, come fate?
“Durante i test ufficiali portiamo in pista soluzioni per l’anno seguente, poi c’è sempre una parte molto importante di test al banchi, da noi. Lì simuliamo le stesse performance della pista, portandole però all’estremo. Questo perché il motorsport da sempre ci insegna a ipotizzare situazioni estreme di velocità, di decelerazione, di pressione della leva freno… noi cerchiamo di estremizzare i dati portando i dischi oltre alla temperatura di esercizio, stessa cosa con la pinza. Questo vale sia in Formula 1 che in MotoGP”.
Avete dei piloti di riferimento per le vostre giornate di test?
“Abbiamo avuto un pilota che ci ha aiutati molto in questo senso ed è Andrea Dovizioso. Lui ci ha portato a trovare delle soluzioni all’avanguardia e nel tempo è diventato il nostro punto di riferimento. Era lui a dirci come migliorare, dove ritoccare qualcosa. Rimane un caso forse un po’ isolato, eppure Andrea era così appassionato alla frenata da diventare per noi un faro. Ci ha sempre dato grandi riscontri e anche ora che non corre continua a frenare forte, sia nel cross che con moto più sportive. I piloti di oggi invece sono tutti abbastanza allineati, magari qualcuno è un po’ più strong, qualcuno invece più gentile. C’è per esempio chi, come Enea Bastianini, ha una frenata più gentile rispetto, per esempio, a un Pecco Bagnaia che è più diretto, ma sono importanti i feedback di entrambi. Pecco ha una frenata molto istintiva, potente, immediata. Enea invece, grazie al suo stile che possiamo definire più rotondo, ha una frenata meno aggressiva ma altrettanto efficace: inizia prima e la prepara, anche per godersela un pochino di più”.
Mi racconti la frenata di Pedro Acosta?
“Lui ha una frenata molto da rookie”.
Tutto istinto?
“Sì, ma non è un istinto poco ragionato, è tutto molto razionale. Ha sorpreso anche noi, arrivare in MotoGP e iniziare così non è da tutti. La sua è una frenata diversa rispetto a quella di Marquez, di Martín, di Bagnaia… Ecco, dovendo sceglierne uno si avvicina a Jorge Martín”.
Puoi descrivermi un po’ meglio queste differenze, diciamo come se dovessi raccontare un mosaico a un cieco?
“Pecco sicuramente è uno degli staccatori più consistenti che abbiamo, lo fa in una maniera stabile ed equilibrata. Sa come e quando 'tirare al massimo'. Jorge e Pedro sono belli attivi sui freni ad ogni curva, non ci danno mai un momento di respiro e questo fa capire che indipendentemente dall’utilizzo dell’impianto alla fine i freni funzionano bene con tutti. Pedro, Brad, Pecco ed Enea hanno quattro frenate differenti ma tutti riescono a fare quello che vogliono e l’impianto arriva a fine gara in condizioni ottimali”.
I punti più duri di una stagione per voi?
“Diciamo che le quattro curve più dure nel motomondiale, che stanno quindi sui 2G di decelerazione, sono curva 1 a Barcellona, curva 3 a Spielberg, curva 12 Austin e curva 13 Motegi. Queste sono le più stressanti per i freni. Al Mugello siamo a uno e mezzo”.
Come hanno influito aerodinamica, holeshot e abbassatori sul riscaldamento - e quindi sul funzionamento - sullo sviluppo degli impianti?
“Dal 2020 abbiamo introdotto le pinze alettate e dal 2022 il disco da 340 mm alettato. Poi anche il disco con diametro maggiore alettato, da 355 mm, è nato in seguito allo sviluppo aerodinamico delle moto. Ci accorgiamo di aver bisogno di un maggior scambio termico a prescindere dal circuito e, mentre la pinza alettata viene usata sempre da tutti, per il disco ancora dipende dal tracciato, dall’asfalto, dal comportamento della moto…”.
C’è da aspettarsi qualcosa di nuovo a breve?
“Mah, siamo arrivati al massimo livello di sviluppo con i regolamenti attuali. Un diametro più grande del disco sarebbe impossibile perché non entrerebbe nella moto. Il materiale è il più estremo che si possa utilizzare e l’alettatura è il concetto che ci permette di andare incontro ai team e alle esigenze di raffreddamento, andando a lavorare anche in termini aerodinamici”.
Ti aspetti che il 2027 sarà anche per voi una rivoluzione?
“È presto, ma potrebbero esserci delle novità. Non tanto sui concetti, perché siamo arrivati ad un punto molto alto sia come tecnologia che come soluzioni, però potrebbe esserci magari qualche novità sui materiali, potremmo trovare soluzioni inedite per andare incontro alle esigenze future”.
È domenica pomeriggio, la gara è finita, la festa per Pecco Bagnaia invece prosegue da diverse ore. Annika si presenta sulla mia scrivania con un gran sorriso. Decidiamo di scattare una foto.