Questa mattina si torna in aula in Corte d’Assise a Milano per il processo a carico di Alessandro Impagnatiello che ormai quasi un anno fa ha massacrato a colpi di coltello la sua fidanzata Giulia Tramontano, che portava in grembo da sette mesi loro figlio Thiago. Da quel che è emerso ieri, Alessandro sarebbe piantonato a vista perché c’è il rischio che la faccia finita. L’assassino di Giulia Tramontano ha infatti dichiarato che ogni notte spera di non risvegliarsi la mattina seguente. È vero? Certamente questa prospettiva può essere credibile, ma non come la si vuole pensare. Nessun rimorso. Nessuna remora nei confronti della compagna e del figlio Thiago che portava in grembo. Quel timore, quella voglia di non risvegliarsi la mattina dopo deriva dalla piena consapevolezza di dover trascorrere in carcere gran parte della sua vita. Dunque, allo stesso modo di Filippo Turetta, quelle lacrime sono solamente autoreferenziali. Oltre che di coccodrillo. Anche Giulia Cecchettin ha condiviso il triste destino di Giulia Tramontano. Le due giovani poco più che ventenni purtroppo non hanno condiviso solamente il nome. Ma anche il loro carnefici. Filippo Turetta ha dichiarato di averla uccisa perché l’amava troppo. Ma nessuno tipo di amore, degno di qualificarsi come tale, può affermarsi attraverso la violenza.
Così come non era amore quello che spingeva Alessandra Impagnatiello a somministrare goccia dopo goccia veleno per topi alla sua compagna. L’ex barman dell’Armani ha più volte dichiarato di essersi innamorato della collega. Un amore folle, che lo aveva addirittura spinto a falsificare il test del dna per dimostrare che il figlio che Giulia Tramontano portava in grembo non era suo. Così, giorno dopo giorno, il suo castello di bugie si è infranto su se stesso. Mentre faceva promesse da marinaio all’altra donna, festeggiava con parenti amici la scoperta del sesso del nascituro. Un dettaglio che nessuno ha sottolineato. Nel video sul gender reveal, dunque nel momento della scoperta che il bambino sarebbe stato un maschio, Alessandro abbracciato tutti, ma non la sua Giulia. Il rischio di un suicidio in carcere dell’ex barman è stato escluso anche in carcere. E non c’è da stupirsi. Non c’è da stupirsi perché, come da copione, continua la recita del narcisista patologico. Quella maschera, di cui si parla anche tra noi addetti ai lavori. Svalutante. Sprezzante. Incostante. La sindrome di Calimero. Una condizione vittimistica che Impagnatiello proprio non vuole mollare neppure adesso. Convinto che, tra un lamento e l’altro, forse, gli verra riconosciuta l’infermità. Anche solo parziale. Non sarà così. Perché il giovane ha lucidamente calcolato tutto. Per mesi e mesi ha tentato di avvelenare Giulia e suo figlio. Non quello di un altro. Ma il suo. Meriterebbe di uscire dal gabbio come accade negli Stati Uniti quando si prende l’ergastolo. Vale a dire nella bara di zinco. Un vero fine pena mai. Quel che spero venga comminato ad Alessandro Impagnatiello.