È credibile Sophie, la ragazza francese in mano alla chiesa provenzale, come fonte relativa alla scomparsa di Emanuela Orlandi? Gianluigi Nuzzi ha pubblicato una parte della sua conversazione con lei: “Signor Nuzzi, sappia che farò tutto il possibile per aiutarla a scoprire la verità su tutti questi orrori, ma spero sinceramente di avere il tempo... Questa è la mia più grande paura, e credo che lei stesso sappia di cosa sono capaci... In una prossima email, se sarai interessato, forse ti racconterò più dettagliatamente cosa sto vivendo con questi uomini”, scrive la ragazza francese. E ancora: “Per essere completamente onesta con te, nelle ultime ore sono stata sottoposta a così tanta pressione e minacce che ho avuto voglia di rinunciare a tutto”. Ma pressione esercitata da chi? E a quale scopo? Per capire quali informazioni siano in possesso di Sophie, Nuzzi ha chiesto a Pietro Orlandi di porre alcune domande. Se la ragazza fosse stata davvero in contatto con Emanuela, dovrebbe poter conoscere i dettagli. Si tratta di questi interrogativi: “Nell'aprile del 1983 Emanuela andò dal medico per un problema di salute. Qual era la diagnosi? Ho sempre chiesto a Emanuela di suonare al pianoforte due brani classici che mi piacevano particolarmente, uno era il Notturno di Chopin, l'altro? Durante un viaggio in una città europea, condivise la stanza con un’amica con cui andava molto d'accordo. Come si chiamava questa compagna? Che città era?”. E, infine, “quando Emanuela si addormentava, legava i capelli con la riga in mezzo, io la chiamai con un certo nome per prenderla in giro. Tipo, come?”.


Sophie ha risposto così: “Quando ti ho detto che Emanuela Orlandi mi è apparsa tramite apparizioni (per il ritrovamento delle sue spoglie), mi hai chiesto se fosse possibile rivolgerle delle domande a nome del fratello, per verificare che fosse proprio lei”. Questo è stato un grave errore, spiega ancora la ragazza francese, “perché all'epoca non ho tenuto conto della dottrina della Chiesa cattolica, che condanna questa pratica. Mi scuso ancora una volta con tutto il cuore per questa goffaggine. Penso sia importante chiarire che non sono una medium né una chiaroveggente non pratico la spiritualità né altro. Ho delle apparizioni e/o delle rivelazioni dal cielo, ma queste sono solo apparizioni permesse da Dio. Non faccio mai nulla di mia iniziativa. La sera stessa del nastro incontro mi sono resa conto dell'errore nelle mie parole in risposta alla tua richiesta. Mi sono presa allora il tempo di pregare, di chiedere il discernimento del vescovo, ma anche di attendere gli insegnamenti di Padre Pio su questa questione”. Dunque, invece di cercare contatti con l’aldilà, Sophie studia la Bibbia, “dove sono tutte le risposte”. Un fatto sorprendente, sottolinea Nuzzi, dato che la ragazza non sarebbe né dotata di una propria cultura né avrebbe accesso a mezzi telematici. Infine, in un’ulteriore email, Sophie riporta le parole che avrebbe percepito direttamente da Emanuela Orlandi: “Avevo l'astigmatismo all'occhio destro, dovevo indossare occhiali brutti per ascoltare la musica e avevo problemi renali. Ero piena di vita e di gioia. Felice nella mia famiglia, ma diffidente e timida con gli estranei. Mi sono trovata bene in Vaticano, ci sono nata e ci vivo ancora. I giardini erano un incredibile parco giochi e qualche volta il Papa veniva a chiacchierare amichevolmente con noi. Finché la mamma non ci ha chiamato dalla finestra per mangiare. Sapete, il Papa era stufo della situazione, sapeva tutto quello che era successo ma è stato messo a tacere. Ha fatto di tutto per cambiare il corso delle cose. Ha provato di tutto, ma è stato davvero pessimo. Il giorno del mio rapimento, prima di partire ho litigato con Pietro. Volevo che mi portasse a lezione di musica a causa dello sciopero degli autobus del giorno prima ma lui non ha voluto per via di Ana. In quel momento mi arrabbiai. E poi mi piaceva così tanto andare in moto con lui. Da piccola sono caduta una volta ma non ho avuto paura. Da allora so che si è pentito molto di avermi detto di no, non avrebbe dovuto. Se non fosse stato quel giorno, sarebbe stato un altro giorno. Digli che non è colpa sua. Non ho preso l'autobus 64 come al solito perché avevo paura che non sarebbe partito a causa dello sciopero. Ho camminato e ho attraversato l'interno di Piazza Navona per andare un po' più veloce”.
