C’è un difetto nel disegno di legge sulla cosiddetta Autonomia Differenziata che consentirebbe alle regioni di trattenere parte del gettito fiscale prodotto nel proprio territorio. E il difetto è che questa Autonomia debba in qualche maniera essere “concordata”, le regioni dovrebbero farne richiesta, e poi dovrebbe esserci un iter da seguire, mentre in Sicilia, ad esempio, e parlo da siciliano residente in Sicilia, dovrebbe essere resa obbligatoria a frustate. Non potrebbe che crearsi un circolo virtuoso, perché circolo vizioso più vizioso di come è adesso, fidatevi, non è possibile. Non è una questione di oggi e non è da oggi che vado scrivendolo. Un esempio? Era il 2011 quando Giulio Tremonti disse, cito a memoria: “Per la Sicilia sono stati stanziati 11 miliardi di euro dall’Europa. Ne hanno speso solo uno, cioè il 9 per cento”. Certo, ci sono tante spiegazioni: incapacità dei funzionari e dei burocrati messi lì per raccomandazione e che non sanno fare la famosa “o” col bicchiere. Anzi, nel cortocircuito in cui la Sicilia vive perennemente, a funzionari e burocrati si dà spesso la colpa di non sapere scrivere i bandi. Ma io sono siciliano, vivo qui, e sono malizioso. Nessuno, ma proprio nessuno ha interesse a riversare sulla Sicilia i soldi che potrebbero arrivare, perché in Sicilia la povertà, la fame, creano clientela. Perché rendere ricco qualcuno se poi quello, vivendo dignitosamente, non puoi comprarlo per il voto con l’equivalente di un grammo di cocaina (unica vera economia siciliana) o con un contratto trimestrale per decespugliare? Per questo l’Autonomia Differenziata sarebbe un bene. Tu, Regione, vuoi i fondi? Bene: fai arricchire i siciliani, promuovi davvero l’economia, investi bene, più ricchezza più tasse. Altrimenti, cari politici, non ce n’è per nessuno.
Ricordatevi anche che la Sicilia sarebbe già una Regione a Staturo Speciale, e che avrebbe già, di suo, larga autonomia nella spesa pubblica. Come gestisce la spesa pubblica? A minchia. Tanto, al limite (e il limite c’è sempre) c’è Roma che ci pensa, con le tasse pagate dalle altre regioni. Ma quale concordare e concordare. Scommettiamo che la Sicilia non vorrà concordare un bel niente? Volete sapere qual è la carriera politica standard per un siciliano? Affamare, clientelare, arrivare a Roma. Certo, ci sono le eccezioni. Ma di certo non bastano le eccezioni in questa terra disgraziata dove, ad essere affamati, dovrebbero essere i politici. Avete presente la “Shock Economy” descritta da Naomi Klein? Dice più o meno (nasce dalla scuola di Chicago): dopo un disastro naturale le persone si rimboccano le maniche perché non c’è nient’altro da fare. Che sarebbe anche ovvio e perfido (parliamo di liberismo estremo) ma che la Sicilia si merita. Solo che questa economia del disastro, al posto che sulla testa della povera gente, dovrebbe arrivare dritta dritta sulla testa dei politici, che disastri ne fanno ma non ne conoscono. I politici siciliani vanno affamati, vanno portati alla soglia della povertà, dove qui viviamo in tanti, e poi bisognerebbe dirgli: “Vuoi i soldi? Ti vuoi aumentare lo stipendio? (l’anno scorso se l’erano aumentato di 890 euro al mese. Poi hanno dovuto fare marcia indietro), bene, aumenta gli introiti fiscali, rimboccati le maniche e vedi cosa puoi fare per la gente che ti ha votato non per vantarti al bar ma per cercare di campare meglio”. Forse così si fermerebbe la cosiddetta fuga dei cervelli (ma anche gli idioti fuggono altrove, anzi, spesso gli idioti hanno anche fortuna), forse così non si spaccherebbero famiglie, perché anche se con l’aereo e con il trolley dei cinesi al posto del treno e della valigia di cartone, qui l’emigrazione non è mai finita. Un altro esempio: perché non esiste un centro di ricerca sull’energia solare in Sicilia? Dove volete sperimentare e ricercare in Lombardia? Non ci sono soldi. Bene: createli. Amentate la crescita aumenterete le entrate. No, qui l’economia gira intorno alle “cumacca” che in siciliano vuol dire gruppetti di amici che si fanno favori a vicenda e che, guarda caso, viene dallo spagnolo “comarca” che significa “regione”. O, come si dice ancora qui “am’arriri tutti rui”, “dobbiamo ridere tutti e due”, io ti faccio un favore e cosa c’è per me? Dice: accade dappertutto. Ma in Sicilia è più o meno la regola.
Adesso dicono che le casse siciliane sono un po’ risanate, che la regione è in crescita, che l’Autonomia Differenziata converrà anche alla Sicilia. Che è il ragionamento della Destra contro le Sinistre (te le raccomando, soprattutto in Sicilia, mentre scrivo hanno messo ai domiciliari un deputato regionale del partito democratico, Dario Safina, con l’accusa di avere pilotato un appalto per l’illuminazione pubblica) alle quali questa legge sembra uno scandalo che porterà povertà in Sicilia. Sì? Dice che gli ospedali al Sud poi non saranno belli e buoni come quelli del Nord. Sì? Che la Sicilia sia una delle regioni che spende di più per la sanità non lo avete messo in conto? Ci sarà qualche inghippo da qualche parte. E se c’è l’inghippo mi pare che sia proprio in Sicilia, perché qui, come da tutte le parti, il pesce “fete” (puzza) dalla testa. Poi, sì, ci sono le questioni pratiche, di programmazione per l’agricoltura con il clima impazzito, le stagioni estive che qui durano fino a novembre, ma sono cose di poco conto quando quello che importa sono “issoddi” (lo chiamiamo così, in Sicilia, la spesa pubblica, i soldi, anche se “issoddi”, guarda caso, vuol dire anche “chi non vuol sentire”). Ve lo chiedo da siciliano. Se potete. Togliete le cose da concordare, le concertazioni, gli aggiustamenti, gli equilibri. Per favore: affamateci i politici! Vedrete come finalmente la Sicilia risorgerà. Altro che minchia e minchia di Risorgimento.