Il caos di questi in giorni in Brasile non è un evento ingiustificato e fuori dalla storia del Brasile degli ultimi anni. L’aumento della violenza e l’impronta sempre più estremista delle fazioni politiche sembra aver portato a quanto avvenuto domenica scorsa, con l’assalto ai tre palazzi di potere a Brasilia. Per ricostruire la vicenda i giornalisti Rai Veronica Fernandes e Giammarco Sicuro hanno pensato a una diretta su Instagram con Emiliano Guanella, che da dieci anni vive in Brasile e scrive per La Stampa e Rainews. Guanella vive in America Latina dal 1999 ed è analista politico e commentatore anche per l’ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale in Italia.
Per tentare di comprendere come si sia arrivati all’assalto dei manifestanti a Brasilia, Guanella ricorda gli ultimi anni vissuti dal Brasile, dalla prima vittoria di Bolsonaro fino a oggi: «Quattro anni fa Bolsonaro ha vinto grazie alla destra estrema filomilitare (una piccola minoranza che ancora vorrebbe la dittatura militare); all’apparato evangelico pentecostale grazie alla rete dei pastori e al lavaggio del cervello che, senza generalizzare, c’è stato; al mondo dell’agrobusiness che vede nella devastazione dell’Amazzonia e nell’avanzata della frontiera agricola un interesse economico e quindi non sopporta qualsiasi tipo di preoccupazione ambientale; e poi grazie all’antipetismo che, dopo aver visto lo scandalo di mani pulite in Brasile adesso considerano Lula come il peggior nemico della Repubblica. Bolsonaro è stato votato perché considerato un outsider. Adesso Bolsonaro, dopo quattro anni e tutto quello che è successo (la pandemia, il negazionismo, una crisi economica, ecc.), ha aumentato i suoi voti. Lula ha vinto davvero per un soffio. Più della metà del Pese non ha votato Lula, tra astenuti e i bolsonaristi». A questo scarto così risicato si aggiungono mesi di campagna elettorale pieni di violenza, che hanno visto fin da subito, nonostante il tentativo di formare un terzo polo di moderati, i due schieramenti totalmente contrapposti confrontarsi in modo molto diretto: «La campagna elettorale è stata la più violenta della storia del Brasile, ci sono stati tre omicidi in tutti e tre i casi sostenitori di Bolsonaro che hanno ucciso tre sostenitori di Lula. Questo evento è l’ultimo anello di un anno di violenza politica e radicalizzazione».
Inevitabilmente si è anche pensato a un paragone con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, all’indomani della vittoria di Biden, da parte di alcuni sostenitori del presidente uscente Donald Trump. Tuttavia, per quanto vi siano delle analogie, ci sono secondo Guanella anche delle differenze importanti: «La prima è che Capitol Hill, il Congresso americano, era pieno e c’è stato quindi un rischio maggiore, mentre invece quello che è successo domenica in Brasile è come se fosse accaduto, per capirci, a ferragosto, quando il Parlamento era in ferie. Anzi, per la precisione in sospeso, perché l’1 febbraio partirà il nuovo parlamento brasiliano. I tre palazzi del potere si trovano in un’area grande quanto due campi da calcio. Abbiamo il Palazzo del Planalto, in mezzo il Palazzo del Congresso, poi la Corte Suprema. La cosa particolare è che è un’enorme spianata senza divisioni, quindi l’unico modo per far sì che degli invasori non arrivino è mettere delle transenne e mettere qualcuno a custodire quelle transenne. L’altra differenza con Capitol Hill, dove la polizia è intervenuta, anche se male e tardi, è che domenica la polizia di Brasilia non solo non è intervenuta, ma praticamente ha aiutato i manifestanti a entrare. C’è stata un’enorme connivenza e complicità da parte della polizia. Altra differenza, che fa pensare che non fosse un evento campato in aria, è che l’attuale governatore di Brasilia si chiama Ibaneis Rocha, un signore che è stato rieletto nelle elezioni di ottobre, un alleato di ferro di Bolsonaro che per il suo secondo mandato chiama come segretario di sicurezza Anderson Torres, l’ex ministro di giustizia di Bolsonaro. Ci sono troppe coincidenze per pensare che Bolsonaro non sapesse nulla di questo. La mia sensazione e quella di altri colleghi è che facesse parte di un piano».
A conferma dell’ipotesi della premeditazione legata a Bolsonaro, «c’è un altro particolare macabro. Un gruppo entrato al Palazzo del Planalto si è subito diretto in una stanza, che è l’armeria del Palazzo. È difficile pensare che un manifestante entra e va diretto nella stanza dove ci sono le armi. Chi abitava quel palazzo fino a due settimane fa? Jair Bolsonaro, che si trova negli Stati Uniti». Ma chi sono gli assaltatori? «Una massa molto eterogenea. Produttori rurali degli Stati vicini a Brasilia dove si coltiva soia, carne e Bolsonaro (stati profondamente bolsonaristi), piccoli imprenditori del sud del Paese, coppie di pensionati che sembrano usciti dalla Guerra Fredda, pronti ad attaccare lo spirito del comunismo, e – anche vedendo i volti delle persone arrestate – gente che vive su un altro pianeta e che credeva che l’attacco ai palazzi fosse un’avventura senza conseguenza». Tanto che alla fine dei disordini hanno scelto di rientrare nel loro accampamento organizzato davanti ai palazzi delle Forze militari, convinti che sarebbero restati impuniti.
I reati per cui potrebbero venire accusati gli assaltatori sono: «Distruzione del potere pubblico, oltraggio a pubblico ufficiale, insurrezione – che è il delitto più simile al colpo di Stato». Ma Guanella chiarisce un punto più volte sollevato, con troppa facilità, anche in Italia: «Non era un tentativo di golpe. In Italia si usa troppo questa parola, svilendola. Qua siamo di fronte a vandali, terroristi – perché hanno compiuto degli atti terroristici – che hanno voluto mostrare il loro disprezzo nei confronti delle istituzioni». Un’altra imprecisione riguarda poi le possibile conseguenze per l’ex presidente Bolsonaro: «L’estradizione esiste quando c’è una condanna. Bolsonaro in questo momento non è nemmeno indagato formalmente in nessun tipo di inchiesta giudiziaria in Brasile. Lo ha detto anche il ministro della giustizia: non si può parlare di estradizione per un cittadino libero. In questo momento Bolsonaro è un ex presidente senza immunità e ha tutto il diritto di stare negli Stati Uniti. Può essere considerato persona non grata negli Stati Uniti, come ha chiesto Octavia Cortes, insieme ad altri progressisti, perché gli Stati Uniti hanno il diritto di espellere qualsiasi soggetto che possa arrecare danni di immagine o alla sicurezza interna. Ma non esiste nessun processo aperto contro Bolsonaro».
Certo, non che di motivi per accusarlo non ce ne siano, alla luce degli ultimi quattro anni. I motivi sembrano infatti «Moltissimi. La gestione della pandemia, la distruzione dell’Amazzonia, ci sono tantissimi filoni aperti». Il bilancio di queste azioni non è comunque completamente negativo per Guanella. Se infatti sembra «Tutto male se guardiamo a quello che è successo, perché è incredibile che questo sia successo, perché sono invasati che comunicano attraverso i gruppi Telegram», non possiamo considerare positivamente la reazione di Lula: «Lula ha aspettato di arrivare a Brasilia quando tutto fosse tranquillo, ha voluto essere nel Palazzo del Planalto proprio quando stavano raccogliendo i cocci e poi – e con questa immagine Guanella aprirebbe le prime pagine dei giornali – la passeggiata che ha fatto Lula ieri notte sulla rampa assieme alla consorte, assieme ai presidenti di Camera e Senato e ai 26 presidenti dei 26 Stati, anche quelli bolsonaristi. Li ha invitati tutti e tutti sono andati. I tre poteri sfregiati che scendono insieme». Dopotutto, una dimostrazione che la democrazia resiste.