Facciamo un passo indietro. Al giornalista Gianluigi Nuzzi una ragazza di vent’anni, che si chiama Sophie L., dice di bilocarsi, di portare addosso i segni, e soprattutto di parlare con chi non c’è più. Compresa Emanuela Orlandi. Nel 2020 Nuzzi l’ha incontrata su invito di un gruppo di prelati francesi. Mistica? Visionaria? O solo una testimone che sa troppo? Racconta i rapimenti di ragazze scomparse a Roma nei primi anni Ottanta, con dettagli che sembrano usciti da un verbale d’indagine mai reso pubblico. Emanuela, ovvio, è il cuore nero della faccenda. Non è la prima volta che il nome della quindicenne cittadina vaticana si incrocia con quello di altre adolescenti svanite tra il 1982 e il 1983. Alcune sono state ritrovate. Altre no. Ma nel 2021, in Provenza, la storia cambia ritmo: i sacerdoti della diocesi di Avignone incrociano nomi e archivi, e la pista porta a un uomo. Monsignor Marcel Noirot. Musicista, insegnante a Roma, dirigente della scuola “Da Vittoria” in piazza Sant’Apollinare. Emanuela era lì il giorno in cui è sparita, dopo una lezione di flauto.


Con Noirot, gestivano l’istituto anche altri nomi da annotare: Miserachs Grau, Francesco Luisi, Mario Scapin, Maddalena Avignoni. Ma la scia si fa più torbida quando si scopre che Noirot aveva un fondo segreto: 51 mila euro in contanti, mezzo milione in titoli, intestati a lui e custoditi — violando ogni regola — dall’APSA, la banca centrale del Vaticano. Che non dovrebbe gestire conti privati. Tranne, a quanto pare, quando si fa un’eccezione. Sophie dice di sapere dove sono i resti di Emanuela: a Torvaianica, in un palazzo in costruzione nel 1983, davanti al ristorante “Pippo l’abruzzese”. Lo stesso che Sabrina Minardi aveva indicato come luogo in cui Renato De Pedis, nel 1984, avrebbe cercato di far sparire il corpo in una betoniera. I dettagli combaciano. Le date pure. Da allora i prelati non si limitano più a scrivere dossier: si muovono. Gli incontri con Sophie si intensificano nella primavera-estate del 2021. Lei continua a parlare. Ma dice anche che qualcuno vuole metterla a tacere. Per sempre. E in Vaticano? Silenzio. A commentare la “pista francese” il fratello Pietro Orlandi: “Dal 2020 qualcuno avrebbe potuto informarci o no? Sia Nuzzi, il convento o questa Sophie. Il convento chiama un giornalista prima di un famigliare? Al di là di come sia andata questa cosa peccato che veniamo a saperlo leggendo casualmente un articolo di giornale”.

