Nicolò Zaniolo è un artista, non ci sono dubbi. In campo, ma anche per mettersi nei casini. A 25 anni ne ha già passate tante: due gravissimi infortuni che hanno minato una carriera nel calcio, forse tra le più luccicanti tra i suoi coetanei, una girandola di squadre dove non è riuscito a ritrovare in pieno se stesso e quell’innato fiuto di infilarsi dove c’è trambusto.
L’ultimo episodio è di qualche giorno fa. E’ successo al Viola Park durante una partita del campionato Primavera. In campo c’erano Fiorentina e Roma. L’attuale squadra e quella dove il piccolo Nicolò è diventato un calciatore di primo livello, regalando ai giallorossi un trofeo che mancava addirittura da 15 anni, con il gol che ha buttato giù il Feyenoord in finale di Conference League. Picchi di un ragazzo che ha saputo intrigare il calcio italiano come pochi altri e rimasto con un senso di incompiuto, anche a causa della sfortuna che gli è piombata addosso due volte e un carattere difficile da domare.
La Roma, attraverso un comunicato ufficiale, lo accusa di essere sceso negli spogliatoi senza avere il permesso, di avere urinato nei bagni e poi essersi preso a parole e spintoni con due ragazzi della Primavera giallorossa, Mattia Almaviva e Marco Litti che, secondo questa versione, avrebbero riportato prognosi di venti e dieci giorni. Zaniolo, a seguire quanto diffuso la sua vecchia società, “appariva visibilmente alterato”.

Il giocatore in prestito alla Fiorentina di proprietà del Galatasaray stavolta si difende su Instagram: “Nel loro comunicato ufficiale sono stati riportati episodi e dettagli totalmente privi di fondamento e distanti dalla verità. Anziché approfondire la dinamica dell'episodio (e i comportamenti di alcuni suoi tesserati), si è preferito enfatizzare circostanze a dir poco marginali e risibili (come il fatto che io abbia del tutto lecitamente utilizzato i servizi igienici del centro sportivo del mio club) o muovere sgradevoli e ambigue allusioni a un mio inesistente 'stato di alterazione'. La verità è un'altra: mi ero recato negli spogliatoi delle squadre per complimentarmi con i ragazzi della Fiorentina e salutare i giocatori della mia ex squadra, senza alcun astio o risentimento, né aspettandomi di riceverlo».
Qualcosa poi sarà andato storto e si è finiti a parole grosse. C’è chi dice che Almaviva non abbia voluto dare il “cinque” a Zaniolo definendolo “traditore”. Ma non siamo qui per fare un processo all’accaduto, ci penserà la FIGC, bensì a raccontare un altro pezzettino della storia di un calciatore dal percorso dolce e amaro, che ci piace tanto perché è così, in fondo i ribelli sono più affascinanti, ma che vorremmo di nuovo vedere dominare in campo.
Per analizzare il contesto dell’accaduto, abbiamo chiesto un parere al dottor Matteo Merigo, psicologo psicoterapeuta e psicologo dello sport.
“Ovviamente in questa vicenda l’accaduto dovrà essere chiarito dalla Federazione Calcio, ci atteniamo a ciò che emerge dai racconti. Ciò che vediamo è una ferita nell’io di Zaniolo, una ferita narcisistica. I giovani giocatori della Roma non hanno riconosciuto l’importanza di un calciatore di fama e questo atteggiamento può far male all’orgoglio”.
Secondo lei la reazione di Zaniolo sarebbe stata eccessiva?
“Non sta a noi dirlo visto che ci sarà presumibilmente una indagine. Da un punto di vista psicologico certi atteggiamenti avvengono quando con la violenza si vuole ripristinare il rispetto. E allora si esagera. Ovviamente è una una modalità sbagliata, ma accade di frequente”.