Stavano per mettercela nel decretano. Noi di MOW, a partire da Moreno Pisto, siamo fan di Sergio Mattarella. Ci sembra l’unico rimasto in Italia con un po’ di buon senso. E – ringraziandolo – anche questa volta non si è smentito. Ha appena stoppato un inciucione tra maggioranza e Pd (con la partecipazione straordinaria di Alleanza Verdi e Sinistra – alla faccia!) con la quale i partiti stavano per aumentarsi i contributi. Inciucio e aumento dei contributi fatto alla solita maniera “speriamo che non se ne accorge nessuno”, ossia infilando un emendamento in un decreto (in questa occasione il decreto fiscale) che non c’entrava nulla con l’emendamento in questione. È un’usanza antica e perfida: l’obiettivo è quello di fare sfuggire inciuci ed emolumenti alla discussione parlamentare. Un po’ come il gioco delle tre carte: dov’è l’asso, dov’è l’asso e mentre tu guardi da un’altra parte l’asso te lo ritrovi infilato nel… decreto. Nel decretano per l’appunto. Mattarella ha smontato il baracchino delle tre carte, ha mandato tutti a casa, e ha detto, più o meno: se volete ancora più soldi per voi dovete farlo in maniera legittima, ossia fate una legge, di quelle che si portano in parlamento. Non un decreto o un emendamento a un decreto, ma una legge, che passa dalla discussione alla Camera e al Senato, avete presente? In soldoni, questo emendamento al decreto fiscale di fatto raddoppiava le entrate di Fratelli d’Italia: da 4,8 milioni a 8,2 milioni. Il Pd sarebbe passato da 8 a 12 milioni. Il Movimento Cinquestelle avrebbe fatto bingo: da 1,8 milioni a 4,2. E la Lega da 1,1 a oltre 2 milioni.
Che poi sorgono altre domande. Ad esempio: che senso ha avuto quel delirio di taglio dei parlamentari, che ha causato nient’altro che accentramento di potere nelle segreterie, e di fatto ridotto al ruolo di “peones” gli eletti, se poi si aumentano i contributi ai partiti? E pensare – a corollario delle votazioni in atto all’interno dei Cinquestelle – che fino al 2022 il movimento di Grillo (o di Conte, si vedrà) non accedeva a questi contributi perché voleva sfuggire alle dinamiche partitiche (ciao core). C’è da dire che il Movimento 5 Stelle si era opposto a questa “emendata”. Stefano Patuanelli aveva parlato di “colpo di mano del governo”. Giuseppe Conte aveva rilasciato la seguente dichiarazione: “Il Governo da una parte taglia servizi ai cittadini e fondi alle imprese, porta la sanità al minimo di investimenti sul Pil degli ultimi 17 anni. Dall’altra di soppiatto vuole aumentare i fondi per i partiti, provando a far arrivare nelle loro casse anche le risorse che i cittadini non hanno scelto di destinare alle forze politiche. A Palazzo Chigi hanno perso il contatto con la realtà”. Noi ci limitiamo a ricordare l’antica promessa dei Cinquestelle di restituire “al territorio” parte delle indennità di carica dei parlamentari, pratica eliminata nel 2022 (e poi certo che Giuseppe Conte vince nelle votazioni interne). Ieri sera, la doccia fredda, che alcuni commentatori definiscono “senza precedenti” e “clamorosa”. Le agenzie di stampa battono: “Fonti del Quirinale confermano la contrarietà del Capo dello Stato alla modifica inserita nel decreto fiscale alla legge sul finanziamento pubblico ai partiti”. Alle quali segue una dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si rifà al “principio di omogeneità del decreto-legge” e in cui rileva “la mancanza di omogeneità delle materie in discussione nel decreto”. Mattarella, così facendo, conferma l’importanza della sua figura e dei suoi poteri. L’unica istituzione in grado di stoppare l’usanza del “futti futti che Dio perdona tutti”.