Per Lewis Hamilton Roscoe non era “solo un cane”. Era il bulldog inglese che da dodici anni accompagnava Lewis Hamilton in giro per il mondo, nei box della Formula 1 come sui jet privati, nelle foto di Instagram come nei momenti più intimi. Un’ombra fedele che ha letteralmente visto le sue vittorie, le sue cadute e le sue rinascite. Negli ultimi mesi, però, il bulldog del britannico ha iniziato a stare male: malattie respiratorie e acciacchi che, per chiunque abbia un cane anziano, significano solo una cosa, il conto alla rovescia è iniziato. Hamilton lo ha portato con sé fino all’ultimo respiro, standogli vicino durante il coma che gli era stato indotto. Fine di un’epoca, e soprattutto fine di un rapporto che, per lui, era molto più di un animale domestico.

Sui social questo momento delicato del sette volte campione del mondo è stato vissuto tra attacchi e prese in giro, oltre ai soliti discorsi per cui un pilota non dovrebbe preoccuparsi di queste questioni ma solo scendere in pista e correre. Anche perché, proprio in questi giorni, Sir Lewis sarebbe dovuto essere al Mugello per dei test con la rossa, poi a Milano per la sfilata della MFW, ma ha preferito rimanere vicino al suo amico a quattro zampe. “Ha bidonato la Ferrari”, “Meglio un cane che i tifosi”, “Questo è professionismo?”, “E allora Vettel piangeva per meno”: un coro di accuse che hanno trasformato una scelta intima in un caso da bar.
C’è chi ha gridato allo scandalo per i test saltati al Mugello, chi ha storto il naso per l’assenza alla Milano Fashion Week. Come se la carriera e l’immagine contassero di più. E allora sì, va detto senza giri di parole: se pensi che Hamilton abbia sbagliato, sei tu a non aver capito. Perché ci dimentichiamo troppo spesso che i piloti non sono cyborg programmati per vincere, sorridere e, ad oggi, fare foto come i più bravi influencers, ma sono persone. E, paradossalmente, Lewis Hamilton - il sette volte campione del mondo, l’uomo da milioni di euro, il simbolo di glamour e successi - aveva probabilmente solo un vero punto fermo nella sua vita: Roscoe. Quell’amico silenzioso che non lo ha mai giudicato, che non lo ha mai tradito, che non gli ha mai chiesto niente se non presenza. E allora, se per una volta ha scelto il suo cane al posto della Ferrari, della moda e dei riflettori, non ha fatto un torto a nessuno. Ha semplicemente ricordato che, dietro al casco e ai titoli, c’è altro.

