Portiamo la lancetta dell’orologio indietro a quel 14 gennaio 2024 in cui la proprietaria di una pizzeria, le Vignole di Sant’Angelo Lodigiano, si è suicidata (così si è detto) nel fiume Lambro per una storia di recensioni. Una vicenda complicata che riassumiamo brevemente per il lettore riportando quanto abbiamo scritto su MOW a suo tempo su Giovanna Pedretti: “Qualche giorno prima era stata attaccata sui social per una presunta falsa recensione che avrebbe sfruttato la tematica della discriminazione dei gay e dei disabili per fare pubblicità al suo locale. L’accusa proveniva da Lorenzo Biagiarelli, il compagno di Selvaggia Lucarelli. In seguito al suicidio, entrambi sono stati soggetti a pesanti attacchi, tanto che la Lucarelli ha dovuto sospendere le pubblicazioni sul suo profilo su X. Lo chef ha affermato che lo screenshot era stato modificato nella “topologia” e soprattutto nei font che “non sono quelli di Google”. Ma nel merito della recensione la situazione è abbastanza ingarbugliata come spesso avviene in questi casi… La recensione su Google fotografata (perché adesso non compare più) e pubblicata sulla pagina Facebook della pizzeria riguardava in realtà un fatto avvenuto lo scorso aprile 2023. Una recensione di un suo cliente che aveva lodato la pizza ma si era lamentato del fatto che l’avesse dovuta consumare insieme a dei gay ed un disabile, il che lo aveva infastidito. Giovanna aveva replicato saggiamente che nel suo locale non erano accettate discriminazioni ed aveva invitato il cliente a non tornarci più. La cosa era finita lì ma appunto tre giorni prima del suicidio, detta recensione e conseguente replica, era stata ripubblicata di nuovo dalla Pedretti in forma di screenshot e quindi non in originale. Questa volta l’esito è stato clamoroso perché pompato dai media il post è diventato subito virale. I social l’hanno santificata ma dopo l’intervento di Biagiarelli-Lucarelli il flusso si era invertito e Giovanna era stata sommersa dalle critiche” di segno opposto e contrario.
Giovanna era stata convocata in seguito dai carabinieri. Detto questo torniamo al presente, esattamente, o quasi, un mese dopo il suicidio nelle fredde acque del fiume Lambro. La domanda che ci eravamo fatti allora viene ribadita una nuova volta, dato che è trascorso appunto più di un mese e non si è saputo nulla. La recensione era vera oppure era falsa, cioè una fake? Una domanda in fondo semplice, quasi banale nella sua ingenuità se non fossimo in Italia. Proprio grazie a MOW siamo riusciti, tempo fa, a conoscere il risultato dell’analisi del feto di Vanessa Ballan: era del compagno e non dell’assassino. Ma incomprensibilmente dopo aver annunciato il controllo, nulla si era più saputo e i media non ne facevano più menzione. Una cappa di silenzio era scesa inspiegabilmente sulla vicenda. Non era considerato delicato parlarne. Ma i giornalisti veri hanno il diritto / dovere di informare. Qualche giorno dopo un nostro articolo -con richiesta esplicita- era arrivata la risposta pubblica. Un caso? Stessa identica cosa è accaduta con i Twitter (ora X) volgarissimi e sessisti vergati da un profilo che si richiamava a Gino Cecchettin. Ci sarebbe da chiedere direttamente a X ma il celebre social fa di tutto per non mettere a disposizione alcun appiglio per fare domande scomode, tipo e-mail, semplicemente non si fa trovare.
Avevamo anche chiesto pubblicamente al padre di Giulia un semplicissimo “sì” oppure un altrettanto semplicissimo “no”, in fondo un semplice esercizio di algebra booleana, ma il padre che ora si affida pure ad una famosa compagnia di comunicazione inglese, ha fatto orecchie da mercante e ha preferito tacere facendo finta di niente. E così adesso la situazione per Giovanna Pedretti. Non si riesce a sapere se la recensione sia vera o falsa e in un mondo evoluto, in cui c’è addirittura l’Intelligenza artificiale, la Verità latita e subiamo una post – Verità i cui confini sono sempre più incerti, nebulosi, quantistici. Cerchiamo ombre nette e troviamo figure sfocate. Sembra che la Procura di Lodi abbia chiesto direttamente a Google ma non si sa ancora niente. Quanto ci mettono a rispondere? E poi un’altra domanda fondamentale: si è trattato di suicidio oppure no? Perché diciamocelo, che una donna esca all’alba di una giornata gelida e se ne vada in giro a suicidarsi nelle acque del fiume Lambro, che oltretutto non sono molto profonde, è una cosa strana. Comunque, la Procura indaga per istigazione al suicidio. A parte il caso di cronaca in esame, sta tirando una cattiva aria per la libertà di stampa in Italia. Se qualche cosa è fuori dal coro o non è allineato al mainstream semplicemente non se ne deve parlare. I censori sono spesso i giornaloni, per essere chiari, ma anche l’Ordine dei giornalisti. Un altro esempio recente è quello di una coraggiosa intervista che sempre MOW ha fatto tramite Diana Mihaylova a Nicolai Lilin, celebre autore del romanzo “L’educazione siberiana” (è stato tratto anche un film), che ha rivelato aspetti poco conosciuti ed edificanti di Alexei Navalny. Una narrazione fuori dal Coro che è anche un elogio a quell’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa e opinione che proprio quelli che dovrebbero custodire religiosamente cercano di conculcare.