Dan Rossomondo è il direttore commerciale della MotoGP da quasi un anno. È stato scelto da Carmelo Ezpeleta per fare in modo che il prodotto di punta della Dorna cresca in qualsiasi angolo di mondo con numeri, interazioni ed introiti sempre crescenti. Il 2023, rispetto alla prima stagione orfana di Valentino Rossi (2022), ha già mostrato un'inversione di tendenza: ascolti televisivi tornati nella norma, pubblico ed appassionati di tutto il pianeta tornati a riempire tribune e prati che costeggiano le curve del Motomondiale. La battaglia combattuta ed elettrizzante in pista è stata motivo principale di attrazione, sì, ma sono state introdotte diverse novità per provare ad avvicinare il più possibile gli spettatori ai piloti: le Sprint Race ogni weekend e i relativi podi del sabato accessibili a tutto il paddock, la Riders Parade e la Fan Zone della domenica mattina, oltre a decine di inedite rubriche social atte a svelare il fatidico "dietro le quinte" della competizione.
Rossomondo viene dall'NBA e - per esportare la top class nelle case della gente - ha attinto un po' dalla sua incredibile esperienza nel massimo campionato mondiale di basket e, in parte, dal modello Formula 1. I risultati, fin qui, gli hanno dato ragione, anche se - come ha raccontato il manager statunitense nel corso di un'intervista a MSN - il lavoro da fare è ancora consistente e deve andare in direzione opposta rispetto al rischio di omologarsi alle quattro ruote: "ll nostro sport è spettacolo. Quello che devo fare è perfezionarlo per accentuare le parti migliori. Il nostro spettacolo in pista è molto buono e se iniziassimo a fare cose da F1, sembrerebbe molto forzato. Dobbiamo essere organici e unici in MotoGP. Vogliamo che un numero maggiore di persone veda i nostri contenuti. Facciamo un buon lavoro rendendo i nostri contenuti accessibili sui nostri canali, ma dobbiamo fare di più rendendoli accessibili sui canali partner".
La parte più succulenta dell'intervista, però, arriva quando Dan Rossomondo cerca di spiegare nel modo più onesto e semplicistico la sua strategia: "I social network si utilizzano meglio quando non siamo noi a promuoverli, quando gli altri li ritwittano, li pubblicano, l’algoritmo entra in funzione. Il video dell’incidente tra Espargaró e Morbidelli in Qatar ha avuto più di 30 milioni di visualizzazioni solo su Instagram, organicamente e senza promozione. Quell’incidente era il tipo di cosa che volevamo vedere? Non lo so, ma un po' di malizia non guasta. Questo non è uno sport in cui si può fingere mettendo in griglia qualcuno di scarso. Bisogna mettere in griglia i 22 migliori piloti, e in questo momento sono spagnoli, italiani, australiani e sudafricani. Mancano un americano e un britannico, ma dobbiamo lavorarci". Riassumendo, sembra che Dan Rossomondo possa considerarsi d'accordo con il famoso adagio "il fine giustifica i mezzi". Botte da orbi in MotoGP? Non sono d'esempio per i giovani, va bene, ma intanto interazioni ed ascolti si impennano, quindi non condanniamole. Le Sprint Race hanno effettivamente accresciuto lo spettacolo in pista? Sì, dunque manteniamole. I piloti, correndo il doppio delle gare, hanno subito più infortuni? Sì, ma evidentemente è il prezzo da pagare se si vuole che il Motomondiale e il suo indotto generino proventi esponenziali. In fondo, "un po' di malizia non guasta".