Akashdeep Singh ha 23 anni, è nato in Italia, abita a Poncarale, un piccolo Comune in provincia di Brescia, è al quarto anno di giurisprudenza e lavora come manager in uno studio fotografico. Ed è il primo candidato di religione Sikh della storia italiana. Correrà alle regionali della Lombardia nella lista civica di Letizia Moratti. Per chi dei Sikh avesse solo una vaga idea (“gli indiani con lunghe barbe e il turbante”), si tratta in realtà di un gruppo etnico originario del Punjab, in India, dedito a un culto monoteistico fondato nel 1469 dal primo guru, Nanak. In estrema sintesi, la loro è una religiosità fondata sull’autocontrollo, la moderazione e l’impegno comunitario. Negli anni si sono fatti apprezzare come gran lavoratori (specialmente, in particolare agli inizi dell’immigrazione nel nostro Paese trent’anni fa, nell’agricoltura e nell’allevamento: i famosi “bergamini”, i mungitori). Esiste un’Unione Sikh Italia che federa i gruppi presenti nella penisola, che è il secondo Stato d'Europa per presenza Sikh dopo l'Inghilterra. A differenza di varie altre confessioni, lo Stato italiano non riconosce ancora ufficialmente il sikhismo. I genitori di Akashdeep sono entrambi operai, mentre il fratello, più grandi di lui di qualche anno, è uno chef che gira il mondo, ora lavora in un hotel a Copenhagen. Hanno tutti la cittadinanza italiana. Lui ha deciso di impegnarsi direttamente nell’arena elettorale dopo aver conosciuto Franco Ferrari, il segretario provinciale del partito che ha ereditato il nome della vecchia Democrazia Cristiana. “Il mio maestro”, lo definisce. E infatti, in questa intervista si evince come la fede religiosa, non importa se cristiana o sikh, sia stata il propellente della sua scelta di fare politica scartando destra e sinistra. Un sikh centrista. Un sikh democristiano.
Akashdeep, partiamo dai fondamentali. Sei favorevole allo ius soli?
Sì, assolutamente. Chi nasce e vive qui porta la cultura italiana a livello internazionale nel mondo. La cittadinanza non è solo un fatto politico, ma anche culturale.
Cioè chi ha origini straniere può sentirsi italiano a tutti gli effetti?
Certo.
Non è così per tutti, specie per chi è di prima generazione. Quali sono i princìpi della tua religione?
Tutti i Sikh rispettano i princìpi fondamentali, che sono: lavorare sodo e onestamente, meditare il divino e condividere il sapere e il pane, cioè ciò che abbiamo.
Osservi anche le 5 kappa (peli e capelli non tagliati, avere con sé un pettine, un braccialetto metallico, un pugnale simbolico e indossare un particolare indumento intimo)?
Le conosco concettualmente, ma non posso indossarle perché le leggi non lo consentono.
Ti riferisci in particolare al pugnale, immagino, il kirpan.
Esattamente.
Quindi sono previste deroghe ai princìpi per ragioni legali.
Sì, ma ci batteremo anche su questo aspetto.
Rivendicherete il pugnale?
Sì, valuteremo in futuro.
Sei il primo Sikh candidato in Italia. La tua candidatura è stata presentata per favorire il “percorso interreligioso”. Cosa vuol dire in concreto?
Il mio percorso parte con la Democrazia Cristiana e con il segretario provinciale Franco Ferrari a Brescia il 7 maggio scorso con un convegno in cui sono riunite sette religioni (cattolica, ebraica, islamica, i Mormoni, gli Ortodossi, i Sikh e Scientology, per la prima attorno a un tavolo assieme ai cattolici), in cui fra l’altro per la prima volta una donna Sikh ha rappresentato il sikhismo. L’argomento era appunto le donne, la società e la religione.
Le donne hanno un ruolo pari a quello dell’uomo, nella tua religione?
Sì, certamente. Questo è stato l’inizio per un dialogo che ha portato poi a un’altra iniziativa internazionale che abbiamo fatto sabato scorso, in cui si sono aggiunti anche i Testimoni di Geova e gli Hari Krishna. Il tema in questo caso era le religioni contro la droga. Si è visto un cortometraggio realizzato da un regista italiano di origini indiane di religione sikh.
Anni fa esplose il caso di braccianti Sikh nell’Agro Pontino, per esempio a Sabaudia e Latina, che facevano massiccio uso di sostanze dopanti per reggere i ritmi massacranti di lavoro. L’attenzione contro le droghe deriva anche dal fatto che ne avete sofferto gli effetti voi in primis?
Questo è un problema sociale che non colpisce solo i Sikh, ma tutti, specialmente i giovani. Per questo le religioni devono unirsi per combatterlo. Ma non riguarda solo i Sikh.
D’accordo, ma essere costretti a drogarsi pur di lavorare stravolge i princìpi che mi hai ricordato.
Se è per questo allora Brescia è la capitale della droga, in particolare della cocaina. Ma questo avviene proprio perché si sono persi i valori religiosi. Sia per i Sikh che in generale per tutti i giovani che si sono sradicati dalla propria cultura religiosa, che è l’unica che può salvare le persone.
Promuovere le religioni può essere uno slogan con il suo fascino, ma rischia di ridursi a belle parole.
Ma adesso si parla di azione, che, a livello locale, sarà la mia candidatura. Il mio intento è di essere il rappresentante politico di tutte le comunità religiose extracomunitarie a Brescia, ovviamente promuovendo il dialogo fra loro.
Quali sono le difficoltà?
Ogni comunità ha esigenze specifiche che a livello istituzionale ancora non sono state ascoltate, e io mi farà promotore di questo. Ad esempio, la comunità islamica ha necessità da tempo di un cimitero islamico. I Sikh hanno bisogno di essere conosciuti nella propria identità: non lavoriamo solo nel settore primario, ma anche nel secondario e terziario. In provincia di Brescia ci sono 7 centri culturali Sikh, in Italia 60.
In Lombardia e in Italia c’è il razzismo come sentimento diffuso o più o meno sottotraccia, secondo te?
Io lo chiamerei ignoranza. Io sono nato e cresciuto qui e non ho mai avuto difficoltà. Il problema è la comunicazione.
Intendi sapere l’italiano?
Sì, anche la lingua, ma soprattutto chi dovrebbe ascoltare e conoscere non è entrato ancora in comunicazione. Tutte le realtà dovrebbero aver modo di farsi conoscere. Ovviamente, c’è chi gioca su questo.
A chi ti riferisci?
Beh, alla destra.
Cosa ti ha fatto appassionare alla politica?
Il concetto che mi ha ispirato mi è stato trasmesso dalla Democrazia Cristiana ed è che la politica è la più alta forma di carità.
Come è avvenuto l’incontro con la Democrazia Cristiana?
Sono due anni che con Franco (Ferrari, ndr) lavoriamo su queste idee. C’è stato proprio un percorso di formazione e di crescita. La politica ce l’avevo già nella mia natura. Poi ho scoperto anche la mia storia, le mie origini, che è il motivo per il quale ho riscoperto le mie radici e ora porto il turbante, mentre prima non lo portavo. Adesso pratico la mia religione.
Quindi quando eri più giovane non avevi lo stesso rapporto con la tua religione?
Assolutamente. Ora voglio portare la mia esperienza agli altri giovani per aiutarli a riscoprire le loro radici.
Leggi libri? Cosa stai leggendo in questo periodo?
Niente in particolare, leggo i giornali, perché sono i temi sociali sono quelli che mi interessano di più. Il tempo è sempre di meno e bisogna essere sempre aggiornati. Siamo dentro una guerra di percezioni, su cui la politica ha molto giocato. Perché a livello istituzionale non ci ascoltano, se lavoriamo, paghiamo le tasse e ci mettiamo tutta questa energia? Perché non dobbiamo avere uno spazio politico?
E perché scegliere proprio la Moratti?
Ho avuto modo di incontrare la Moratti e apprezzare il fatto che ha un nuovo approccio e vuole comprendere quelle parti della società finora non abbastanza tenute nella dovuta rilevanza. Ha a cuore questi discorsi, perché è una donna cristiana e crede nell’incontro interculturale e interreligioso.
Perché non il ricandidato presidente della Regione, Attilio Fontana?
Perché mentre la Moratti ha riconosciuto la realtà di cui stiamo parlando, gli altri non lo hanno mai fatto.
E del centrosinistra, cosa pensi?
Anche il centrosinistra è colpevole. Ha sempre solo fatto campagna elettorale su certi temi ma non ha fatto nulla.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, non sarebbe d’accordo. Visto che leggi i giornali, che idea ti sei fatto del caso Soumahoro?
Soumahoro? Può dirmi qualcosa a riguardo?
Aboubakar Soumahoro, deputato della lista Verdi-Sinistra Italiana travolto dallo scandalo giudiziario che coinvolge la moglie per una presunta cattiva gestione dei migranti. Non ne hai sentito parlare?
Ah, certo certo. Son sempre le malefatte della sinistra.
Ma non è che invece la politica, trasversalmente, sfrutti gli immigrati come icone simboliche e mediatiche, per pagarne poi il prezzo, come nel caso di Soumahoro?
I politici sono figure, ma devono incarnare dei valori.
Ma non c’è il pericolo di strumentalizzazione?
No, perché il rapporto è reciproco. Ci viene dato lo spazio politico, poi sta a noi a saperlo gestire. Solo la Moratti non ha questa esigenza di sfruttare, ma vuole la coesione.
Dell’Italia di oggi governata da Giorgia Meloni cos’è che maggiormente ti preoccupa?
Lo spostamento a destra. Le comunità ora si sentono minacciate.
Studi Legge all’università. Cosa vuoi diventare?
La mia idea è di ottenere uno spazio politico. Ma anzitutto mi considero un uomo spirituale.
Chiedevo a livello lavorativo.
Voglio diventare un avvocato e poi raggiungere le sfere istituzionali.
Fare politica. Capito. Ma uomo spirituale, in che senso?
Io credo che i valori religiosi possano ricreare una società sana. Dopo due anni di Covid e distanziamento sociale che hanno provocato, soprattutto nei giovani, un problema di contatto, non c’è più modo di socializzare, si sta troppo sui social. I valori religiosi sono gli unici in grado di dare speranza, di dare la visione di un mondo migliore, a partire da rapporti più sani. Bisogna tornare alle radici. La religione è l’antidoto a tutti i problemi.
Hai comunque ancora solo 23 anni. Come ti diverti nel tempo libero?
Non fumo, non bevo, non mi drogo. Do il mio tempo alla meditazione ma anche alla società, cosa che i giovani non fanno più. Ho il mio lavoro e la mia famiglia, e ho anche hobby personali, come il golf. La domenica vado al centro culturale.
Il classico bravo ragazzo.
Sì (ride, ndr).
Ma come arrivare ai ragazzi, specie ai ragazzini di seconda e terza generazione, i figli e nipoti di immigrati che invece, come i loro coetanei italiani, si integrano e occidentalizzano talmente bene da finire con lo sballarsi? A loro, perdona, della religione non frega nulla.
Io mi sono avvicinato alla mia religione e alla mia cultura perché ho trovato degli uomini di valore che mi hanno dato esempi d’ispirazione.
Guide spirituali, i guru?
Sto parlando della mia guida spirituale, che è il nostro testo sacro, la luce divina sulla Terra, il guru Granth Sahib. Dobbiamo dare ai giovani figure che li ispirino. Anche per fare politica attiva. Per contrastare la mancanza di relazioni e impegno servono rapporti vissuti con persone che diano il buon esempio.