E il caso Orlandi torna a galleggiare tra misteri, bufale e l’ennesimo possibile depistaggio…
Il mistero di Emanuela Orlandi è un labirinto di voci, ipotesi, documenti e piste che si aprono e si chiudono come porte scricchiolanti in un thriller senza fine. Ieri, però, qualcosa si è incrinato davvero: la pista londinese, quella sventolata da Pietro Orlandi con documenti alla mano, sarebbe stata smontata punto per punto da una perizia. A dirlo non è un opinionista da salotto TV, ma Sara Cordella, grafologa forense ascoltata in audizione dalla Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Una doccia gelata per i commissari e per chi, da anni, si affida alle lettere di Londra come tasselli del puzzle. «I documenti mostrati da Pietro Orlandi a Verissimo sono dei falsi», ha detto la Cordella, netta, senza sfumature. E non solo la presunta lettera del 1993 in cui l’arcivescovo di Canterbury George Carey avrebbe scritto al cardinale Ugo Poletti: tutto il blocco di carte che costituisce la cosiddetta “posta inglese” sarebbe artefatto, copia e incolla, digitale o manuale, ma comunque non autentico. E se alcuni commissari già parlano di depistaggio, altri restano attoniti: perché a distanza di oltre quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela, siamo ancora a parlare di firme sovrapponibili e falsi da “quattordicenne”, come ha detto la stessa grafologa.


«In grafologia ci sono due assiomi», ha spiegato Cordella. «Il primo è che la grafia è unica, nessuno scrive come un altro. Il secondo è che nemmeno io riesco a replicare due firme perfettamente identiche. Se due firme sono sovrapponibili, almeno una è falsa». A partire da questo, l’analisi si è fatta chirurgica. La lettera attribuita a Carey è stata smentita perché «presentata solo in fotocopia», e perché la firma è risultata «sovrapponibile a una reperita online»: una replica ottenuta con la tecnica del dropping, spiegabile anche con un programma base di editing. «Potrebbe farlo un quattordicenne», ha ribadito Cordella. E ha persino trovato la matrice sul web. Il discorso si è poi spostato sugli altri due documenti mostrati da Pietro Orlandi a Verissimo: la lettera in cui Ugo Poletti scriverebbe a Sir Frank Cooper e quella a firma Camillo Ruini. Anche qui, stessa storia: firme copiate, grafia replicata, autenticità zero. Ma non è finita. Cordella ha smentito anche il documento più chiacchierato degli ultimi tempi: la cosiddetta “lista delle spese” per il mantenimento di Emanuela a Londra. Un file privo di intestazioni, firme o riferimenti: «Di fatto è un anonimo, non è riconducibile a nessuno». Il presidente della Commissione, Andrea De Priamo, ha confermato che si procederà con l’audizione di Pietro Orlandi.M. E intanto la pista di Londra scricchiola, forse a volte basta una firma per mandare in frantumi quarant’anni di ipotesi.
