Andrea Purgatori, il più grande di tutti, avrebbe potuto salvarsi. Tutto sarebbe potuto andare diversamente. Questa la conclusione della perizia dopo che l’autopsia svolta sul corpo del giornalista, morto a settant’anni il 19 luglio scorso, aveva dimostrato l’assenza di metastasi al cervello. Non è stato quindi un tumore a provocarne il decesso, ma un'endocardite (infezione delle valvole cardiache) curabile con un semplice antibiotico. I medici che lo avevano in cura non hanno compreso quale patologia lo avesse colpito: queste le conclusioni dei medici legali che hanno firmato la perizia ordinata dal procuratore Sergio Colaiocco e dal pm Giorgio Orano, che stanno indagando sulla morte di Andrea Purgatori, in seguito all'esposto presentato dalla famiglia. Ad ora sono quattro i medici ad essere stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo.
Ma facciamo un passo indietro. Purgatori, paziente oncologico, aveva un tumore ai polmoni. Da cui l’errore nell’accertare la presenza di metastasi al cervello diagnosticata l’8 maggio 2023 dal professor Gualdi (indagato assieme al collaboratore Claudio Di Biasi, alla dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e Guido Laudani). Errore emerso anche dagli esami istologici: ad averlo colpito era stata una un'ischemia. La diagnosi, errata, l’aveva portato a sottoporsi a una pesante radioterapia, dagli effetti collaterali evidenti, per diverse settimane. Ma il fatto più importante è quello che avviene il mese successivo, giugno 2023, nella clinica privata Villa Margherita di Roma dove il cardiologo Guido Laudani, come si legge nella perizia pubblicata dal Corriere, non si rende conto dei campanelli d’allarme: “Ma ometteva la prescrizione di accertamenti clinici, laboratoristici e strumentali finalizzati alla diagnosi di endocardite infettiva. Tali omissioni risultano a nostro avviso ascrivibili a imperizia e non rispondenti alle buone pratiche cliniche”. Poi un’altro errore, la diagnosi di un’embolia conseguente a una fibrillazione atriale: “Sulla base dei dati clinici, radiologici e della terapia impostata era opportuno valutare altre ipotesi diagnostiche. Sarebbe stato certamente opportuno eseguire un set di emocolture e richiedere una consulenza infettivologica. Gli accertamenti indicati avrebbero potuto intercettare il patogeno responsabile degli eventi febbrili e dell’endocardite infettiva con successiva richiesta di trasferimento in altra struttura”.
Andrea Purgatori viene poi sottoposto a degli accertamenti al Policlinico Umberto I, dove i medici gli diagnosticano subito (con gli stessi elementi a disposizione) un’endocardite batterica. La soluzione, finalmente. Ma ormai era troppo tardi. Una terapia antibiotica somministrata in tempo avrebbe potuto salvargli, o quantomeno allungargli, la vita. Ma è andata diversamente. La Procura di Roma, in attesa dell’esito dell’incidente probatorio, sta portando avanti le indagini. Alessandro Gentiloni Silveri, il legale che assiste la famiglia di Purgatori, ha commentato così i risultati della perizia: “Per adesso è stata confermata l’ipotesi contenuta nella querela, ovvero che la diagnosi di estese metastasi cerebrali fosse errata, e a causa di questa inesatta valutazione non è stato curato per la vera patologia che l’aveva colpito”.
Un errore medico dietro l’altro che hanno tolto al mondo del giornalismo uno dei suoi pezzi più importanti. Lui, che in questo lavoro era il più grande di tutti, ma che non ha mai fatto il grande con nessuno. Ciao Andrea.