Burger di insetti, carne da laboratorio. Stiamo parlando dei cibi del futuro o sono solo una moda di cui diffidare? L'entomofagia (la dieta che prevede il consumo di insetti) e la carne sintetica preoccupano molti consumatori, ma soprattutto il governo. Le ultime manovre della politica – L’Europa che spinge sui primi, l’Italia che chiude alla seconda – accendono i riflettori sulle nuove frontiere del cibo. Tra scettici e curiosi, tra marketing e innovazione. Lo scorso 26 gennaio si è dato il via, forti del regolamento UE, alla libera commercializzazione di farina di grilli. Negli ultimi due anni, luce verde anche per grilli essiccati, locuste migratorie e larve gialle della farina. Ma quali sono le ripercussioni per la ristorazione e e le nostre abitudini? È davvero “in pericolo il Made in Italy”, come dice Francesco Battistoni, vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera e deputato di Forza Italia? Ma soprattutto, sono buoni? Ecco dove poterli provare.
Sotto il profilo sanitario, naturalmente, la questione nemmeno si pone: la farina di grilli e gli altri novel food devono sottostare a scrupolose procedure di sicurezza. Questo succede, scrive la Fondazione Umberto Veronesi, proprio perché si tratta di “alimenti privi di storia di consumo significativo all’interno dell’Unione europea”. E dunque non vengono autorizzati alla leggera. In particolare, si è verificato che “la farina di grilli non presenta organismi patogeni, micotossine, metalli pesanti, idrocarburi. L’unico rischio è legato alla chitina, una proteina che può causare reazioni allergiche. Ma questo vale anche per arachidi e crostacei”. Inoltre, a supporto del prodotto ci sono le proprietà nutrizionali – altamente proteico, vitaminico, ricco di fibre – e il basso impatto ambientale. In questo senso, i grilli consentono un notevole risparmio di acqua – fino a 2000 volte di meno – e di emissioni di gas serra non solo rispetto ai mammiferi da allevamento ma anche alle coltivazioni di soia o mais. Tutti argomenti che nel 2023 garantiscono un ottimo biglietto da visita.
Dove mangiare gli insetti
Ma, poi, tra cucine e ristoranti, dov’è che troviamo questi prodotti? Partiamo dall’Italia, dove qualche pioniere di settore esiste già. Si perdono nelle leggende del web i primi esperimenti, datati addirittura 2018-19: a Corciano (provincia di Perugia) e a Napoli veniva annunciata la storica apertura di due locali con pietanze a base di insetti. “Bugs Gourmet” e “La Cavalletta”, i nomi, di cui tuttavia oggi si sono perse le tracce – perfino su Tripadvisor/Google Maps. Le vicende degli ultimi mesi però hanno offerto altri input. A Milano, zona Porta Romana, la catena “Pane e Trita” ha aggiunto al proprio menù il “grillo cheeseburger” a partire dal 15 febbraio scorso. Nello stesso periodo, a Osteria Grande (provincia di Bologna), la pizzeria “Almiro” ha deciso di provare l’impasto a base di farina di grillo domestico. Sono due casi interessanti, perché entrambi spiegano l’esatta dimensione del nuovo alimento: 1,6 per cento nel burger, 3,5 nella pizza. Il prezzo di lancio del primo è di 13,90 euro (“due in più dell’hamburger tradizionale, ma per coprire i costi dovremmo farlo pagare 20”, spiega il proprietario a “Wired”), la pizza comporta invece un sovrapprezzo di 1,90 (“la clientela però reagisce bene” racconta il titolare al “Corriere della Sera”). Il fatto è che la farina di grillo ancora non regge come sostituto delle sue controparti di soia, ceci o cereali. Anzi, a parità di dosi è un vero e proprio bene di lusso. Il prezzo al chilo si aggira tra i 60 e i 70 euro: dieci volte quella di ceci, quasi cento quella di frumento.
Uno sguardo in giro per l’Europa, dove il concept è più radicato, e si capisce subito come l’entomofagia sia soprattutto un’esperienza esclusiva. Come la gastronomia molecolare o la nouvelle cuisine, per intenderci. Propone insetti à la carte il “Noma” di Copenaghen, eletto più volte miglior ristorante al mondo – ma chiuderà nel 2024 per i costi troppo elevati. Lo stesso fa a Nizza “Aphrodite”, locale stellato Michelin. Sono guidati da chef rinomati pure “Inoveat” a Parigi e “The bug farm – Grub kitchen” in Galles. Insomma, nulla a che fare con l’originario consumo di insetti nel sud del mondo: economico, poco sofisticato, spesso street food – in Vietnam, ad esempio, spiedini di scorpione e ragni fritti costano circa l’equivalente di 1-2 euro a porzione.
Dove mangiare la carne sintetica
È lo stesso problema che deve affrontare la cosiddetta “carne sintetica”, o meglio prodotta in laboratorio a partire da cellule animali – e per questo prontamente messa al bando dal governo Meloni. Come per gli insetti, la diffidenza dei consumatori occidentali nell’alterare la propria dieta è un fattore – e un diritto, quant’è vero che de gustibus non est disputandum. Ma lo scoglio principale è l’alta profusione di mezzi necessari. Proibitiva, per ora. Anche se in progressiva discesa: il primo hamburger di carne coltivata mai realizzato, nel 2013, valeva 330 dollari; oggi invece il ristorante “1880” di Singapore e il “The Chicken” di Tel Aviv, i primi locali al mondo a farlo, vendono sandwich di pollo da laboratorio per circa 23 dollari l’uno. Pur cari per un panino, ma altre cifre.
L’Unione europea sta iniziando a valutare l’introduzione nel mercato anche di questo prodotto. E come per gli insetti, il processo sarà lungo e certosino: nel giorno (non così vicino) della fumata bianca i prezzi in questione potrebbero essere dunque diventati abbordabili. Fino ad allora però la situazione è chiara. E risponde alle semplici leggi di mercato: la domanda è ancora troppo bassa, i costi di produzione troppo alti. Forse farina di grilli e carne coltivata saranno il cibo del futuro. Ma nel presente, in tutta Europa, rimangono un lussuoso capriccio. Il Made in Italy può stare tranquillo.