Il Mostro di Firenze e Donato Bilancia sono i due serial killer che hanno sconvolto e incuriosito l'Italia di fine millennio. Due casi totalmente diversi ma accomunati da una definizione di Male che non arriva mai a una verità definitiva. Ciò che conosciamo, a livello giudiziario, prende la struttura di un concetto più esteso: se il Mostro è ancora oggi un'entità non definita, Bilancia incarna una mostruosità che è sempre destinata a rimanere a sua volta enigmatica. Alessandro Ceccherini ha scritto due romanzi, uno sul Mostro e uno su Bilancia, in cui attraverso la narrazione ha provato a colmare questi vuoti di senso: "Il Mostro" e "Che venga la notte", editi da Nottetempo. Noi lo abbiamo intervistato per mettere a confronto i due serial killer, cercando di scoprire cosa sia veramente un mostro, e come lo si diventa.
Pietro Pacciani, colpevole o innocente: che idea ti sei fatto?
Pacciani è morto a casa sua dopo essere stato dichiarato innocente in secondo grado. Il pubblico ministero ha chiesto di non procedere contro Pacciani perché non c'erano elementi sufficienti per accusarlo. I processi che hanno portato a conclusioni importanti sono quelli ai compagni di Merende, Lotti, Vanni e inizialmente anche Pucci. Poi Fernando Pucci è scomparso dalla vicenda. Tutto si basa sulla testimonianza di Lotti, che non è certo considerata la persona più credibile del mondo, per usare un eufemismo. Questo è uno dei motivi per cui molti mettono in dubbio la verità giudiziaria. Anzi, molti la contestano apertamente. Personalmente, non credo che la verità giudiziaria abbia individuato i veri responsabili.
Pacciani era stato assolto ma la Cassazione aveva annullato la sentenza, poi è morto mentre aspettava la riapertura del processo. Che ruolo aveva, effettivamente?
Per quanto riguarda Pacciani, c'è la possibilità che lui sia stato coinvolto per i legami che aveva a San Casciano e le vicende in cui era coinvolto. Pacciani aveva già ucciso una persona, ma questa non è la cosa più importante. Pacciani, come uomo, cresce in carcere, dove sviluppa legami che poi si porta anche fuori, con personaggi molto oscuri. Non posso entrare nello specifico perché sarebbero comunque ipotesi, ma Pacciani è una figura su cui si possono avere dei dubbi di colpevolezza. Su Vanni e Lotti direi invece che non c'entrano nulla con la vicenda del Mostro di Firenze.
Si è parlato anche di un'azione corale.
Penso anch'io che ci fossero più persone coinvolte, ma è anche legittimo pensare che fosse un serial killer solitario mai trovato, con caratteristiche ben precise. Ci sono molte cose intorno al caso del Mostro di Firenze, come gli omicidi collaterali, la vicenda della famiglia Malatesta, di Milva, di suo padre e del figlio, poi la storia di Limongi e quella di Francesco Vinci, ucciso anche lui vicino al processo. Questo farebbe pensare anche ad altre storie nere d'Italia, con gente fatta fuori perché poteva testimoniare o sapere determinati fatti scomodi. Sono questi elementi a farmi propendere per un gruppo di persone, o comunque per una persona che avesse un certo rilievo e una certa capacità di movimento, di operazione militare.
Gli ultimi audio che hanno fatto sentire l'altra sera su Rai3 a Far West sembrano validare proprio questo, dicendo che fosse una persona che lavorava in procura.
Sì, questa è una pista ipotizzata da molto tempo, soprattutto da Nino Filastò, che era difensore di Vanni.
Non si sono mai raggiunte prove sufficienti comunque. C'è anche questa figura del Rosso del Mugello.
La figura del Rosso del Mugello è legata a una testimonianza molto vaga e poi collegata a Vanni. Io sono abbastanza lontano dalla vicenda da molto tempo. Non sono un esperto del Mostro di Firenze e non mi dedico quotidianamente a questa vicenda. Però sì, ci sono varie figure e poteri in gioco.
Ti sei mai convinto davvero della colpevolezza di qualcuno dei coinvolti?
Il fatto è che la vicenda del Mostro di Firenze, per chi la conosce davvero, richiede una riflessione umile sul concetto di verità. Ho scritto un romanzo che si occupa della mitologia intorno al Mostro di Firenze, del tipo di male che permea tutti i livelli della società, dal più basso al più alto e sacro. Ho cercato di riflettere sulla ritualità e sul potere politico in Italia. Quello che avveniva in quegli anni e che ho cercato di toccare con il mio romanzo è una rappresentazione del male, un discorso che può essere anche politico e sociale. Chi pensa di avere in tasca la verità sul Mostro di Firenze, semplicemente illude se stesso e chi lo ascolta. Nessuno lo sa. Sicuramente se ne può ragionare, e se ne è ragionato, per decenni, ma la prima cosa è essere umili.
Dal punto di vista mediatico il personaggio principale è Pacciani. Come mai? È quello più romanzesco?
Pacciani è un personaggio mediaticamente eccezionale, un tipo di uomo che conosco bene, non come individuo singolo, ma come archetipo. Sono cresciuto in Toscana, in campagna, e conosco alla perfezione il contadino toscano che bestemmia a ogni passo, che è esponente del patriarcato classico, che domina la casa e il paesino e che pensa di essere il re del suo piccolo mondo. Questo è Pacciani. Io lo conosco, ho conosciuto uomini come lui e tuttora ne vedo l'evoluzione, con i loro SUV e le mute di cani da caccia. Questo tipo di uomo esiste, e Pacciani ne è un esemplare.
Da romanziere, è stato facile per te capire il personaggio?
Pacciani ha parlato in tribunale, con i giornalisti, e si può ascoltare su YouTube per farsi, se si vuole, delle grasse risate. Nel mio romanzo ho fatto parlare Pacciani anche in contesti in cui non ha mai parlato, partendo dalla realtà ma inventando laddove possibile. Pacciani è un personaggio che ho assimilato e contestualizzato.
Ne hai descritto anche la crescita, la formazione.
Il primo capitolo del mio romanzo sul Mostro inizia nel 1935, quando Pacciani aveva dieci anni. C'è tutta una vicenda raccontata al processo, di lui da piccolo. Prendo spunto da quella vicenda per creare un racconto che introduce il personaggio di Pacciani, che già da piccolo è bugiardo, manipolatore e violento.
Nasce come mostro?
Ci sono vari altri personaggi che vengono sviluppati e che, nella vicenda, hanno più importanza di Pacciani. Tuttavia, Pacciani viene indagato ufficialmente mentre è in carcere per gli abusi sulle figlie, per cui è stato condannato nell'87. Nell'89 finisce la pista sarda, quando viene chiuso con un'assoluzione il processo a Salvatore Vinci, che lo voleva assassino della prima moglie e quindi possibile Mostro di Firenze. Tutto era basato su quella voglia di trovare il mostro.
E Pacciani era un mostro perfetto?
Pacciani era veramente un mostro, uno che abusava delle figlie e aveva già ucciso in passato. Pacciani viene incriminato con la prova del proiettile trovato nel suo giardino, ma pare fosse tutto un depistaggio. Contro Pacciani avrebbero messo quel proiettile che non era esploso, e che comunque valeva poco. Però tutte le prove contro Pacciani sono interessanti, come i versamenti fatti da lui intorno alle date degli omicidi. Il problema emerso è che Pacciani non aveva nessun movente. Non era la personalità tipica del serial killer solitario.
Il movente non c'era, quindi?
Facendo dei punti precisi sulla vicenda del Mostro di Firenze, si può dire che Pacciani non aveva il movente psicologico, quindi uccideva per soldi e non agiva da solo, come dimostra anche la verità giudiziaria. Pacciani non era abbastanza alto per sparare nel modo in cui furono uccisi i tedeschi a Giogoli nel 1983. Allora fu qualcun altro a sparare, Lotti. La deposizione di Lotti è quasi ridicola.
Cosa disse Lotti?
Molte cose, la sua deposizione è lunghissima, molte ore spalmate su più giorni, interamente ascoltabile online. Tra le altre cose disse che una sera vide Pacciani o Vanni, adesso non ricordo, in un parcheggio, in un fantomatico parcheggio, con una macchina dentro cui sta il medico di Pacciani, a cui viene dato il feticcio appena staccato dalla donna. Il medico in cambio gli passa i soldi. Stiamo cercando di capire chi è il Mostro di Firenze basandoci su questa testimonianza. Questa roba arriva in fondo a tre gradi di giudizio e ha condannato tutti. Lotti, che prima accusava e poi si autoaccusa, finisce in carcere e muore.
Pacciani era un mercenario, secondo questa tesi?
Il fatto è che il movente psicologico non c'è. L'unico movente possibile sono i soldi. Da qui la pista sui mandanti: cercare chi pagava Pacciani per fare gli omicidi. Ci sono persone con molti soldi che vogliono feticci, pezzi di ragazze uccise per i loro rituali satanici, e pagano Pacciani per farlo. C'è un'assurdità di fondo, ma non è detto che non sia vero.
L’assurdo è che un mandante si sia affidato a personaggi così per un lavoro del genere?
Pacciani era un malvivente, però era un contadino. Era uno abituato ad avere il dominio su chi aveva intorno, in famiglia e nel suo ambiente. È certamente uno che ha ucciso, e forse ha ucciso anche più di quanto sia stato trovato. Forse ha fatto passare per suicidio l'omicidio di Luciano Malatesta, nel 1980, e forse non era solo. Chissà cosa faceva Pacciani, chissà perché andava a fare dei versamenti in banca proprio nelle date intorno agli omicidi.
È possibile sospettare di Pacciani, ma perché è rimasto al centro dell'attenzione?
Perché è un personaggio iconico, diremmo oggi "memetico". È un personaggio che si presta a vari gradi di interpretazione. Fa ridere. Oggi la gente vuole ridere, guarda i meme per sollevarsi dal dramma dell'esistenza, lo faccio anch’io, e Pacciani si presta anche a questo. Dopo essere stato considerato il Mostro di Firenze, dopo i processi degli anni '90 e la sua morte controversa, è diventato una figura grottesca e ridicola.
Perché la sua morte è controversa?
Pacciani aveva paura di essere ucciso, e ci sono stranezze sulla sua morte che fanno pensare a un intervento esterno. Era l'uomo più sorvegliato d'Italia in quegli anni, e morire in quel modo è strano. Ci sono proprio delle cose sul corpo che fanno pensare quantomeno a qualcuno che abbia toccato o girato quel corpo, prima dell'arrivo dei Carabinieri.
Controverso in vita e anche dopo.
Certo, poi la sua immagine si è ancora riconvertita con YouTube, i video dei processi negli anni 2000 la figura di Pacciani continua a vivere reincarnata nei meme. La storia, come diceva qualcuno, prima si presenta come tragedia e poi come farsa.
Capita anche con altri casi, come Rosa e Olindo.
Certo, o come Michele Misseri. Mi ricordo che a scuola si facevano battute su di lui. A Carnevale c'era gente vestita da Zio Michele. È terribile, ma è così. In certe regioni come Toscana, Veneto e forse un po' la Liguria, c'è questo gusto crudele dello scherzo e della presa in giro. Ma forse un po' dappertutto.
Nei tuoi romanzi sul Mostro di Firenze e su Donato Bilancia parti sempre dall'infanzia dei mostri. La domanda è: mostri si nasce o si diventa?
I mostri sono uomini. Bilancia, in particolare, inizia a uccidere a 46 anni. Questa vita non è la vita di un mostro, è la vita di un uomo. Non si può guardare alla vita di un essere umano valutandola a posteriori, perché altrimenti si cerca soltanto quello che lo renderà un mostro. In realtà lui prima è un ragazzo, un bambino, non ha problemi psicopatologici particolari. A parte alcuni episodi come quando si urinava addosso e la madre gli metteva il materasso fuori ad asciugare, o come il padre che lo umiliava spogliandolo e mostrando il p*ne piccolo alle cuginette. Queste sono alcune delle cose che Bilancia racconta della sua infanzia.
Questo è importante per il romanzo, ma anche per la psicologia del personaggio?
La prima metà del romanzo è costruita per creare l'uomo che da bambino cresce, diventa un ladro, un giocatore d'azzardo, uno che ha problemi con le donne, le considera tutte putt*ne, le vede come esseri inferiori. Ma tende a considerare qualsiasi altro individuo come inferiore a lui, magnificando enormemente se stesso. È un narcisista totale, ma chiaramente ci sono delle insicurezze di fondo.
Del narcisismo si può dire che sia un requisito per il successo sociale però, non trovi?
A me interessano tante faccende per quanto riguarda Bilancia perché sono cose che hanno a che fare con la società in generale, la società moderna e contemporanea in particolare. L’edonismo, la voglia di ricchezza, la volontà esplicita di considerare soltanto i soldi come l'unico merito in questa vita: sacrificare tutto, anche sé stessi, lavorando senza sosta per fare soldi, mettendo sotto gli altri in maniera meschina, senza scrupoli.
Come ogni personaggio che vuole fare carriera, insomma.
All'interno di un contesto lavorativo questo può essere accettabile; fai soldi, arrivi in vetta: è il sogno americano del self-made man. Ma non è il valore più importante nella vita, anzi dal punto di vista politico e sociale si potrebbe immaginare una società che non valuti gli individui in base a questo e anzi parta dagli ultimi, da chi ha più bisogno di attenzione, per costruire una società progressista, con un reale progresso di diritti e benessere per tutti.
Una società senza mostri?
Digressioni politiche a parte, a me interessa raccontare con coerenza l'anima di un uomo che sviluppa la sua interiorità. È la parte più difficile da descrivere, e non a caso. Io non lo faccio in prima persona, ma in terza persona, il mio è un romanzo di azione. La vita di Bilancia è avventurosa, è la vita di un ladro internazionale, un personaggio notturno che finisce sempre in giro per locali, casinò, frequentando prostitute, gente della malavita. È una storia che mi affascinava anche per le potenzialità avventurose del racconto e dell'invenzione.
La vita di Bilancia è anche tragica in prima persona, no?
Bilancia va in coma dopo un incidente, suo fratello si è suicidato gettandosi sotto un treno con il figlio.
Bilancia pare fosse anche molto legato al fratello.
Chiaramente, d'altronde era suo fratello, ed era legato anche al nipote. C'era sicuramente un rapporto che Bilancia stesso ha raccontato, ma io immagino che il fratello fosse una persona diametralmente opposta al serial killer. Studia per diventare perito chimico, trova lavoro, trova una moglie, fa un figlio, mette su famiglia e si trova a scontrarsi con il fallimento, dieci anni prima di Bilancia.
Due modi opposti di reagire al fallimento. Il fratello si uccide, Bilancia uccide gli altri.
Bilancia comincia a uccidere quando finisce i soldi, quando si trova davanti al fallimento. È questo che scatena la sua ira. Bilancia vuole essere parte del mondo, è un membro della nostra società che comincia a uccidere quando capisce che non riesce a vivere come vorrebbe. Il suo sogno era avere tanti soldi, una villa, una macchina, donne.
Comincia per questo, ma le sue motivazioni cambiano?
Da scrittore, a me interessa raccontare la crescita, la parabola di un uomo che alla fine è normale, con gli stessi desideri degli altri, che non è afflitto da una grave patologia psichiatrica. Bilancia è una persona consapevole di ciò che fa, che uccide all'inizio esclusivamente per soldi, forse per vendetta e invidia. Poi per tanti motivi uccide per depistare le indagini, poi nuovamente per soldi, perché gli va di uccidere le donne, forse perché sono prostitute, forse per altri motivi. Vai a sapere cosa gli passa per la testa: lui non lo spiega mai, e neanche io mi lancio a spiegare cose che non sono spiegabili.
C'è chi lo fa?
C'è un certo tipo di criminologia che sembra trovare piacere nell'interpretare, in maniera a volte incomprensibilmente banale, la vita interiore di chi uccide. Non basta tirare in ballo la banalità del male o qualche spiegazione semplicistica per ridurre la personalità di un uomo a una definizione. Siamo tutti uomini, tutti conosciamo la nostra interiorità, e dovremmo sapere che il dipanarsi delle emozioni è molto profondo. I casi sono complessi e non possono essere chiusi in tabelle se ne vogliamo parlare seriamente.
La letteratura permette di fare invece una narrazione più coerente?
Certo. A me poi non interessa tanto il noir in sé, mi interessa il discorso letterario, l'invenzione, la narrazione e la ricerca della verità dal punto di vista filosofico, cercando di andare in profondità nelle cose. Non basta tirare fuori due paroline per descrivere la psicologia di un uomo che ha vissuto quasi 50 anni prima di cominciare a uccidere.
Lui comincia a commettere questi omicidi per depistaggio, perché dopo aver ucciso un personaggio che aveva contatti con la malavita vuole sviare i sospetti. C'è anche la questione di quella prostituta che Bilancia non uccide perché gli fa vedere la foto del figlio, che poi in realtà non era nemmeno il figlio.
Quando succede questa cosa della prostituta che gli mostra la foto del nipote dicendo che è il figlio, Bilancia in realtà sente il campanello, come se stesse arrivando qualcuno. Bilancia usa questa storia per cercare di dimostrare uno spessore umano. Dice che quando ha visto quella foto non ce l'ha fatta a ucciderla. Ma Bilancia ha ucciso a sangue freddo chiunque, quindi non credo in toto alla sua versione. Ha ucciso tranquillamente madri di famiglia sui treni, non vedo perché la foto di un bambino avrebbe dovuto fermarlo. Io non credo a tutto ciò che dice Bilancia. Altrimenti sarei un portavoce di Bilancia, e non lo sono. Io creo il personaggio letterario di Bilancia. Quello che racconto non è esattamente Bilancia, perché la letteratura non è esattamente la realtà. Deve essere il più coerente possibile, ma bisogna ricordarsi che lo stesso Bilancia, quando è in carcere, racconta ciò che vuole di se stesso.
Ci sono diversi piani di realtà che si incrociano, e vanno analizzati. È stato difficile per te?
È molto complesso. Come dicevo prima riguardo alla sua infanzia, ridurre la psicologia di Bilancia a traumi come l'umiliazione subita dal padre o dalla madre è troppo semplicistico. I suoi genitori erano persone banali, un po' fredde, prese dal boom economico. Bilancia li definisce stupidi, dicendo che entrambi avevano un cervello poco più grande di un coriandolo. Non erano persone particolarmente significative. La violenza del male in Bilancia deriva dal mondo intero. È tutta l'ossessione che la società crea in lui e che rimane inappagata, forse fin dall'inizio.
C'è anche il discorso dell'ossessione sessuale.
Per quanto riguarda l'ossessione sessuale, in Bilancia si scontra con il disagio biologico insuperabile. Questa incapacità di appagare i vari bisogni è alla base della genesi del male in Bilancia. È il crollo del sogno. Il sogno è molto importante nel romanzo. A un certo punto lo racconto, proprio nel capitolo della prostituta e la foto del bambino. Quando arriva il serial killer lei sta leggendo un articolo su un omicidio legato al sogno. È una cosa successa in quegli anni, quando delle ragazzine in Puglia avevano ucciso un'altra ragazza perché volevano i soldi per andare negli Stati Uniti. Volevano scappare da un paesino sperduto in Puglia ed erano disposte a tutto, anche a uccidere una loro coetanea per ottenere dei soldi.
Il grosso male è il capitalismo?
Sono tante cose. Il capitalismo è il sistema economico che produce un certo tipo di società basata sul consumismo, l'edonismo, il sogno indotto di soddisfare la propria esistenza attraverso la merce, il denaro, il materialismo totale. Poi sta al singolo individuo trovare valori alternativi per riempire se stesso. Altrimenti rimane un vuoto che riempi con le cose, finché non muori. Ma se queste cose a un certo punto vengono negate, allora il problema diventa la povertà, oltre al disagio esistenziale.
Nel caso di Bilancia diventa un problema esistenziale?
Il problema è concreto e politico, e Bilancia ne fa un problema esistenziale. Non sarebbe finito sotto un ponte, ma non accetta di essere un fallito agli occhi degli altri. Non accetta di essere un perdente a 46 anni. I suoi conti bancari mostrano che negli ultimi anni ha perso un sacco di soldi. Alla fine diventa evidente che l'attività di ladro non funzionava più. A 46 anni non sei vecchio, ma hai problemi fisici. Le immagini mostrano un uomo che sembra più vecchio della sua età.
Quindi lui fallisce come ladro?
La sua attività lavorativa gli dava problemi. Scegliere di fare il ladro a priori ti toglie la possibilità della soddisfazione sociale. Nessuno mai, a parte altri ladri, ti darà una pacca sulla spalla dicendo "Bravo, ce l'hai fatta". Sono i soldi in sé a valere, non il modo in cui li hai ottenuti. Bilancia, nonostante fosse un ladro, non ha fatto neanche i soldi, ed è questo il fallimento.
Tra l'altro, a proposito di furti, leggevo che non pagava nemmeno i caselli autostradali, si accodava all'auto dietro. Questo è stato uno dei motivi del suo arresto, no?
Sì. È uno dei motivi per cui l'hanno arrestato. Come Al Capone, che viene arrestato per evasione fiscale. Con Bilancia dimostrano gli omicidi, ma inizialmente vanno sulle sue tracce per questo motivo. La macchina che usava non era stata pagata completamente, non aveva fatto il passaggio di proprietà. Il legittimo proprietario avrebbe fatto il passaggio solo quando Bilancia avrebbe pagato gli ultimi due milioni. Quindi le multe arrivavano al proprietario, Monello, che a un certo punto capisce la situazione. Le multe e gli identikit della Mercedes sono due indizi che portano la polizia a indagare su Bilancia. E a quel punto, con la polizia sulle sue tracce, era finito.
Dopo l'arresto è diventato un personaggio mediatico, fu intervistato da Bonolis.
Sì, fu intervistato nel 2004. In televisione, esclusivamente da Bonolis. Poi è stato a Porta a Porta, con un'intervista audio fatta da Ilaria Cavo, che ora è un deputato della Repubblica. Lei lo va a intervistare in carcere e l'intervista va in onda a Porta a Porta, ma l'intervista vera e propria, con il video, viene fatta nel 2004 con Bonolis a Domenica In. È un'intervista famosissima che non si trova più online, c'è solo una trascrizione. Il crimine ha uno spessore mediatico, c'è la morbosità dietro, e puoi mettere in studio anche un prete che analizza se è stato posseduto da un demone.
E il risultato del prete quale fu?
Che non era posseduto perché, a differenza di Pacciani, non bestemmiava.