Su Rete 4, “Quarto Grado” torna a fare rumore. In prima serata, con la conduzione rodata di Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero, la cronaca nera torna protagonista. E stavolta non si tratta solo di ricostruzioni o plastici da studio: la realtà si fa incandescente. Perché si sta riaprendo uno dei casi più mediatici e controversi di sempre. Chiara Poggi. Garlasco. Estate 2007. Aveva 26 anni quando fu trovata senza vita, riversa sulle scale di casa, in un silenzio troppo perfetto per essere vero. Dopo anni di sentenze, revisioni e condanne, oggi si riapre tutto. Sul serio. Un nome torna a emergere: Andrea Sempio, vecchia conoscenza del caso, ora di nuovo indagato. I vigili del fuoco hanno trovato un martello in un canale a Tromello, nel pavese. Sporco di tempo, ma abbastanza intero da far pensare. Potrebbe essere l’arma del delitto di Chiara? Oppure solo l’ennesimo oggetto su cui proiettare speranze e ipotesi. Tutto potrebbe dipendere dal Dna.


Quel Dna che, diciotto anni dopo, potrebbe finalmente raccontare una storia nuova. Sotto le unghie di Chiara, c’è una traccia. Un’impronta biologica che aspetta riscontri, mentre la Procura spinge sull’acceleratore. Ma il programma di Siria Magri non si ferma a Garlasco. C’è spazio anche per un’altra storia che puzza di sangue e silenzi. Pierina Paganelli, 78 anni, uccisa a Rimini. Per la Procura, è stato Louis Dassilva. L’uomo avrebbe tolto la vita alla donna che stava per scoprire troppo: la relazione clandestina tra lui e Manuela Bianchi, sua nuora. Un incastro che sembra da fiction, ma che è tutto vero. E che sembra aver trovato, ora, una chiusura giudiziaria. Almeno per chi indaga. In studio, confermati i fedelissimi: Carmen Pugliese, Luciano Garofano, Massimo Picozzi, Caterina Collovati, Carmelo Abbate, Grazia Longo, Umberto Brindani, Marco Oliva e Paolo Colonnello. E poi c’è la rete. I “quartograders”, la community che ogni venerdì si accende tra commenti, teorie, rabbia e ironia. Perché la cronaca nera non si guarda più e basta: si vive, si discute, si smonta in diretta. In un’Italia dove la verità è ancora un esercizio di stile.

