Gustav Thoeni ha fatto la storia dello sci italiano. Con le vittorie della sua squadra, la famosa Valanga Azzurra, nel gennaio del 1974, ha trasformato lo sci da disciplina elitaria in uno sport nazional-popolare. Il 7 gennaio del 1974, cinquant'anni fa, nello slalom gigante di Berchstegaden, cinque italiani si classificarono nei primi cinque posti. Un trionfo sportivo, al quale seguì un nuovo amore per uno sport che fino ad allora era stato di nicchia. Oggi lo sci ha seguito la traiettoria degli altri sport di massa, con tutte le conseguenze negative che ne derivano. La spettacolarizzaione porta sempre con sé la gestione manageriale, e come per quanto è avvenuto nel mondo del calcio, quando iniziano a girare i soldi veri, capita che poi che i valori della pratica sportiva in sè passino in secondo piano. Quindi: inasprimento dei ritmi, gare a distanza ravvicinata, infortuni, ma non solo. Perché lo sci non è come il calcio, e richiede anche un campo specifico, la montagna, e il riscaldamento globale di certo non aiuta. Per questo motivo, un centinaio di sciatori, tra cui Federica Brignone, Aleksander Aamodt Kilde e Mikaela Shiffrin, hanno sottoscritto una lettera alla federazione internazionale, la Fis, per chiedere un ripensamento generale sull'organizzazione dei campionati. I troppi spostamenti degli sciatori provocano emissioni nocive all'ambiente, e il riscaldamento globale impatta sulle condizioni delle piste da sci, le quali richiedono a loro volta interventi che impattano sull'ambiente e sul paesaggio. Un circolo vizioso, che gli sciatori stessi chiedono di interrompere. Abbiamo chiesto un parere a Gustav Thoeni, che oggi ha 73 anni, per vedere come sia cambiato il mondo dello sci, e ci ha raccontato che qualcuno dei problemi attuali ha origini un po' più lontane nel tempo.
In apertura della stagione, a Cervinia, sono state diffuse queste fotografie delle ruspe che tritavano il ghiacciaio per preparare le piste, facendo cominciare il tutto tra le polemiche. Lei cosa ne pensa?
Io conosco un po' la montagna, e soprattutto a quelle quote, di oltre 3.000 metri, è già un grosso rischio quello di fare una gara nel mese di novembre, perché il tempo non è favorevole, e difficilmente si riesce a concludere qualcosa, tra vento e tempeste. Poi, certo, per fare una gara bisogna preparare le piste, quello lo stanno facendo un po' ovunque. Il punto è che a novembre, a quasi 4.000 metri, è un rischio a prescindere.
In effetti proprio una delle richieste del centinaio di sciatori che hanno scritto una lettera alla FIS, era quella di spostare le gare almeno da fine novembre fino a metà aprile. Le sembra una cosa ragionevole?
Di solito si scia in primavera tutto marzo, anche fino a metà aprile Il tempo di solito è migliore, è più sicuro, si possono fare anche bellissime gare. Ma il tempo è sempre la lotteria, ovunque, anche in basso. La Coppa del Mondo era nata un po' con quella filosofia di arrivare fino a metà marzo, prima che inizino le gare di ciclismo, l'automobilismo e tutto il resto.
Sì, c'è il rischio che il cambiamento climatico vada a spostare un po' tutto, insomma.
Sì, certo, ma poi hanno cambiato un po' tutto. Sono andati a fare le prime gare in America, ma quest'anno sono stati anche sfortunati, perché di solito in Canada, o a Beaver Creek, le gare si fanno sempre regolarmente, senza alcun problema.
Sì, sono più preoccupanti magari dal punto di vista climatico. Ho letto che è stata cancellata una gara a Chamonix per il caldo, quello forse fa più strano.
Più strano, sì. Quest'anno ho visto che anche qui da noi, a gennaio, intorno ai millecinque si è messo a piovere. Di solito da noi la neve arriva a fine novembre, dicembre, ed è sempre rimasta fino a metà marzo. Quest'anno ne abbiamo ancora tantissima, e siamo a fine marzo.
Nella lettera gli sciatori insistono anche sui danni all'ambiente provocati dai continui spostamenti provocati dall’organizzazione del calendario. C'è una gara ad Aspen e una a Beaver Creek, quaranta chilometri di distanza, che sono messe lontane in calendario, quando basterebbe metterle vicine per provocare un po' meno danni all'ambiente, tra emissioni di carbonio e tutto il resto.
Sicuramente quest'anno sono andati avanti e indietro tantissimo. Quando correvo io, cinquant'anni fa, ma anche nel periodo in cui ero con Alberto Tomba, negli anni Ottanta, chiedevamo già di cercare di fare meno chilometri, ottimizzando gli spostamenti. Si tratta di un problema già presente negli anni Settanta, e che ora forse è peggiorato. Ci sono richieste su richieste, da parte di tutte le nazioni, dalla Cina all'Italia.
Ci sono quindi motivazioni economiche, più che altro.
Sì, tutti vogliono fare queste gare, perciò non è facile fare un calendario. Poi alla fine le gare diventano tante, come quest'anno, nel terzo periodo di gennaio. C'erano un sacco di gare, una dietro l'altra, e per i ragazzi è diventato abbastanza faticoso.
Rispetto ai tempi in cui lei sciava?
Allora c'erano molte meno gare, rispetto ad ora. Poi adesso, con le combinate, il numero è aumentato ulteriormente.
Ma c'è anche il rischio poi che i risultati delle gare vengano falsati dalle condizioni della pista?
No, in quel senso adesso stanno molto attenti, per quello che ho visto, le piste quasi sempre sono molto a posto. Può capitare ogni tanto, ma di solito le piste sono molto buone. Quando il miglior tempo parte per il trentesimo, le piste sono spesso ancora molto buone. Una volta era molto diverso. Parlo di 50 anni fa, ma anche nel periodo di Alberto Tomba le piste non erano ancora ben preparate nella maniera in cui lo sono adesso.
Come vede lo sci oggi? Chi è il migliore?
Il migliore che abbiamo visto quest'anno, non è difficile dirlo, è Marco Odermatt. Al momento è come lo era una volta Stenmark.
Per quanto riguarda la storia delle Olimpiadi a Cortina?
Per quanto riguarda le gare, le piste sono già state fatte da tantissimi anni, in quel senso non vedo grossi problemi. Sulla famosa pista di Bob, invece, che devono ancora cominciare, non saprei. È una decisione un po' particolare, l'Italia vuole realizzare le gare in patria, ma è vero che ci sarebbero delle piste già a posto, per esempio a Innsbruck, anche se completamente fuori mano. La decisione spetterà al comitato olimpico.
Sì, poi anche sulle Olimpiadi c'è stata qualche polemica sull'ambiente, 500 larici abbattuti, e non hanno seguito l'iter paesaggistico.
Sì, ho visto, diciamo che i larici quelli ricrescono di nuovo. Non lo vedo come un problema così grande. Piuttosto, c’è da sperare almeno che la pista venga utilizzata anche dopo le gare, e che non faccia la fine degli impianti costruiti al Sestriere, a Cesana, che poi sono rimasti lì, abbandonati. Se uno interviene sull'ambiente, almeno che serva a qualcosa.
Hanno realizzato un documentario sulla valanga azzurra.
Sì, è ancora in sviluppo, lo stanno ultimando, realizzando il montaggio. Mi hanno fatto diverse interviste.
C'era stata un po' di polemica, perché la Fisi non vi aveva ricordati, nell’anniversario.
Era un periodo anche difficile, in piena stagione, con tutte le gare in svolgimento. Lo posso anche capire.
Lei come organizzerebbe il campionato del mondo?
Il campionato del mondo? Non lo so, io non lo organizzo più. È diventata una cosa molto grande, soprattutto per le olimpiadi. È diventata una cosa grandissima, con tutte le varie gare che ci sono. Si giocano molte più gare di quando partecipavo io.
C'è da dire anche che Joan Eliasch, il responsabile del Fis, è un manager, però non sarebbe meglio mettere qualche esperto di sci, qualche ex sciatore professionista, a dirigere questo tipo di organizzazioni internazionali?
In un certo senso forse sì, però dopo non so chi riesca davvero a entrare in quel giro lì. Poi, organizzare una cosa che sia giusta per tutti, quello è sempre molto difficile.
E lei va ancora a sciare?
Sì, ancora un pochettino. Un po' con i figli, un po' con i nipoti.