Non ha fatto in tempo neppure a diventare il nuovo ministro della Cultura della Repubblica Italiana, che Alessandro Giuli deve fare i conti con la prima sfida della sua nuova vita istituzionale. Dal 19 al 21 settembre, infatti, è in calendario il G7 della Cultura in quel di Pompei, terra dell'ormai famosa Maria Rosaria Boccia, ex collaboratrice del dimissionario Gennaro Sangiuliano. Significa che la città campana sarà meta di un incontro di altissimo livello che riunirà, attorno allo stesso tavolo, i ministri della Cultura dei Paesi appartenenti al Gruppo dei Sette. Giuli, in sostanza, avrà un faccia a faccia con i colleghi di Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d'America. Non c'è ancora un programma definitivo del forum, che dovrà essere realizzato – dettagli compresi - proprio dal neo inquilino del Collegio Romano. Il governo Meloni dovrà, allo stesso tempo, dimostrare alle nazioni partner di avere sotto controllo il tema sicurezza, messo alla prova dalla vicenda Boccia-Sangiuliano. Gli occhi del mondo saranno insomma puntati sull'Italia o, meglio ancora, su Giuli. Sul suo profilo, sul modo di porsi, sulle idee ma anche e soprattutto sul suo curriculum. Che, a dire il vero, ha già destato qualche perplessità. In primis perché appare un po' smilzo, e ben più leggero di quello del suo predecessore e di quasi tutti i suoi colleghi del G7.
Le capacità di un politico non dipendono soltanto dal cv e dai titoli accademici: verissimo. Giuli, già finito nel mirino della critica per il un passato di militanza (giovanile) nell'estrema destra italiana, ha però attirato non poche polemiche per esser stato nominato ministro della Cultura senza avere una laurea. L'erede di Sangiuliano, infatti, può vantare una maturità classica conseguita al Liceo Tasso di Roma e il fatto di aver terminato l'intero ciclo di studi presso la facoltà di Lettere dell'Università La Sapienza, sempre nella Capitale, senza però mai essersi laureato. Giuli, non il primo ministro della Cultura senza laurea (vedi: Valeria Fedeli) ha in ogni caso intrapreso la carriera giornalistica bazzicando in varie redazioni. Tra queste: L'Umanità, l'agenzia di stampa Vespina, Il Foglio, Tempi, Rai2 (come curatore e conduttore), Mediaset e Sky, Libero, Il Sole 24 Ore. Ha scritto alcuni libri: “Il passo delle oche. L’identità irrisolta dei postfascisti” (2007); “Venne la magna madre. I riti, il culto e l’azione di Cibele romana” (2012); “Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea” (2024). Il 23 novembre 2022 Sangiuliano lo ha nominato presidente della Fondazione Maxxi. A proposito di Sangiuliano, l'ex ministro – al netto di svariati libri su molteplici temi e collaborazioni giornalistiche – poteva vantarsi di esser stato vice direttore del Tg1 e direttore del Tg2, e di avere una laurea in Giurisprudenza (all’università Federico II di Napoli), oltre che di aver conseguito il Dottorato di ricerca PhD in Diritto ed Economia, sempre all’Università Federico II di Napoli (cum laude e dignità di stampa della tesi), e il master di II livello in Diritto Privato Europeo, alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “la Sapienza”, con 100/100 con lode.
Il cv di Giuli non è, carte alla mano, all'altezza di quello di Sangiuliano. Che dire, invece, dei colleghi internazionali del nuovo ministro italiano? La canadese Pascale St-Onge ha una laurea in studi letterari presso l'Università del Québec a Montréal e un certificato in giornalismo presso l'Università di Montréal. La britannica Lisa Nandy ha studiato politica alla Newcastle University, laureandosi nel 2001, e ottenuto un master in politiche pubbliche presso la Birkbeck, University of London. La francese Rachida Dati un titolo in diritto pubblico, la statunitense Lee Satterfield una laurea in giornalismo presso l'Università della Carolina del Sud. Il giapponese Masahito Moriyama, l'unico uomo insieme a Giuli, ha studiato diritto internazionale e commercio alla Kobe University, per poi conseguire un master in giurisprudenza nel 2011, un dottorato di ricerca in diritto internazionale nel 2013, e un ulteriore dottorato di ricerca in studi aziendali nel 2014. Quello della tedesca Claudia Roth è il profilo più debole tra i presenti, titoli accademici alla mano: la ministra, infatti, non ha una laurea pur avendo studiato teatro presso l'Università Ludwig Maximilian di Monaco. Attenzione però, perché in patria Roth ha una lunghissima carriera politica di alto livello, con ruoli chiave e azioni politiche che l'hanno fatta diventare un simbolo. L'altro non laureato del gruppo risulta essere, appunto, Giuli. Il che non significa che il ministro italiano sia meno abile dei suoi colleghi, ma che, evidentemente, il sistema italiano - Roth sembrerebbe essere un'eccezione - non considera i titoli accademici una conditio sine qua non per esercitare cariche istituzionali di estremo rilievo.