Era il 2021, si correva il GP di Misano e Marc Marquez metteva i suoi stivali sul gradino più alto del podio. Fine di un incubo, Marc Marquez è tornato. E’ così che quella volta abbiamo titolato più o meno tutti dopo le ormai note vicende del 2020, l’infortunio e i continui passaggi in sala operatoria. Ma non è così che poi è andata davvero. Perché da quel giorno del 2021 Marc Marquez non ha più vinto un gran premio. 900 giorni o giù di lì. E nel frattempo è successo di tutto. Fino alla consapevolezza, probabilmente più sua che di tutti noi, che scegliendo di lasciare la Honda per passare in sella alla Ducati del Team Gresini (gli unici chiamati "famiglia" prima che squadra), Marc Marquez non stava cominciando un nuovo capitolo della sua storia. Ma proprio una sua storia del tutto nuova.
Ha vissuto, arrivando dove quasi nessuno è mai arrivato. Poi è caduto. E da lassù il botto è stato grosso. Fisicamente, sì, ma prima di tutto mentalmente. Poi, così come sono chiamati a fare gli esseri umani, s’è trovato a un bivio: rialzarsi o rinascere. E ha scelto la seconda strada. Che è la peggiore e la più difficile, perché in qualche modo, anche se il verbo è di quelli pesanti un bel po’, è la strada che prevede il morire. Lo ha fatto nel tempo in cui vedeva gli altri fare ciò per cui lui ha vissuto, lo ha fatto – sempre dentro, sia inteso – mentre vedeva che quelli a cui lui aveva immolato la sua carriera, la Honda, stavano fermi contando solo sul suo ritorno. E lo ha fatto anche mettendosi alle spalle quel ghigno da invincibile che dava fastidio e non poco e quell’atteggiamento da ragazzo che se ne fregava di lasciarsi passare la vita a fianco, perché solo le corse meritavano d’essere chiamate vita. Invece in quel tempo in cui Marc Marquez è morto c’è un uomo che è rinato. Che ha cominciato a parlare di famiglia fino a sceglierne una pure per squadra, che non s’è fatto problemi a mostrarsi commosso, che ha scoperto il fianco e fatto vedere tutte le sue debolezze. Compresa quella di avere voglia di innamorarsi. "A trent'anni è giusto anche pensare a altro, magari mi fidanzerò" - aveva detto in tempi non sospetti.
Sono di queste ore alcuni scatti pubblicati sui social di Marc con la sua nuova fidanzata, in sella a due bici, come due trentenni alle prime uscite. Infantile? Forse un po’ sì. Ma umano, come Marc Marquez non era probabilmente mai stato, neanche quando qualche foto con super modelle era sfuggita sui social. Ma con occhi diversi: quelli del vecchio Marc. Affetti non negati, parte emotiva ritrovata e umanità pure di ammettere che la scelta che stava facendo, quella che riguardava la sua vita di pilota, gli faceva paura e tanta. Ma anche che niente gli avrebbe mai fatto paura come la consapevolezza di non vincere mai più con le moto da corsa. E’ maturazione personale, prima che sportiva. E quella scelta l’ha fatta buttandosi con tutti i tremori di quelli normali quando hanno paura, ma con la lucidità di capisce che dovrà metterci del suo. Per tornare a vincere bisogna imparare anche a non vincere. Senza contare i giorni, che ormai sono 900 o giù di lì, dall’ultima volta. E magari presentandosi a Valencia prima e poi a Losail e Portimao dando a tutti l’impressione di avere ancora qualcosa nel polso. E poi, in qualche modo, ammettendolo pure: “Adesso devo conoscere la moto. E’ inutile che mi prenda rischi troppo alti in questo momento”. Parole che il vecchio Marc Marquez non avrebbe mai pronunciato.
“Con una persona nuova si possono cominciare tante cose – scriveva tempo fa Mary Anne Evans, meglio conosciuta come George Eliot – Si può persino cominciare a essere migliori”. E’ quello che Marc Marquez ha fatto: essere una persona nuova. Facendo l’esatto contrario di ciò che faceva il vecchio Marc: quello di prima apriva il gas costasse quel che costasse, questo ha scelto di frenare. Per darglielo tutto solo quando sarà il momento, mentre nel frattempo s’è scoperto più vicino al divino adesso che è umano di quando si sentiva un padreterno. Quasi, sia permessa l’ironia, che se un 2015 tornasse adesso l’avremmo visto comportarsi in tutt’altro modo. Ma non è indietro che si guarda. Così come non è bene guardare troppo avanti. Soprattutto adesso che è di nuovo tempo di GP delle Americhe e di mettere le ruote, quelle della nuova moto del nuovo Marc, sul buon vecchio (lui sì che è ancora lo stesso) COTA Circuit. Il suo regno. Il posto dove nessuno l’ha mai battuto davvero. Con i 900 giorni (o giù di lì) di astinenza che a detta di molti potrebbero finire, portando le pagine della nuova storia che Marc Marquez sta scrivendo dentro il capito che, in fondo in fondo, vorremmo leggere tutti. Anche quelli pronti a giurare di no.