Gli ecovandali sono giustificati ad agire in un mondo di “sonnambuli”? Era ciò che sembrava emergere da alcune assoluzioni per degli attivisti che avevano danneggiato delle proprietà private. Le proteste e i danni erano stati giustificati alla luce della presunta “inconsapevolezza” del proprietario delle proprietà attaccate. Se il soggetto leso avesse avuto contezza, come i manifestanti, della crisi climatica, avrebbe accettato quel tipo di danno. Nel caso specifico, un’attivista era stata assolta presso la Crown Court dopo aver vandalizzato degli uffici. La sentenza è stata però contraddetta dalla Corte Suprema e in particolare dalla giudice Sue Carr che non ritiene l’emergenza climatica una giustificazione adeguata per comprendere la natura del crimine in discussione. In altre parole gli ecoattivisti non potevano sostenere di credere onestamente che il proprietario degli immobili avrebbe accettato il danno se fosse stato a conoscenza dell’emergenza per cui quelle azioni sono state compiute.
Il processo riguardava in particolare una attivista climatica accusata di aver danneggiato in precedenza anche gli uffici di Greenpeace, Amnesty International, Christian Aid e Friends of Earth nel 2020: danni la cui entità era stata valutata di circa 16.500 sterline. La stessa attivista era stata accusata di aver provocato circa ventimila sterline di danni sugli immobili di alcuni partiti inglesi, tra cui quello Conservatore, dei Liberal democratici, dei Laburisti e dei Verdi. Una giuria aveva assolto gli attivisti, legati a Extintion Rebellion, per la linea di difesa che puntava a dimostrare come le motivazioni della protesta fossero legittime. Ma giustificare le azioni vandaliche in nome di alcune prove sulla crisi climatica sembra non aver convinto la giudice della Corte Suprema, che ha dichiarato: “Le circostanze non includono le convinzioni politiche o filosofiche della persona che ha causato il danno. Queste questioni sono troppo lontane dal danno. Le prove fornite dall'imputato sui fatti o sugli effetti del cambiamento climatico sarebbero inammissibili”. In realtà la decisione della Corte suprema non ribalta la sentenza della Corte d’Appello, che rimane valida, ma porta a chiedere “considerevole cautela” ai giudici.