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Caso Orlandi, LA PISTA INGLESE È UN BLUFF? Emanuela non è mai stata portata a Londra dopo la scomparsa? I cinque fogli e le lettere di Carey e Poletti sono dei falsi? L’esperta di grafologia in Commissione: “Potrebbe farlo un quattordicenne…”

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

9 luglio 2025

Caso Orlandi, LA PISTA INGLESE È UN BLUFF? Emanuela non è mai stata portata a Londra dopo la scomparsa? I cinque fogli e le lettere di Carey e Poletti sono dei falsi? L’esperta di grafologia in Commissione: “Potrebbe farlo un quattordicenne…”
La grafologa Sara Cordella avrebbe distrutto la pista di Londra in pochi minuti di audizione. «Le lettere mostrate da Pietro Orlandi sono falsi, anche un ragazzino saprebbe farli». Tre documenti smontati pezzo per pezzo: Carey, Poletti e Ruini. Tutto copiato da internet. Anche la famigerata “lista delle spese”? «Un anonimo, non riconducibile a nessuno».
E il caso Orlandi torna a galleggiare tra misteri, bufale e l’ennesimo possibile depistaggio…

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

Il mistero di Emanuela Orlandi è un labirinto di voci, ipotesi, documenti e piste che si aprono e si chiudono come porte scricchiolanti in un thriller senza fine. Ieri, però, qualcosa si è incrinato davvero: la pista londinese, quella sventolata da Pietro Orlandi con documenti alla mano, sarebbe stata smontata punto per punto da una perizia. A dirlo non è un opinionista da salotto TV, ma Sara Cordella, grafologa forense ascoltata in audizione dalla Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Una doccia gelata per i commissari e per chi, da anni, si affida alle lettere di Londra come tasselli del puzzle. «I documenti mostrati da Pietro Orlandi a Verissimo sono dei falsi», ha detto la Cordella, netta, senza sfumature. E non solo la presunta lettera del 1993 in cui l’arcivescovo di Canterbury George Carey avrebbe scritto al cardinale Ugo Poletti: tutto il blocco di carte che costituisce la cosiddetta “posta inglese” sarebbe artefatto, copia e incolla, digitale o manuale, ma comunque non autentico. E se alcuni commissari già parlano di depistaggio, altri restano attoniti: perché a distanza di oltre quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela, siamo ancora a parlare di firme sovrapponibili e falsi da “quattordicenne”, come ha detto la stessa grafologa.

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Pietro Orlandi
Pietro Orlandi

«In grafologia ci sono due assiomi», ha spiegato Cordella. «Il primo è che la grafia è unica, nessuno scrive come un altro. Il secondo è che nemmeno io riesco a replicare due firme perfettamente identiche. Se due firme sono sovrapponibili, almeno una è falsa». A partire da questo, l’analisi si è fatta chirurgica. La lettera attribuita a Carey è stata smentita perché «presentata solo in fotocopia», e perché la firma è risultata «sovrapponibile a una reperita online»: una replica ottenuta con la tecnica del dropping, spiegabile anche con un programma base di editing. «Potrebbe farlo un quattordicenne», ha ribadito Cordella. E ha persino trovato la matrice sul web. Il discorso si è poi spostato sugli altri due documenti mostrati da Pietro Orlandi a Verissimo: la lettera in cui Ugo Poletti scriverebbe a Sir Frank Cooper e quella a firma Camillo Ruini. Anche qui, stessa storia: firme copiate, grafia replicata, autenticità zero. Ma non è finita. Cordella ha smentito anche il documento più chiacchierato degli ultimi tempi: la cosiddetta “lista delle spese” per il mantenimento di Emanuela a Londra. Un file privo di intestazioni, firme o riferimenti: «Di fatto è un anonimo, non è riconducibile a nessuno». Il presidente della Commissione, Andrea De Priamo, ha confermato che si procederà con l’audizione di Pietro Orlandi.M. E intanto la pista di Londra scricchiola, forse a volte basta una firma per mandare in frantumi quarant’anni di ipotesi.

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