“Caro Aldo, sono molto dispiaciuta per quel povero ragazzo ucciso per aver difeso il proprio monopattino. Arrivare nel nostro Paese per cercare una vita migliore e trovare la morte”. Ancora: “L'ergastolo a Pio Valda che ha ucciso un giovane per una scarpa sporcata e la giusta pena, ma quando vedo una vita spezzata resto con l'amaro in bocca (…) i giovani non devono crescere con mentalità mafiose e criminali pensando che sia la cosa giusta”. Queste le due riflessioni che due lettori hanno inviato ad Aldo Cazzullo. Il noto giornalista risponde sul Corriere volgendo lo sguardo alle due storie di violenza che, pur diverse, finiscono per intrecciarsi in un’unica riflessione amara sul nostro tempo. “Da molto tempo una storia di cronaca non mi commuoveva fino alle lacrime”, scrive Cazzullo, parlando di Ange Jordan, il diciannovenne arrivato dal Camerun per cercare un futuro diverso e migliore in Italia.
“Era un bravo ragazzo, lo dicevano tutti nel centro di accoglienza dove viveva”. Si era recato al bar della stazione di Tortona per consegnare un curriculum, con la speranza di trovare un lavoro. Si era spostato con il suo monopattino, l’unico bene che possedeva, lo stesso per cui è stato ammazzato. “Qualcuno ha tentato di rubarglielo, e siccome quel monopattino era tutto per lui, Ange ha cercato di difenderlo”, racconta il giornalista. Quel tentativo gli è costato la vita: “L’hanno ammazzato con una coltellata, e poco importa se probabilmente è stato un altro straniero a ucciderlo; l’Italia non ha saputo difenderlo”. Non si tratta di una periferia degradata o di un angolo dimenticato del Paese, ma di Tortona, un’antica città romana, a poca distanza da Milano e Genova. Un luogo, ancora un altro verrebbe da dire, che si macchia di sangue e dolore. Quasi in parallelo, nella stessa giornata, è arrivata la sentenza di ergastolo per Francesco Pio Valda, il ragazzo che nel 2023, a Napoli, uccise un coetaneo per una scarpa pestata. “Una storia incredibile, che ci rivela almeno tre cose”, riflette Cazzullo. La prima è “la ferocia umana, che c’è sempre stata”. La seconda è “la stupidità del male: una vita in carcere per una scarpa pestata, e oltretutto l’assassino non ha ucciso il ‘colpevole’, ma un altro ragazzo, un diciottenne che non c’entrava nulla”. La terza è forse la più inquietante: il senso di impunità che sembra permeare la società italiana. “Viviamo in un Paese in cui un balordo alla stazione di Tortona o un giovane malavitoso a Napoli pensano di poter uccidere per futili motivi, senza che accada loro nulla, senza dover affrontare conseguenze”, leggiamo sul Corriere e poi quella domanda. Faticosa e a cui cerchiamo di trovare, travolti, una risposta. Cosa sta diventando l’Italia?