In questi giorni Elon Musk non gode esattamente della stima incondizionata di tutti. Una frase ambigua, convengo. Perché potrebbe essere interpretata come un “nessuno ha stima incondizionata per Elon Musk”, mentre io intendevo dire che non era “di tutti” la stima di cui godeva, intendendo che comunque continua a godere, o ha recentemente iniziato a godere della stima incondizionata di qualcuno. Il fatto è che per certe sue esternazioni recenti, parlo ovviamente di quelle contro i nostri giudici, rei di fare politica per aver bocciato la questione del sito atto a ospitare, si fa per dire, migranti arrivati in Italia e in attesa di essere ricollocati altrove in Albania, e per quel suo aver continuato a ripetere frasi sconnesse, sì, sono tra quanti non hanno stima incondizionata nei suoi confronti, per dirla alla Ennio Fantastichini di “Ferie d’agosto”, da mo’, il fatto è che per certe sue esternazioni recenti parecchia gente sembra aver cominciato a averlo pesantemente in antipatia. Parlo prevalentemente di gente ascrivibile a un’area di sinistra o centro sinistra, indubbiamente, visto che l’idea di far viaggiare a nostre spese i migranti per l’Adriatico, viaggi ormai sempre di andata e ritorno, è del governo Meloni, ma tra quanti hanno sul culo Elon Musk, immagino, ci sono anche gente che sicuramente non è ascrivibile a quell’area, gente nazionalista e sovranista che mal sopporta che ci sia un miliardario sudafricano naturalizzato statunitense che mette bocca sui fatti nostri.
Nei fatti in parecchi ultimamente hanno scarsa o nulla stima nei confronti del tycoon proprietario di Tesla e X, quindi, non potendo riconsegnare ai concessionari le proprio auto elettriche, perché non tutti le hanno e non credo che basti un tweet per poter recedere un contratto, si limitano a sfancularlo sui social, a volte abbandonando platealmente X, con tanto di reel che mostra le operazioni di cancellazione dell’account, o comunque prendendolo in giro in altri social (i medesimi altri che ospitano le dichiarazioni di abbandono di X, come se Zuckerberg, invece, fosse il Dalai Lama). Quindi, a parte vedere Elio e le Storie Tese o Piero Pelù dichiarare il proprio disappunto con quello che suona come un “addio e a mai più rivederci”, gironzolando per Instagram, Facebook e, perché no, lo stesso X, che è una vera fogna e in quanto vera fogna permette anche a chi vuole di prendere per il sedere il padrone di casa, mi è capitato di vedere più post che mostrano titoli di giornali che annunciano un imminente matrimonio tra il miliardario braccio destro di Trump, proprio oggi gli è stato affibbiato un vero e proprio incarico di governo, e tale Catnilla, primo robot in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale, e quindi dotato di una sua vera e propria personalità.
Vera e propria personalità, questo gli articoli non lo dichiarano ma è sottinteso, piuttosto remissiva, stiamo parlando pur sempre di un robot, come dire qualcuno che può interagire con noi, guardando le immagini anche di bell’aspetto, viso di donna su corpo di androide femminile, con tanto di tette, una seconda scarsa ma pur sempre tette, androide femminile sicuramente privo di tutte quelle caratteristiche femminili, come il parlare e mettere bocca sulle decisioni degli uomini forti al potere, assoluto o familiare, che tanto poco piaceranno agli uomini come Elon Musk. La notizia, in realtà, è del 2023, ma per quella strana forma di passaggi tipici della rete è ridiventata virale grazie a questa nuova forma d’odio anti-Musk, e soprattutto è una notizia falsa, al secolo fake news. È falsa perché le immagini, che mostrano Musk che abbraccia Catnilla, baciandola in bocca, sono opera di un artista, tale Daniel Marven, che per altro ha dichiarato da subito essere parte di un progetto artistico. Era il periodo in cui c’era Papa Francesco col Parka alla Sfera Ebbasta, o Obama che suonava la chitarra con Putin in un reel, tutte frutto dell’approdo sul pianeta Terra dell’Ai, appunto. Oggi se ne riparla, nella maniera volgare e caciarona dei social, più che altro screenshottando titoli e foto, facendo quindi una sorta di gogna che si basa su illazioni, ma essendo gogna e illazioni su Elon Musk credo che nessuno abbia a dolersene. Resta che non esiste una donna bionica, chiamiamola così, anzi, un robot senziente, in procinto di sostituire donne nel focolare domestico, checché qualche boccalone possa arrivare a pensare gironzolando per i social. Esistessero, o quando esisteranno, sarà presumibilmente qualcosa che inizialmente sarà a appannaggio di gente come Elon Musk, multimiliardari con una visione politica a dir poco imbarazzante, per poi passare alle classi più abbienti, non abbastanza da ambire a dettare l’agenda a Trump ma comunque sufficientemente ricche da poter accedere a un mercato d’élite, e via via, fino a noi comuni mortali, l’idea dello scienziato Hiroshi Ishiguro, l’ingegnere che insegna a Osaka e che se va in giro con un androide del tutto identico a lui che quel tipo di robot in futuro ci solleveranno da tutte quelle rotture di coglioni che oggi ci tengono in gabbia, dal lavoro fisico al dover andare in giro per fare conferenze, è al momento molto fantascientifica, ma anche internet era oggetto di fantascienza neanche quarant’anni fa, mai disperare.
Bene, prendiamo questa non notizia e mettiamola momentaneamente da parte. L’altro giorno ho scritto un pezzo sul nuovo orribile singolo di Tiziano Ferro e Elodie, “Feeling”. Una canzone abbastanza imbarazzante, per banalità della musica e soprattutto superficialità del testo, improbabilissimo applicato a questi due artisti, che ho provato a raccontare, come sempre, parlando a lungo d’altro. Il punto di partenza di quel pezzo era un passaggio della puntata di Tintoria Podcast nella quale Daniele Tinti e Stefano Rapone avevano come ospite Dario Brunori, al secolo Brunori Sas. Nello specifico si trattava di un simpatico siparietto nel quale il cantautore calabrese raccontava di come fosse venuto a conoscenza del suo soffrire di reflusso gastrico dopo aver fatto, quindici anni fa, una visita dal famosissimo foniatra dottor Fussi, una visita specialistica che paragonava - vista l’estrema somiglianza morfologica tra le corde vocali e l’apparato genitale femminile - a una visita ginecologica. Nel pezzo parlavo di un sacco di altre cose, come sempre, tantissime in quel caso specifico, il pezzo constava di circa trentamila caratteri, quasi dodici volte un articolo medio in rete, ma quello era indubbiamente il suo passaggio centrale: le corde vocali molto simili a una figa. Proprio mentre quel pezzo veniva pubblicato, scatenando una bella ridda di commenti sui social, sempre lì, mi arriva un messaggio su WhatsApp da una mia vecchia conoscenza, che ora fa l’ufficio stampa per l’editore Corbaccio. Mi dice che avrebbe piacere di farmi leggere un libro di una singolare autrice spagnola a Milano per BookCity, tale La Rata, autrice di un libro dal titolo “Give It To Me”, dedicato al racconto di donne all’interno della maschilissima storia della musica. Argomento a me molto caro, è noto, evidentemente anche alla mia vecchia conoscenza ora ufficio stampa del Corbaccio. Dopo aver spiegato la mia impossibilità a intervistare La Rata a causa di una mia assenza da Milano nel prossimo weekend, le ho comunque chiesto il libro, che mi è prontamente arrivato ieri. Un libro curioso, anche solo a maneggiarlo. Innanzitutto è quadrato, pesante, visto che è un libro illustrato dalla stessa La Rata, oltre che scrittrice illustratrice, e decisamente molto colorato. Anche la trama, a sfogliarlo velocemente, sembra non seguire una linearità svizzera, e questo, lo avrete notato, è aspetto verso cui provo una certa forma di affetto, come di chi, magari in una landa lontana, trova qualcuno che gli ricorda casa, vuoi per come è vestito, per i lineamenti e i tratti somatici, per come parla. Mi decido, lo leggo subito, nonostante questi siano giorni complicati, non tanto per BookCity, che come ogni anno mi vede distante, anzi totalmente assente, e neanche per la successiva Music Week, che parimenti non mi vedrà partecipe, quanto piuttosto perché sono nel bel mezzo di tutta una serie di attività, non ultima la recente uscita di un mio libro, a tema musica e AI, libro che ovviamente non presenterò né a BookCity né a Music Week, sia mai si esca dal solito circolino di amichetti. Ma siamo qui a parlare d’altro, niente polemiche, per dirla con Niccolò Ammaniti, faccio il Buddha. Toh, al massimo il Buddha delle periferie, o al limite della provincia. Quello al cui mignolo ha dedicato un libro Viktor Pelevin un fottio di anni fa.
Lascio quindi momentaneamente tutti i miei vari impegni, ivi compresa la visione dell’ultima puntata di Penguin, sì, anche vedere serie tv è parte del mio lavoro, mica chi scrive si limita a guardare fuori dalla finestra, David Foster Wallace ce l’ha ben spiegato in “E Unibus Pluram”, e mi decido di dedicare qualche ora alla lettura di “Give It To Me!”, prima ho dimenticato il punto esclamativo, qualche ora pur avendo da tempo io adottato una forma di lettura veloce, vagamente simile a quella che in Criminal Minds aveva il dottor Spencer Reid, pur in assenza della sua genialità, al massimo condividendo con lui qualche patologia mentale. Lo apro, e la prima frase che trovo, l’incipit, dopo un sommario che sembra in qualche modo una mappa del tesoro, non troppo dissimile per altro a quella famosissima di Kathy Acker, A Map of My Dream, è questa: “Canto con la passera”. La frase, cui viene appunto dato il difficile compito di aprire le danze, questo primo capitolo porta il titolo di “Preludio”, è attribuita alla cantante gitana María Jiménez, di cui La Rata parla a seguire. Dire che trovo il tutto entusiasmante è ovviamente superfluo. In realtà, ma credo sia facile comprenderlo anche non avendo ancora letto “Give It To Me!”, testo comunque assolutamente da leggere di La Rata, in realtà María Jiménez non aveva alcuna intenzione di andare a allestire, come me e Brunori Sas prima di me, un parallelo tra le corde vocali, con le quali si parla e di conseguenza di canta, e l’apparato genitale femminile, da lei indicato con passera, da me e Brunori Sas con figa, ma poco cambia, quanto piuttosto quell’attitudine, di vita e quindi di canto, che ti fa affrontare tutto con una certa passione, quasi con erotismo, insomma, senti una che ti dice che canta con la passera e non è che hai bisogno di disegnini per capire, credo. Torniamo al punto di partenza, all’imminente non arrivo di Catnilla, la moglie robot di Elon Musk. Che quella sia una fake news è appurato, bene, ma che si stia lavorando a androidi in grado di fare molte dell’attività dell’uomo risponde al vero, come risponde al vero il fatto che gli sviluppi dell’Ai stanno procedendo a una velocità vertiginosa, al punto che quel che fino a ieri sembrava impensabile oggi è quasi modernariato, la discografia mainstream trema e fa bene a tremare (noi accelerazionisti, invece, tifiamo rivolta e apocalisse, è noto). Ecco, leggendo le storie di disallineamento dal sistema delle tante incredibili protagoniste del libro de La Rata, si passa agevolmente dal jazz al rap, passando per il pop e il rock, fil rouge l’essere donna e libera, oltre che aver in qualche modo contribuito a una piccola rivoluzione culturale, leggendo le storie di disallineamento dal sistema delle tante incredibili protagoniste del libro de La Rata, che parla anche di schiavismo, di movimento afroamericano, di controcultura, insomma, leggetelo, mi vien da pensare che Catnilla o chi per lei potrebbe anche arrivare domani, ma finché ci sarà gente che canta con la figa, o con la passera che dir si voglia, non ci sarà mai il rischio che siano le macchine a papparsi tutta la scena. Ripeto, che l’Ai e gli androidi spazzino via tutta quella musica fatta a tavolino, per altro usando umanamente i medesimi metodi di furto bonario dell’Ai, non si può che esser felici, perché un mercato saturo di quella robaccia non potrà che implodere, sminuzzando i numeri infinitesimalmente, rendendo vacuo il potere di certe consorterie, e Spotify che a suon di algoritmi vuole far guerra all’Ai è quanto di più comico in circolazione. Viva quindi chi canta con la figa, Elon Musk, a prescindere, può andarsene a quel paese.