Maria Teresa Cometto è una giornalista e reporter italiana che vive a New York. Insieme a suo marito, Glauco Maggi, ha scritto un lungo reportage pubblicato in Italia da Neri Pozza, Qui non è Nuova York. Ha attraversato l’America profonda per scoprire il “sentiment” degli americani, le loro inclinazioni, i loro valori, tutto ciò che conta davvero e che, evidentemente, media mainstream, esperti e analisti non hanno compreso (sbagliando in modo incredibile i sondaggi per queste presidenziali). Per capire perché Trump ha vinto in Usa le abbiamo chiesto di raccontarci proprio questo Paese, lontano dalle coste e da Hollywood, quello dei ranger, delle famiglie che visitano i parchi nazionali durante le vacanze. Un’America lontana dallo star system che ha sostenuto Kamala Harris.
La vittoria di Trump era contro ogni sondaggio. Come si spiega la differenza tra le analisi degli esperti e questo risultato?
Bisognerebbe capire come sono fatti questi sondaggi; in effetti non è la prima volta che sbagliano, ma questa volta erano tutti d’accordo. Quindi bisogna vedere chi intervistano e poi dall’altra parte se la gente ha voglia di esprimere le proprie opinioni politiche, perché purtroppo con il clima woke che ha imperversato negli ultimi anni in America molti scelgono di non parlare, molti sono stato definiti “spazzatura” da Biden, o fascisti. Forse i sondaggi hanno trascurato una maggioranza silenziosa che si è espressa alle urne.
Lei, insieme a suo marito, ha viaggiato per gli Stati Uniti, nella cosiddetta America Profonda. Da fuori siamo abituati a immaginare gli States come una specie di New York diffusa. È così?
Assolutamente no. Infatti il titolo del nostro libro, appena uscito per Neri Pozza, è Qui non è Nuova York. E noi siamo andati nell’America profonda curiosi come dovrebbero essere i giornalisti, come si dice in inglese “consumando le scarpe”. Noi abbiamo consumato gli pneumatici in 32 mila chilometri, due viaggi coast to coast, uno nel grande nord e uno nel profondo sud, lì in mezzo, fra le due coste, nel cosiddetto “flyover country”, un paese che quasi tutti i turisti vedono solo dall’alto volando da New York a Hollywood o verso la Silicon Valley. Questo paese di mezzo è ben lontano dalle coste, dall’élite. Si sente guardato con snobismo, ma tutto sommato se ne infischia. Anzi, abbiamo visto tanti posti dove famiglie giovani e anche giovani single si stanno spostando a cercare uno stile di vita migliore, più tranquillo, costi più bassi, più sicurezza nelle città, meno tasse. Ecco, questo paese non è Nuova York ed è un paese comunque difficile da costringere in facili generalizzazioni. Ci sono tante situazioni diverse che sono quelle che noi abbiamo raccontato nei nostri diari di viaggio raccolti nel libro.
Cosa avete capito in questo viaggio?
Che la gente è particolarmente interessata ai problemi di tutti i giorni, al lavoro, alla casa, alle scuole, alla sicurezza locale. Qualche giorno fa è uscito un interessante op-ed sul New York Times del governatore democratico del Kentucky, Andrew Graham Beshear, in cui diceva ai suoi colleghi democratici: non dovete pensare che la maggioranza degli americani si svegli al mattino e pensi alla politica con la P maiuscola, la maggioranza della gente si sveglia e pensa alla vita quotidiana. Abbiamo capito anche un’altra cosa poi. Questa gente vuole essere trattata con rispetto, non come spazzatura, buzzurri senza cultura, fascisti, razzisti, che sono un po’ gli stereotipi più comuni sulla gente che abita in posti come Nebraska o Wyoming o Idaho o Arkansas, tutti Stati che hanno votato in grande maggioranza per Trump.
Noi siamo abituati a immaginare che le grandi battaglie del nostro tempo, dal clima all'ambiente, alla rilettura “sensibile” della storia, diciamo così, come qualcosa di tipico del movimento woke, della sinistra. Voi, invece, avete riportato i racconti e le testimonianze, per esempio, dai ranger e delle autorità locali. Perché ci affidiamo ai grandi “brand” dell’attivismo, ai grandi slogan, ai grandi gruppi e non prestiamo ascolto a queste altre figure?
È una bella domanda. Sui media mainstream e nelle università prevale quel tipo di cultura, prevale appunto per esempio l’idea che l’America sia un Paese tuttora in preda a un razzismo sistemico. Anche per questo la gente che si fida dei giornali ed è sempre di meno. Basti pensare a questo, come dimostrano i sondaggi che Gallup ogni tanto fa sulle istituzioni in cui gli americani hanno più fiducia: purtroppo il congresso e i media sono le realtà verso cui gli americani nutrono meno fiducia, mentre dicono di avere la massima fiducia nei piccoli business e nell'esercito. La gente non si fida e non si sente compresa dalle università, dagli studiosi nelle torri d’avorio, ma proprio da chi lavora a livello locale e conosce la realtà in prima persona. Questi ultimi capiscono davvero i problemi delle persone, non lavorano di fantasia. Per dirtene una, ho letto che alla Columbia University e in altri centri della Ivy League è stata data la possibilità agli studenti di non andare in classe, di non seguire le lezioni per riprendersi dal trauma elettorale. Possibilità che per esempio, qualcuno ha fatto notare, dopo l’attacco terrorista del 7 ottobre in Israele non è stata offerta ai più numerosi studenti ebrei.
Trump è il primo presidente americano con una condanna penale. Questo avrà un peso o gli americani hanno un approccio diverso?
La condanna di Trump e tutte le vicissitudini processuali sono state interpretate come una messinscena politica dalla maggioranza degli americani, che infatti lo ha votato. Bisogna ricordare che in America tutte le cariche giudiziarie, dalla più bassa alla più alta, sono cariche politiche e tutti i giudici e procuratori sono eletti dal popolo fino a livello federale e, ai massimi livelli, sono nominati dai presidenti. I Dem pensavano di eliminarlo con le varie inchieste, le incriminazioni e così via, per questo tifavano per Trump alle primarie, convinti sarebbe stato il più facile candidato da battere. Così non è stato perché l'accanimento giudiziario nei suoi confronti è diventato invece una carta vincente per i Repubblicani. Questo non vuol dire che agli americani non importa della fedina penale di un presidente, ma vuol dire invece che non hanno creduto nella fondatezza di tutte quelle accuse.
Lei vive a New York, è una giornalista con alle spalle una lunga carriera. Si è laureata con due liberali come Veca e Giorello. L’elettorato di Trump viene spesso raccontato, a partire dalle statistiche, come quella fetta di popolazione che va dagli hillbilly ai giovani maschi bianchi e cattolici. Lei di certo non ne fa parte. Davvero la differenza tra Democratici e Repubblicani si spiega in base al livello di cultura di chi li vota?
Direi proprio di no, perché per esempio un fenomeno che nessuno aveva previsto è stato lo spostamento di molti giovani a favore di Trump. Non sono tutti giovani che hanno abbandonato la scuola a sedici anni, sono giovani anche laureati. Del resto, se riflettiamo sul fatto che J.D. Vance, il vice di Trump, è sì partito come hillbilly con gli zii negli Appalachi e la famiglia nell’Ohio depresso, ma poi si è laureato a Yale e ha scritto un best-seller che tutti quanti, anche democratici, hanno definito un capolavoro, non possiamo arrivare a negare che esistano giovani ben istruiti e stufi della politicamente corretto e dei vari slogan della sinistra. Anche i giovani della Silicon Valley si stanno opponendo al Dei (Diversity, equity, and inclusion), perché in America conta la meritocrazia, non il resto.
Elon Musk verrà messo a capo del Doge, del dipartimento dell’efficienza che si occuperà, tra le altre cose, di tagliare la spesa pubblica. È un ruolo importante che il Ceo di Tesla, Starlink e X sarà in grado di ricoprire?
Chi lo sa. Il personaggio è geniale ma anche imprevedibile: è veramente difficile capire cosa riuscirà a combinare. Però bisogna chiarire che non avrà un incarico in un dipartimento governativo, è un ruolo di consulente. Cioè, qui in Italia adesso si sta facendo un gran baccano, sui suoi conflitti di interesse, su quanto intreccia i suoi affari privati con la politica della nuova presidenza. Più che un dipartimento è una sorta di consiglio, appunto, che darà dei suggerimenti entro febbraio 2026 e deve dare una sua ricetta per tagliare burocrazia e costi non necessari. C’è bisogno di snellire burocrazia e rivedere le regole che si sono moltiplicate nel corso degli anni e in questo modo anche tagliare l’eccesso di spesa pubblica. Il bello degli Stati Uniti è che fra due anni ci sarà il ricambio di tutta la camera dei deputati e di un terzo dei senatori e se in questi due anni, che quindi sono veramente poco, l’amministrazione di Trump non avrà fatto le cose giuste secondo la maggioranza degli americani, potrà anche trovarsi il congresso contro e quindi avere un potere dimezzato.
C’è chi teme Robert Kennedy Jr alla sanità. Un politico indipendente che in più di un’occasione ha espresso posizioni estreme sui vaccini e che vorrebbe eliminare la Fda [Food and Drug Administration, ndr]. Tu che ne pensi?
Anche lui è un personaggio veramente bizzarro e imprevedibile. Sì, ha avuto posizioni estreme sui vaccini, però dall'altra parte ha delle posizioni invece che normalmente i verdi, gli ecologisti, i vegani, i vegetariani eccetera dovrebbero approvare. Vietare l’uso di troppi ingredienti chimici, coloranti e altro nei cibi, in particolare, ma non solo, negli alimenti per i bambini. Altro esempio: se non mi ricordo male Trump, nel suo discorso della vittoria, ha fatto una battuta dicendo a Kennedy di fare tutto quel che voleva sulla salute, ma di non toccargli il petrolio. Questo perché, tra l'altro, Kennedy è un verde convinto.
La campagna elettorale è costata 15 miliardi di dollari. Una cifra che per forza di cose esclude partiti più piccoli e apre le porte ai grandi donatori, come Musk, Bezos o Bill Gates. Questo è un problema per la democrazia?
Quello che succede in America è trasparente, quindi direi di no. Non c’è mai stato uno scandalo nel passato per i miliardari che sostenevano i Democratici, non hai citato Soros che è stato uno dei principali finanziatori, Buffett, che questa volta invece si è astenuto, e ovviamente Bill Gates. Il sistema di finanziamento delle campagne in America permette ai privati cittadini, a comitati e imprenditori di partecipare. Tra l’altro una delle tante cose interessanti di questa campagna elettorale è che Kamala Harris ha raccolto e speso molti più soldi di Trump, paradossalmente, che non le sono bastati per vincere, come non sono bastati tutti gli endorsement di Hollywood e dei tanti come Taylor Swift o Beyoncé.
Se dovesse indicare i valori principali di un americano, quali sarebbero?
Sicuramente continua a esistere il valore del patriottismo. In questa tornata elettorale ha contato anche il dispiacere nel vedere l’America non più rispettata come una volta, anche pensando alla figuraccia fatta in Afghanistan per esempio. Un altro valore è l’amore per la natura. Abbiamo girato molti parchi nazionali, anche molti parchi poco conosciuti, tutti frequentatissimi, con pellegrinaggi durante le vacanze di intere famiglie con bambini neonati e anziani portati sulla sedia rotelle. Ecco, c’è una religione della natura e un grande attaccamento alla terra, alla propria terra.