Un pilota di MotoGP sbatte le palpebre una volta ogni tre minuti, sia che si trovi in gara che in prova. Un numero impressionante se consideriamo che, di media, una persona normale ammicca (questo il termine medico) circa 20 volte al minuto, perdendo dai tre ai quattro decimi di secondo alla volta. Se vi è mai capitato di vedere una gara di MotoGP, anche soltanto distrattamente, saprete che tre o quattro decimi sono il tempo che passa tra una pole position ed il quindicesimo posto in griglia di partenza.
Lo studio, condotto dal Driving Vision Center e svolto dalla SIFI, è stato reso possibile grazie ad collaborazione con il Team di Lucio Cecchinello iniziata nel 2015. Cal Crutchlow e Takaaki Nakagami sono stati quindi monitorati costantemente, per giungere così alla conclusione che in circuiti come il Sachsenring, dove si gira attorno all’1’20, un pilota della MotoGP è in grado di completare più di due giri prima di battere ciglio. Ma come funzionano gli occhi in condizioni così estreme? E come fa un pilota ad arrivare ad un livello così distante dal nostro? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Renna, Medico Chirurgo specialista in Oftalmologia.
“SIFI è una grossa azienda, non mi stupisce che abbia analizzato la casistica - ha esordito il Dott. Renna - Il problema, nel mantenere gli occhi aperti, è che il film lacrimale tende all’evaporazione. Probabilmente il particolare microclima che si sviluppa nel casco, attraverso la respirazione ed il sudore, mantiene un ambiente sufficientemente umido da evitare un’eccessiva evaporazione del film lacrimale”. Una condizione che, con tutte le probabilità, viene raggiunta anche grazie all’elevatissimo livello di concentrazione raggiunto dai piloti durante la gara.
Cosa succederebbe se ci provassimo anche “noi”?
“In condizioni normali, ammesso che si riesca a tenere gli occhi aperti per tre minuti, si rischierebbe di andare incontro a gravi patologie corneali, come ulcere, opacità che impediscono di vedere, fino ad arrivare addirittura al trapianto di cornea. Ad ogni modo l’organismo umano è molto sofisticato e, per fortuna, volente o nolente le palpebre si chiudono quando il corpo ne sente il bisogno. Poi ci sono situazioni particolari, che causano l'insensibilità della cornea che porta a ridurre gli ammiccamenti con le gravi conseguenze descritte, ma non è questo il caso”.
C’è modo di allenare questa capacità?
“Ci sono dei training appositi, come ad esempio il visual training, che vanno a coinvolgere tutta una serie di fattori, non soltanto il battito di ciglia ma anche movimento oculare e la coordinazione. Sempre più sportivi professionisti ricorrono a questi particolari allenamenti per massimizzare le performance, suppongo che anche i piloti lavorino in questa direzione”.
In estrema sintesi, l’occhio vuole la sua parte anche negli allenamenti, a ulteriore dimostrazione del fatto che il livello di preparazione di un pilota in MotoGP è più elevato di quanto si possa pensare.