Vladimir Putin ha fatto sapere, a conclusione del suo discorso annuale alla nazione, che “le truppe russe in Ucraina non si ritireranno mai”. Prima di lui, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, intervenendo al Parlamento Europeo a Strasburgo, aveva detto: "La guerra non è impossibile. I rischi di una guerra non dovrebbero essere esagerati, ma bisogna prepararsi. E tutto ciò inizia con l'urgente necessità di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati membri. Servono più armi, dobbiamo produrne come fatto con i vaccini”. Come si posiziona l’Italia in questa scacchiera internazionale? L’Europa avrebbe potuto agire in modo diverso? Abbiamo intervistato il giornalista Toni Capuozzo, secondo cui “l'Europa, ancor prima dell'invasione, con autorevolezza politica e con mezzi di dissuasione che le sono propri (ovvero i percorsi della politica e gli aiuti economici), avrebbe dovuto convincere l'Ucraina a una soluzione realistica e pragmatica”. E l’America e la Cina come si posizionano in questo conflitto allargato? “Trump condiziona già oggi. Il fatto che gli Stati Uniti abbiano bloccato i finanziamenti all'ucraina è anche un elemento da campagna elettorale. Mentre la Cina sta molto attenta a presentarsi come un elemento di equilibrio in questo mondo di disequilibri”. E in merito alle parole del premier Giorgia Meloni in difesa della polizia: “Ha fatto il minimo sindacale, perché saremmo un paese di pazzi se il premier non sostenesse l'azione della polizia. Mentre Mattarella avrebbe potuto essere super partes”.
Toni Capuozzo, Putin ha appena dichiarato che le sue truppe non si ritireranno mai dall’Ucraina. Questo cosa significa?
Questa deve essere presa come la dichiarazione di chi sente chiaramente di avere le cose in pugno. È inutile che ci nascondiamo. Parliamo di vittoria, ma secondo me la vittoria non è minimamente dietro l'angolo. Abbiamo sentito il segretario generale della Nato parlare di un conflitto addirittura decennale, a cui non siamo preparati neanche da un punto di vista psicologico. Non siamo pronti a infilarci in un conflitto così lungo, seppure per interposta persona.
A tal proposito come valuta le dichiarazioni di Ursula von der Leyen?
Io credo che siano una dimostrazione di cecità e di superficialità. Per noi, oggi, il problema dell'Ucraina è che noi ci siamo buttati nel sostegno a un paese che era stato invaso (e che quindi richiedeva solidarietà appoggio politico, aiuti militari e quant'altro), ma questo paese non aveva un piano b. La sua prospettiva strategica era la vittoria. E la vittoria in questo caso voleva dire tornare a controllare dei territori che non controllava da otto anni e dei territori che non aveva mai controllato dopo la risoluzione dell'unione sovietica.
Ci spieghi meglio che cosa intende con piano b.
La storia ci insegna che bisogna sempre avere un piano b, perché se identifichi la vittoria in quel qualcosa, ogni altra soluzione ha il sapore della sconfitta. L'unione europea, per inesperienza, si è accodata. Siamo un continente che è stato protagonista di sonore sconfitte, basta guardare come è oggi la Libia, la cui responsabilità pesa più sull’Europa che non sugli Stati Uniti. Poi ci sono la Somalia, I Balcani, Il Kosovo. Si sono buttati allegramente in un'avventura che in questo momento vede come impossibile lo sbocco che è stato predicato come unico sbocco possibile. La Von der Leyen e altri che hanno detto che lì era in gioco la democrazia europea, adesso che cosa ammettono? Che la democrazia europea ha perso? Uno deve costruirsi le exit strategies. In questo momento gli Stati Uniti si stanno disimpegnando dall'Ucraina, lasciando la patata bollente nelle mani dell’Europa, sia da un punto di vista economico, che da un punto di vista del sostegno militare, Che del sostegno politico.
Quale sarebbe allora l'alternativa rispetto a quella proposta da Ursula von der Leyen?
Quello che l'Europa avrebbe dovuto fare ancor prima dell'invasione. Con autorevolezza politica e con mezzi di dissuasione che le sono propri (ovvero i percorsi della politica e gli aiuti economici), avrebbe dovuto convincere l'Ucraina a una soluzione realistica e pragmatica.
Ovvero?
Dire loro che non riesci a scacciare i russi da una larga parte del tuo territorio e che quello che puoi fare è costruire una linea difensiva E celebrare come una vittoria l’aver salvato l'indipendenza a Kiev e aver liberato gran parte del territorio dopo l'invasione di due anni fa. Non si può pensare di strappare quei territori con le unghie e con i denti a un nemico che si è dimostrato per mille ragioni più difficile da sconfiggere di quanto non pensassimo. Le sanzioni non hanno funzionato, come non hanno funzionato la guerra di attrito e la controffensiva che non è mai partita. Bisognerebbe essere contenti di quello che si è fatto: hanno procurato dei grossi danni alla flotta russa nel Mar Nero, hanno compiuto dei colpi di mano tecnologici con i droni e con metodi magari poco limpidi, se penso a qualche incursione di tipo quasi terroristico. Hanno assestato dei colpi mica male alla Russia di Putin, ma questo non vuol dire che puoi pensare di vincere sul terreno una guerra che è evidentemente a un punto di stallo. Il punto di stallo è il miglior punto per trattare.
Ma c'è la possibilità che l'Europa entri effettivamente in guerra?
Sarebbe un suicidio. Noi non possiamo non tenere conto del fatto che il nemico in questo caso ha un arsenale nucleare. Non possiamo confidare sulla ragione e sul buon senso, perché di fronte a una prospettiva di questo tipo non abbiamo nessuna garanzia che non intenda usare i propri mezzi. È come fare a cazzotti con uno che ha la pistola in tasca: se ti va bene c'è il rischio che quello tiri fuori la pistola. Credo che l'Europa debba dotarsi della vision politica per uscire da questa situazione di stallo. Ci sono gli strumenti per farlo.
Quali sarebbero questi strumenti?
Abbiamo stabilito l'adesione dell'ucraina all’Europa: ora bisognerebbe accelerarne l'ingresso, stabilire dei patti di sicurezza bilaterali, anche se non è entrata nella Nato, per cui, se i russi cercassero di aggredirli di nuovo oltre i confini attuali l'Europa interverrebbe in loro difesa, la concessione dei passaporti europei. Ci sono dei modi per lenire le ferite di un paese che può essere contento di aver gestito l'invasione. Ma non si può pensare oggi di recuperare tutti i territori, Crimea compresa, perché è un pio desiderio. Guai se l'Europa si imbarcasse in una situazione di quel tipo. Credo che sarebbe un suicidio, oltre che qualcosa che assomiglierebbe molto a un conflitto mondiale.
In questo quadro come si posiziona l'eventuale vittoria di Trump alle presidenziali in America?
Trump condiziona già oggi. Il fatto che gli Stati Uniti abbiano bloccato i finanziamenti all'Ucraina è anche un elemento da campagna elettorale. Hanno cercato di impedire che Trump si presentasse come l'unico che può mettere fine a una guerra che così popolare negli Stati Uniti, che costa al contribuente americano e che viene vissuta come molto distante. L'argomentazione di Trump è che si tratta di una guerra in cui l'Europa, come al solito, si fa proteggere e succhia i soldi e le energie militari degli Stati Uniti.
Influisce anche l'amicizia di Trump con Putin?
Trump è molto imprevedibile. I cinesi guardano con timore il fatto che Trump venga rieletto, perché è stato lui ad avviare la guerra degli assi commerciali. Credo che Putin sia complessivamente soddisfatto di questa situazione in cui gli Stati Uniti sono traballanti sulle decisioni da prendere. Lui non può che festeggiare, dal canto suo, che ci sia un disimpegno americano.
Ma questo poi non ricade sull’Europa?
Sì, è chiaro che questa è una patata bollente che passa nelle mani dell’Europa, perché vorrebbe dire gestire da soli un conflitto destinato potenzialmente a coinvolgerti. La dichiarazione della von der Leyen è priva di ogni forma di buon senso, perché bisogna capire anche a quale tipo di futuro vai incontro. Guarda anche come è stata trattata da un punto di vista dell'informazione.
Cosa vuole dire?
Due anni fa raccontavamo che la Russia sarebbe stata piegata dalle sanzioni. Abbiamo fatto una sanzione al mese, siamo al tredicesimo pacchetto di sanzioni e la Russia è ancora lì, tutt'altro che piegata. Avevamo raccontato che avremmo messo a disposizione degli ucraini tutto il potente arsenale dei vari paesi e oggi siamo a corto di munizioni, che rastrelliamo quattro angoli del mondo e speriamo che non ci debbano servire per difendere i nostri paesi. La Russia, che è un regime e non una democrazia, ha deciso che le fabbriche lavorano in continuazione per fare le munizioni e ne hanno a profusione. Abbiamo descritto la Russia come un paese isolato e Putin invece raccoglie le armi dall’Iran e dalla Corea del Nord, per cui non è così isolato. La Cina alle spalle è un elemento che dovrebbe preoccupare.
Che tipo di spettatore è la Cina?
La Cina sta molto attenta a presentarsi come un elemento di equilibrio in questo mondo di disequilibri, tranne per la questione di Taiwan, dove dimostra una certa aggressività, che però non si traduce, al momento, in iniziative militari. Ma ovunque, anche in Medio Oriente, si presentano come un elemento apparentemente non prepotente, quasi di mediazione. Loro in ogni posto non sono mai sbarcati con mezzi militari, ma con i soldi, con i lavori pubblici, facendo affari in modo persino cinico tante volte. In questo momento sono il paese che chiaramente ha dato sostegno politico e morale a Putin, ma la Cina pensa molto a sé stessa, non credo che siano disposti a morire per Putin.
Tornando per un momento all'Italia, cosa ne pensa delle parole del premier Giorgia Meloni sulla polizia? Sono in contrapposizione con quelle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella? Si potrebbe creare un incidente diplomatico?
Credo che l'incidente diplomatico sia già nello stato delle cose. Personalmente credo che il presidente della Repubblica avrebbe dovuto usare un altro italiano per rivelare il disappunto del Quirinale in merito a quanto successo a Pisa.
In che senso?
Avrebbe dovuto dire: “Il Quirinale si augura che ogni libera manifestazione si svolga nelle forme e nei modi pattuiti, pacificamente e che la forza pubblica non sia costretta a utilizzare mezzi di dissuasione violenti”. Avrebbe potuto essere super partes, ma aver detto che l'autorevolezza non si misura sui manganelli è stato un modo poco presidenziale. Non credo che nei commissariati di polizia abbiano guardato le immagini del capo dello Stato come un loro padre in quelle ore.
Quindi la Meloni ha fatto bene a ridare fiducia alle forze dell'ordine?
Ha fatto il minimo sindacale, perché saremmo un paese di pazzi se il premier non sostenesse l'azione della polizia. Se ci sono degli errori da parte della polizia o dei carabinieri, loro devono essere chiamati a rispondere, perché un poliziotto o un carabiniere non sono al di sopra della legge. Ma chiedere che venga fatta chiarezza è un'altra cosa. Allora se la prossima volta una manifestazione si dirige verso una sinagoga o un consolato e la polizia si sposta e li lascia andare poi che cosa diciamo? Diciamo che hanno tradito la loro funzione?