La scarcerazione lampo del generale libico Najeem Osema Almasri continua a sollevare interrogativi e alimentare polemiche, sia sul piano politico che giudiziario. Mentre il governo italiano si prepara a fornire chiarimenti in Parlamento mercoledì prossimo, dovrà rispondere anche alla Corte penale internazionale (Cpi), che ha formalmente chiesto spiegazioni attraverso i canali diplomatici. A fare un’ottima ricostruzione della vicenda è Giovanni Bianconi, Corriere della Sera. La richiesta di arresto per Almasri, capo della polizia giudiziaria libica accusato di crimini contro l’umanità, risale al 2 ottobre 2024, ma la sua presenza in Europa è stata segnalata alla Cpi solo il 17 gennaio, quando il generale aveva già trascorso giorni tra Gran Bretagna e Germania. Da quel momento, l’Aia ha trasmesso la richiesta di arresto a sei Stati, inclusa l’Italia, e diramato l’allerta tramite Interpol. Tuttavia, il generale ha continuato a muoversi indisturbato fino al suo arrivo a Torino. Come mai però la Cpi non si è attivata prima, nonostante stesse indagando su di lui da ottobre?
La Cpi si difende dai sospetti di ritardi, sostenendo di aver ricevuto l’informazione ufficiale solo il 17 gennaio, probabilmente dalla polizia tedesca, che aveva identificato Almasri a Monaco di Baviera. Le responsabilità di eventuali ritardi, ribadiscono, andrebbero semmai attribuite alle autorità tedesche o britanniche, considerato che il generale si trovava in Europa già dal 6 gennaio. Quindi non è solo l’Italia? Però in Italia i dubbi ci sono e la gestione del caso Almasri ha sollevato interrogativi sull’applicazione della legge del 2012 che regola i rapporti con la Cpi. La Corte d’Appello di Roma ha stabilito che, per procedere alla convalida dell’arresto, fosse necessaria una preliminare interlocuzione con il ministro della Giustizia. Una posizione che ha portato alla scarcerazione del generale quando il ministro Carlo Nordio non ha risposto al quesito della Procura generale. Tuttavia, la stessa legge stabilisce che, in materia di consegna dei ricercati, si applichino le norme del codice di procedura penale relative alle estradizioni, che consentirebbero ai magistrati di agire autonomamente.
Questo ha alimentato il sospetto che l’intervento del governo fosse già pianificato a prescindere dalle decisioni giudiziarie. La tempistica non aiuta: come scrive Bianconi “lo dimostra la partenza per Torino dell’aereo per portare Almasri in Libia alle 11.14 del 21 gennaio, mentre la decisione sul suo conto è arrivata solo nel pomeriggio, quando alle 16.03 il ministro Nordio comunicava che stava valutando la situazione. Su queste e altre circostanze è attesa la versione ufficiale del governo al Parlamento, fissata per mercoledì prossimo”.