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Perché gli Stati Uniti vogliono demolire Huawei? Una “guerra delle spie” tra Washington e Pechino

  • di Federico Giuliani Federico Giuliani

20 aprile 2024

Perché gli Stati Uniti vogliono demolire Huawei? Una “guerra delle spie” tra Washington e Pechino
Huawei era finita nella lista nera di Washington. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per danneggiare il colosso di telecomunicazioni della Cina con sede a Shenzhen, tra restrizioni e ban commerciali. L’amministrazione Usa era convinta di aver definitivamente messo fine all’ascesa dell’azienda cinese, che, contro ogni pronostico, è invece riuscita a superare ogni ostacolo. Perché il governo americano è preoccupato da Huawei e cosa si nasconde dietro la sua scesa. Estratto da “La guerra delle spie” di Alberto Bellotto e Federico Giuliani, uscito per Castelvecchi editore

di Federico Giuliani Federico Giuliani

Una semplice azienda privata nata dal nulla, sulle fondamenta del miracolo economico cinese, o un’appendice dell’esercito di Pechino? Tanti si interrogano sulla vera identità di Huawei Technologies, pochi sanno rispondere con esattezza. Gli Stati Uniti hanno più volte accusa­to il colosso di Shenzhen di essere un cavallo di Troia usato dalla Cina per spiare Washington e, più in generale, i Paesi di tutto mondo. In poche parole: Huawei è considerata dalla Casa Bianca una pedina al servizio del sistema militare guidato dallo Stato cinese. RenZhengfei, fondatore della società, ha più volte ribadito l’indipendenza della sua creatura e ha respinto simili ricostruzioni, pur senza mai convincere l’intelligence statunitense. Secondo il portale Bloomberg, ad esempio, Huawei avrebbe collaborato – e continuerebbe a collaborare – con l’Esercito Popolare di Liberazione cinese, tanto che negli ultimi die­ci anni l’azienda si sarebbe resa responsabile della realizzazione di al­meno dieci progetti di ricerca a stretto contatto con il personale delle forze armate nazionali. I temi citati nel dossier sono scottanti perché riguardano i settori economici che la Cina sta utilizzando per diventare la principale po­tenza del mondo – intelligenza artificiale, geolocalizzazione satellita­re e altro ancora – mentre i soggetti coinvolti nelle pratiche compren­derebbero la Commissione Militare Centrale e la National University of Defense Technology (l’accademia militare dell’esercito cinese), che avrebbero operato con la società di Shenzhen per estrarre e classifica­re una raccolta di immagini satellitari e coordinate geografiche. Il por­tavoce di Huawei, Glenn Schloss, ha respinto in toto la ricostruzione americana. “Huawei”, ha specificato Schloss, “non è a conoscenza del fatto che i suoi dipendenti pubblichino documenti di ricerca a titolo personale. Inoltre, Huawei non ha alcuna collaborazione o partnership con le istituzioni affiliate all’esercito. L’azienda sviluppa e produce solo prodotti di comunicazione conformi agli standard civili in tutto il mon­do e non personalizza i prodotti di ricerca e sviluppo per i militari”.

La copertina di "La guerra delle spie"
La copertina di "La guerra delle spie"

Passando in rassegna l’infinita mole di inchieste, approfondimenti e ricerche sul caso, vale la pena citare un controverso documento del 2019. Si intitola Huawei Technologies’ Links to Chinese State Security Services ed è firmato da Christopher Balding, professore della Fullbright University Vietnam. L’accademico, dopo aver esaminato i curricula di migliaia di dipendenti Huawei, sostiene di aver scoperto una solida relazione tra Pechino e la società di Shenzhen. Con la collaborazione del think tank londinese Henry Jackson Society, Balding ha analizza­to gran parte del materiale notando “una relazione profonda e dura­tura tra Huawei, i suoi dipendenti e lo Stato cinese”, e arrivando alla conclusione che all’interno dell’azienda ci sarebbe “personale tecnico di medio livello” legato a “specifici casi di hacking o spionaggio indu­striale condotti contro imprese occidentali”. Il documento cita un caso di un ingegnere informatico assunto nel reparto controllo qualità delle reti – tale Li Jingguo – che sarebbe anche un ricercatore della National University of Defense Technology. Questo, ha sottolineato Balding, non dà la certezza che l’ingegnere abbia intrec­ciato le due attività. Ma indica come il soggetto in questione sia, almeno in teoria, tecnicamente e materialmente capace di fare da anello di colle­gamento tra l’intelligence e i dati dei clienti Huawei. Certo, il fondato­re della compagnia, il citato RenZhengfei, ha lavorato per l’esercito tra gli anni Settanta e Ottanta, ma gli altri elementi presi in considerazione da Balding mancano di concretezza. La società, confermando che “la sicurezza informatica è di primaria importanza”, ha risposto alludendo al fatto che un passato militare non è un impedimento all’assunzione, a patto che “il candidato fornisca documentazione che provi come il rapporto di lavoro con l’esercito o il governo sia terminato”. E ancora: “Accogliamo positivamente relazioni sulla trasparenza di Huawei che siano professionali e basate sui fatti. Ci auguriamo che ulteriori ricerche conterranno meno congetture, in modo da evitare speculazioni su ciò che il professor Balding ‘crede’, ‘deduce’ e ‘non può escludere’”. Le inchieste fin qui pubblicate, insomma, non hanno mai dimostra­to un chiaro legame tra Huawei e l’esercito cinese ma, semmai, che esi­sterebbe un’area di sovrapposizione, sfumata e dai contorni poco chia­ri, tra una parte del personale dell’azienda e le forze armate cinesi. Dal canto suo Huawei ha più volte sottolineato come non abbia mai rivela­to informazioni sensibili al governo, né le istituzioni le abbiano in nes­sun caso fatto richiesta di dati appartenenti ai clienti. Nel frattempo, in Cina c’è chi ha ribaltato la questione facendo no­tare alla stampa internazionale che anche negli Stati Uniti esistono, per alcune aziende, molte fonti di finanziamento diverse, comprese quello militare. Propagande incrociate che, nel bel mezzo della nuova guer­ra fredda sino-americana, contribuiscono ad avvelenare il clima tra le due potenze. In un contesto del genere, Huawei continua a consolida­re la propria posizione al di fuori dell’Occidente. Tra i vari traguardi raggiunti, il colosso di Shenzhen è diventato inoltre il principale forni­tore di servizi di telecomunicazioni 4G nell’intera Africa, avendo co­struito oltre il 70% della rete del continente.

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