Dopo poco più di tre mesi di arresti domiciliari per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, Stefania Nobile ha ottenuto l’obbligo di dimora. La giudice per la indagini preliminari, Alessandra Di Fazio, ha fatto marcia indietro, stabilendo una misura cautelare meno severa per la figlia di Wanna Marchi, che da lunedì scorso ha già maggiore libertà di movimento. Fino a questo momento infatti Nobile era confinata nella propria abitazione, come previsto per gli arresti domiciliari, che contemplano pochissime eccezioni di evasione e rigide limitazioni sui contatti esterni. Ora la libertà della sessantenne è circoscritta al comune in cui vive, con la possibilità di muoversi e svolgere attività al suo interno, pur rimanendo sotto il controllo delle autorità.

Come si è arrivati a questo punto e come si muoverà la difesa
Secondo quanto riporta Ansa, la gip avrebbe accolto l'istanza del legale Liborio Cataliotti perché sarebbero «venute meno le esigenze cautelari» che giustificavano i domiciliari. Un elemento a favore della sessantenne sarebbe stato il suo comportamento praticamente impeccabile durante la detenzione: non aver mai violato le prescrizioni imposte dalla misura cautelare. Inoltre a pesare sulla decisione potrebbe essere stata anche la collaborazione mostrata da Nobile durante le indagini, visto che lo scorso 17 aprile aveva risposto alle domande della pm Francesca Crupi e degli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza. Stefania Nobile era stata arrestata lo scorso 4 marzo insieme all’ex compagno Davide Lacerenza nell’ambito dell’inchiesta milanese che ha scoperchiato il presunto giro di prostituzione e droga tra la Gintoneria e il suo privé, La Malmaison. Nobile, che non è accusata di spaccio di cocaina, si sarebbe occupata della parte amministrativa e contabile dei locali coinvolti. Le viene contestato invece il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione in concorso con Lacerenza, il quale, al momento, rimane agli arresti domiciliari. Il Tribunale del Riesame, confermando un sequestro di circa 900mila euro — presunto profitto di autoriciclaggio — ha chiarito che il "core business" di Lacerenza non era solo la vendita di alcol, ma la "messa a disposizione di ragazze e stupefacente" e l'"offerta di prostitute", intesa come "disponibilità e trasporto a domicilio". Quest'ultima era finalizzata a incentivare il consumo di alcol e a garantire un "personale tornaconto". Secondo i giudici Galli-Natale-Alonge, anche la cocaina non era gratuita, bensì "compresa nella complessiva offerta di un servizio" mirato al "divertimento senza freni del cliente", con "pacchetti" che includevano champagne, escort e cocaina.
La difesa di Nobile starebbe ora valutando un patteggiamento nel procedimento, per una risoluzione più rapida della sua posizione. Sembrerebbe anche che la difesa di Lacerenza stia considerando la stessa strada.
