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Alberto Negri a MOW: “Droni in Polonia? Peggio Trump balbuziente, Putin incapace e le minchiate di Vannacci”. Cecilia Sala e il libro sull’Iran? “Non dovrebbe raccontare solo di sé. E il suo compagno Daniele Raineri...”

  • di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

  • Foto: Ansa

11 settembre 2025

Alberto Negri a MOW: “Droni in Polonia? Peggio Trump balbuziente, Putin incapace e le minchiate di Vannacci”. Cecilia Sala e il libro sull’Iran? “Non dovrebbe raccontare solo di sé. E il suo compagno Daniele Raineri...”
Intervista ad Alberto Negri: Trump, Putin e la crisi europea. Dalle minacce militari alla Polonia agli alleati abbandonati dagli Stati Uniti, un’analisi lucida e feroce sul mondo di oggi e sui giornalisti che parlano solo di sé, come Cecilia Sala e il compagno Raineri...

Foto: Ansa

di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

C’è chi parla di geopolitica con i guanti bianchi e poi c’è Alberto Negri, classe 1956, reporter che di guerre ne ha viste abbastanza da sapere che non sono mai pulite. Uno che non si nasconde dietro ai tecnicismi né davanti agli ambasciatori: quando deve dire che Trump è “un ectoplasma”, lo dice. E quando paragona Netanyahu e Putin a due predoni che nello stesso giorno si spartiscono territori e violano il diritto internazionale, lo fa senza chiedere il permesso a nessuno. Lo abbiamo intervistato a proposito dei droni russi sconfinati in Polonia dopo un attacco su Leopoli. Il mondo, nel frattempo si chiede se siamo all’alba di un conflitto Nato-Russia o solo di un altro giro di falsi allarmi. Ma il punto, secondo Negri, è che la superpotenza americana è finita in mano a un irresponsabile che “non saprebbe gestire neanche una drogheria” e che balbetta davanti alle telecamere mentre i suoi alleati vengono bombardati. Intanto, in Europa, ci illudiamo ancora della “guerra zelenskiana”, senza soldi, senza uomini, senza nemmeno un’idea chiara di dove stiamo andando. Negri non risparmia nessuno. Trump, “un pallone gonfiato con i bottoni nucleari in mano”, a Putin, “uno stratega da strapazzo che non è riuscito nemmeno a prendersi Kiev in tre giorni”, fino a Vannacci, liquidato come “un matto che dice cazzate allucinanti”, senza dimenticarsi di raccontarci l’ipocrisia del mondo dello spettacolo, che “si è accorto dell’esistenza dei palestinesi” e del narcisismo imperante tra i nuovi giornalisti e reporter, che più che raccontare il mondo in fiamme, raccontano sé stessi.

alberto negri ansa
Alberto Negri Ansa
dove sono stati abbattuti i droni russi
Ecco dove sono stati abbattuti i droni russi Foto Ansa

Con lo sconfinamento dei droni russi in Polonia siamo all’alba di un conflitto Nato-Russia oppure siamo ai soliti falsi allarmi?

Ma innanzitutto farei una riflessione: che Putin e Netanyahu facciano la stessa cosa nello stesso giorno, cioè violino il territorio e il diritto internazionale, dovrebbe farci pensare. Perché i due ovviamente hanno interessi simili, cioè quello di approfittarsi del territorio degli altri, nell’Ucraina e in Italia, o quello di mangiarsi la Palestina e di far fuori tutti i palestinesi. Ecco perché quello che è accaduto ieri in Qatar ci deve far pensare. Trump ha commesso un grosso errore. Hanno venduto miliardi di dollari di armi all’emiro del Qatar e poi non lo proteggono neppure. Quindi il messaggio che viene mandato da Trump a Gaza, poi al Qatar, poi al Medio Oriente, si riflette ovviamente anche sul fronte europeo orientale. Perché è evidente che senza gli Stati Uniti qui la Nato vale ben poco, soprattutto di fronte alla potenza militare della Russia.

Cosa ci aspetta allora?

Quanto alle decisioni che potrebbero essere prese, saranno simili a quelle già attuate per gli altri paesi dell’Est, cioè investire altri miliardi nella difesa, scavare delle trincee per impedire l’arrivo dei carri armati russi e sperare che magari un giorno Putin si metta d’accordo con Trump. Ma mi sembra evidente che gli europei siano in una situazione assai complicata e difficile. Gli Stati Uniti non danno più armi a Kiev da mesi e vorrebbero che noi europei comprassimo le armi dagli americani per darle a Kiev. Cosa che succede soltanto in parte, perché non ci sono soldi. Ecco perché le consultazioni in seno alla Nato devono prendere atto di quella che è la situazione, cosa che mi sembra da quattro anni gli europei non abbiano fatto: si illudono ancora di vincere la guerra zelenskiana.

Il leader polacco Narowcki
Il leader polacco Narowcki Foto Ansa

Certo, ma se i polacchi facessero un passo avanti, gli Stati Uniti sarebbero in grado di redarguirli e riportarli nei ranghi?

Siamo alle solite, in realtà. Gli Stati Uniti in Polonia hanno delle basi missilistiche e il paese è alleato degli Stati Uniti. Trump, invece si è dimostrato più amico dei nemici che non dei suoi stessi alleati. È da questa ambiguità che dovrebbe tirarsi fuori Trump. Altrimenti gli Stati Uniti perderanno ogni credibilità. Pensate solo cosa possa succedere in Qatar e nella penisola del Golfo se gli Stati Uniti non intervengono a proteggere i loro alleati, che tra l’altro li pagano profumatamente. Si rivolgeranno a Cina, Russia, Iran. Ecco perché la partita che sta giocando Trump è assolutamente incomprensibile. Certo, è anche molto pericolosa: hanno basi militari in Polonia e 10.000 soldati a Doha e poi non servono a nulla a quanto pare.

Cos’è Trump?

Il nulla. Perché è un ectoplasma, signori. La superpotenza mondiale è in mano a un signore che non sa neanche da che parte è girato. Questo è il problema. Il summit che ha avuto con Putin in Alaska è stato abbastanza evidente: è tornato con un buco nell’acqua dopo l’altro.

È anche possibile che Trump avesse interesse che i negoziatori di Hamas venissero uccisi a Doha nell’incontro?

Trump ha ribadito più volte di essere d’accordo con Netanyahu nel decapitare Hamas e la leadership di Hamas. Va bene, però non puoi farlo a casa dell’emiro del Qatar, che è un tuo alleato, dove tu hai 10.000 soldati, e poi balbettare davanti alle telecamere: “questa azione di Israele non mi piace”. Ma come, non la sapevi? Non hai avvertito il Qatar? Scusate, ma questo è il comportamento di uno che non ha nessun senso della responsabilità. Uno che fa ridere, uno che si sta screditando.

Donald Trump
Donald Trump agli US Open 2025 Foto Ansa

Eh sì, e facendo così, Trump, anche Zelensky rischia di avere i minuti contati…

Il primo atto che ha fatto Trump arrivando alla Casa Bianca è stato quello di prendere a schiaffi Zelensky davanti a tutti. Una scena che non si era mai vista. Quello ci doveva suggerire una cosa, ovvero che questo signore probabilmente non ha tutti i venerdì a posto. Perché è un lunatico, dice una cosa e subito dopo ne dice un’altra. Non ha neanche ben presente le conseguenze di quello che dice: lui pensa di essere un grande mediatore, ma in realtà non sarebbe in grado di portare avanti neanche una drogheria con questo sistema qua. Quali saranno le sue mosse? Cosa farà in Medio Oriente? Cosa farà in Europa? Noi non lo sappiamo, perché è imprevedibile anche con se stesso questo signore. Ricordate quell’immagine di Trump che alla Casa Bianca sta davanti alla cartina dell’Ucraina? Gli parlano di Donetsk, di Lugansk, e il suo sguardo è perso nel vuoto. Uno che non ha aperto mai neanche un libro di geografia. Questo mi pare evidente, ragazzi. Questo è il pericolo in cui ci troviamo adesso, oltre al fatto di avere un Putin in questa maniera, un Netanyahu in quest’altra. Questi due si permettono di fare cose che non avrebbero mai fatto in passato. Ma voi potevate pensare che un primo ministro di Israele potesse fare una mossa simile a quella fatta in Qatar? Non era lontanamente immaginabile.

Ma perché Israele si comporta in questo modo?

Perché sa di avere davanti un pallone gonfiato, Trump. E Putin fa lo stesso. Potevate immaginare che dopo il summit di Anchorage, dopo settimane di discorsi su un incontro tra Putin e Zelensky, Putin orchestrasse questa provocazione in Polonia? No, non era immaginabile. Ma lo fa per le stesse considerazioni di Netanyahu: abbiamo di fronte un pallone gonfiato, che però ha in mano i bottoni del nucleare e dovrebbe avere una grande responsabilità su metà del mondo. Questo è il problema, signori: oggi non c’è più nulla di prevedibile, neanche gli analisti di geopolitica riescono a immaginare cosa possa succedere di fronte a una situazione simile.

Putin in videochiamata con gli amici Brics
Putin in videochiamata con gli amici Brics Foto Ansa

E tornando alla Polonia: c’è la possibilità, al di là dell’imprevedibilità, di un coinvolgimento della Bielorussia oppure no?

Io non saprei cosa dirle. A me Lukashenko pare uno che fa fatica a stare in piedi da solo. Ovviamente fa quello che gli dice Putin, ma allo stesso tempo si guarda bene dall’infilarsi in una situazione che coinvolgerebbe un paese di dieci milioni di abitanti. Molto più problematica è la situazione della Moldavia. Lì la partita è decisiva. Lì sì che Putin può puntare a una destabilizzazione, se gli serve. È evidente che possa esserci anche un gioco delle parti, ovvero: Putin crea tensioni che naturalmente agitano l’Unione Europea, la quale si troverà a dover aumentare sempre di più la spesa militare. Ricordate che gli Stati Uniti hanno chiesto di arrivare al 5% del PIL in spesa per la difesa. Quindi Putin spinge gli europei a comprare sempre più armi dagli Stati Uniti. E gli Stati Uniti sono un paese che sta a 10.000 km di distanza. Ma secondo voi a Putin o a Trump importa qualcosa di noi? No. Ce lo hanno detto in faccia, ce l’ha detto Vance quando è andato alla riunione di sicurezza a Monaco. Siamo trattati da Trump e dagli Stati Uniti come qualunque altro. Alleati, sì, forse, sulla carta. Ma in realtà, quando si è trattato di negoziare sui dazi, abbiamo capitolato. A Trump interessa vendere un po’ di armi, portare a casa un po’ di soldi, cercare di diminuire il proprio deficit federale spaventoso. Questi mi sembrano gli scopi di Trump. Non vedo in lui l’uomo stabilizzatore del mondo.

Come lo vede come candidato al Nobel per la pace, dunque?

Se uno vuole vincere il premio Nobel per la pace e intanto trasformare il Pentagono in Ministero della Guerra, ditemi voi quali contraddizioni dentro di sé! Se fossimo in un altro Paese gli avrebbero già dato un Tso, un trattamento sanitario obbligatorio. È uno che dice una cosa, poi ne fa un’altra, e poi un’altra ancora. E voi nuove generazioni avete una buona probabilità di essere spazzate via da un conflitto in mano a questi imbecilli. Bisogna trovare un posto dove scappare dalle radiazioni.

Io pensavo al Cile...

Sì, è abbastanza lontano, non vedo carri armati che scorrazzano per le Ande. A parte le battute, è evidente che siamo di fronte a una leadership statunitense molto preoccupante. Quello che è successo ieri è inqualificabile. Oggi sentivo un mio amico che ha lavorato dieci anni con l’emiro del Qatar: sono infuriati, perché hanno comprato decine di miliardi di armi da Trump nell’ultimo anno e quando serviva protezione non l’hanno avuta. Pazzesco. Guardate che è fuori dal mondo questa situazione. E notate il silenzio dell’Arabia Saudita, lo stato più importante del Golfo: è un silenzio significativo. Ricordate che nel 2019 bombardarono le raffinerie e gli Stati Uniti non intervennero.

A proposito di quello che dovremmo fare noi: durante il meeting in Alaska, a distanza di pochi giorni, in Italia è stato arrestato l’ucraino che avrebbe fatto saltare il Nord Stream. Magari un segnale in codice mandato dall’Italia alla Russia?

Non so cosa farà l’Italia. Governata da Meloni, mi pare una barchetta in mezzo al mare che naviga a vista. Ma non avete visto il ricatto dei libici con il caso Al-Masri? Se non riusciamo a gestire la Libia, dovremmo riuscire a gestire il resto? Nei confronti di Israele non prendiamo nessun provvedimento, semplicemente perché Israele comanda a Roma. Abbiamo dato in mano le chiavi della cybersecurity e della nostra sicurezza nazionale nel 2023. Stiamo comprando 700 milioni di dollari di armi da Israele. Questo la dice lunga sulla totale mancanza di sovranità nel nostro Paese. Il caso dell’ucraino arrestato a Rimini: vogliamo fare una previsione? Un giorno lo metteranno ai domiciliari, il giorno dopo magari non lo troveremo più. Vi ricordate il caso del russo a Milano?

Certo, Artem Uss, e chi l’ha visto più

Stessa roba. Il nostro è un Paese non conta nulla. Mi viene da ridere quando si dice: “proteggeremo la flottiglia”. Ma chi ha dato 200 milioni di euro di finanziamenti a Israele col programma Horizon? La stessa persona è andata pure l’altro giorno, qualche settimana fa, a incontrare quella stessa lobby israeliana. Siamo vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro. Noi italiani facciamo finta di avere una politica estera. In realtà abbiamo difficoltà enormi, aggravate anche da personaggi deliranti come Vannacci, che pochi giorni fa diceva cazzate allucinanti. Io sono amico del generale Bartolini, che è stato capo del nono col Moschin, forze speciali. Ci sono stato insieme in Somalia e in altri posti. Uno con opinioni rispettabili. Questo invece è matto. Ma lo sapete che il Comsubin non trova manco le reclute? Erano 60 una volta, ogni anno, per un corso di un anno al Tiro a Segno della Spezia. Adesso si presentano in 20 o 30, la metà. Noi non abbiamo più uomini: questo è un Paese di vecchi. Quando cade una gru e muore un operaio di 69 anni vuol dire che non ci sono più giovani. Il nostro Paese è avviato verso un lento, troppo lento declino demografico. E se andate a vedere i dati dei paesi dell’Est europeo, vedrete che la Bulgaria è già sotto i 10 milioni di abitanti. La stessa Russia ha 145 milioni di abitanti, che dovrebbero partire dal confine dell’Ucraina e arrivare fino a Vladivostok. Secondo lei, ma dove li trova più Putin i soldati? Anche la Polonia, la Lituania e tutti questi Paesi qui sono in crisi demografica. Questo conflitto europeo a Est è combattuto dai vecchi. L’Ucraina, quanti abitanti avrà adesso? Dicono 32, forse 30, non si sa. Ne aveva 20 di più, sette-otto anni fa… dove vanno? Dove vanno tutti? Mancano gli uomini. Forse è l’unico buon motivo per sperare che non ci sia un’altra guerra.

generale vannacci lega
Vannacci con la tessera della Lega Foto Ansa

Eh appunto…

Tutti gli effettivi delle forze armate britanniche sono 90.000 uomini. Stanno comodamente seduti nello stadio di Wembley. Questa è la realtà. Io non mi faccio opinioni come quei commentatori che vediamo in televisione, che non sanno neanche cos’è la guerra. Io mi baso sui fatti. Ma io vedo gente che discetta di conflitti senza averne mai visto uno, gente che magari non ha fatto nemmeno il servizio militare.

A proposito, lei per caso ha dato un’occhiata al libro di Cecilia Sala, quello sull’Iran?

Io in Iran ci sono stato credo una trentina di volte nella mia vita, la prima nell’80, quando c’era la guerra Iran-Iraq. Secondo lei ho tempo da perdere? Guardi… non mi metto a stroncare nessuno. Anzi, auguro la vita migliore possibile e i migliori successi. E se poi, come me, uno arriva alla mia età dopo averla scampata, complimenti! Perché vede, una delle cose più difficili nelle guerre è tornare indietro. Tornare vivi è la cosa più difficile.

Forse il fatto che lei fosse fidanzata con un giornalista con posizioni molto vicine ad Israele può aver influito sul rapimento in Iran…

Forse lavorava per i suoi amici… ma a me non interessa. Quando fai il giornalista non vai in giro per raccontare te stesso. Quando ero inviato per il Sole24Ore, avevo una missione: raccontare le storie degli altri, non la mia, o la tua. La tua storia, di fronte al palcoscenico della Storia e delle tragedie che si svolgono davanti ai nostri occhi, non è importante. Tu sei un giornalista: devi raccontare la storia degli altri. Non interessa chi sei, chi non sei, dove sei nato, chi sono tua madre e tuo padre. Quando il giornalista finisce per raccontare se stesso, allora o ha fatto qualche errore, o è stato sfortunato. Io non sono andato in Afghanistan mille volte per raccontare la mia storia. Posso raccontare le mie impressioni, certo, ma quella è un altro discorso. Quello che conta sono i fatti, le interviste, le citazioni dei personaggi. La mia storia, a chi cazzo interessa? Perché non è la tua faccia che devo vedere, ma le immagini dei luoghi, della gente che lì ci sopravvive. Chi come me ha lavorato con i grandi di questo mestiere, con Butturini, con Montanelli, con Biagi, con Mo, con Bettiza, lo sa dall’inizio. Invece ormai il pezzo del giornalista è un pezzo in prima persona. Ma per fare un pezzo in prima persona, amore mio, devi avere trent’anni di mestiere alle spalle e devi raccontarmi almeno trenta-quarant’anni di storia vissuta. “Ah, un giorno mi hanno preso i servizi turchi, un’altra volta mi hanno massacrato gli arabi…” E a chi interessa? Nessuno. Oggi invece il racconto in prima persona è diventato la regola. 

Cecilia Sala ospite da Fabio Fazio
Cecilia Sala ospite da Fabio Fazio Foto Ansa

Bisogna capitalizzare su qualsiasi cosa, anche le disgrazie altrui…

E guardi cosa è successo con la Palestina. Improvvisamente, il mondo dello spettacolo si è accorto che esistono i palestinesi. Fin al 7 ottobre son rimasti zitti. Anzi, se qualcuno diceva qualcosa lo emarginavano pure. Perché? Perché l’80% dell’opinione pubblica italiana è contro gli israeliani e favorevole ai palestinesi di Gaza. E il pubblico ha fatto sentire la sua voce. E allora attori, registi, gente del cinema, pur di non perdere pubblico, improvvisamente si sono accorti che c’è un genocidio in corso. Complimenti! Gli italiani sono molto conformisti. Devo dire che questa volta la società civile è stata meglio dei politici e meglio degli artisti. Ha sentito un pittore dire qualcosa? Un cantante? A parte quei quattro del cinema costretti a fare dichiarazioni per finire sui giornali? No. E infatti nessuno dice nulla. O quando parlano, dicono stronzate. Tutta questa gente sta zitta da anni. Adesso fanno finta di muoversi perché devono far vedere che sono vivi, per far andare avanti lo spettacolo. Ma non li ha sentiti gli artisti dire qualcosa di serio? No.

E come mai?

Perché il mondo dell’arte e della cultura è dominato dalle lobby. Anche l’ultimo film di Sorrentino è stato distribuito da Mubi, che è legato a Israele e persino alle forze armate israeliane. Anche altri film lo sono stati. Ma su queste cose non sentirà mai parlare un grande artista. Perché il mercato dell’arte è dominato da interessi enormi. E sa qual è la verità? Che la lotta di classe non è più fra ricchi e poveri. È fra ricchi e ricchi. Perché quelli che avrebbero dovuto guidare la lotta di classe erano già diventati troppo ricchi. Io sono vecchio abbastanza per ricordarmi cosa facevano tutti questi quando ero ragazzo negli anni ’70. Quelli di Potere Operaio, di Lotta Continua… oggi sono miliardari. Paolo Mieli, lo conosco da quando avevo 12 anni. Era capo di Potere Operaio, occupava i licei a Roma con Scalzone. Oggi è miliardario. E questi avrebbero dovuto guidare la lotta di classe? Contro i loro interessi? Il buonsenso contadino, e avrebbe dovuto guidare di più gli italiani per accorgersi di quello che stava succedendo. E invece no. E oggi ci ritroviamo davanti agli occhi quello che è successo. Si ricorda come hanno leccato il culo a Trump quando è stato eletto? Tutti: Giannini, Porro, compagnia bella. Tutta gente che lavora per il potere, che guadagna decine di migliaia di euro al mese. E oggi gli stessi lo leccano ancora.

Trump ieri balbettava davanti alle telecamere…

Ha fatto dei tweet dicendo “l’avevo detto a Witcoff ma non ha fatto in tempo ad avvertire l’emiro”. Ma vaffanculo! Il pubblico, la stampa, tutti a quel punto avrebbero dovuto sollevare un enorme vaffanculo. Questo non è un grande statista, questo è uno che balbetta. E voi pensate che uno così possa guidare una superpotenza nucleare? Ma siamo seri. Io l’ho visto ieri: uno che si arrampica sugli specchi perché non sa cosa sta facendo, né dove sta andando. E attenzione: Putin non è certo un genio. Anzi, Putin è un disastro. Io lo scrivevo già nel 2009-2010, nell’introduzione a un mio libro sull’Iran: la Russia avrebbe cercato di riconquistare almeno una parte dei territori persi con la caduta dell’Unione Sovietica. Era evidente. Ma non ci è riuscito. Ha perso persino la Siria. L’Ucraina? Doveva conquistare Kiev in tre giorni, prendere Zelensky per le orecchie e portarselo via. E invece, dopo tre anni e mezzo, siamo ancora qui. Io stesso, il 24 febbraio 2022, ero con un uomo dei servizi russi. Gli chiesi: “Arriverete a Kiev?” Lui mi rispose: “Per Putin è un boccone troppo grosso”.

E infatti lo è stato. 

Pensava di chiudere tutto in una settimana, e invece siamo ancora qui. Questo vi sembra un grande stratega? A me no. Ha perso la Siria, rischia di perdere anche un pezzo di Libia, e intanto si è consegnato nelle mani dei cinesi. Questo è Putin. Altro che grande stratega: uno che si arrabatta, come tutti gli altri.

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