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Che fine ha fatto Massimo Gibelli, storico portavoce Cgil licenziato dal segretario Maurizio Landini? Lo abbiamo contattato e...

  • di Giuseppe Vatinno Giuseppe Vatinno

7 aprile 2024

Che fine ha fatto Gibelli, storico portavoce Cgil licenziato da Landini? Lo abbiamo contattato e...
Massimo Gibelli, ex portavoce storico dei segretari generali della Cgil, è stato licenziato a settembre del 2023, un provvedimento contestato in tribunale. Il segretario Maurizio Landini ha risposto difendendo la decisione, spiegando che la riorganizzazione era necessaria per risparmiare denaro. Noi abbiamo contattato Gibelli: ecco cosa ci ha detto…

di Giuseppe Vatinno Giuseppe Vatinno

Le ultime notizie su Massimo Gibelli risalgono a settembre 2023, quando scoppiò il caso del suo licenziamento dalla Cgil. Gibelli era il portavoce storico dei segretari generali, come Sergio Cofferati e Fausto Bertinotti. Professione Reporter scrisse a suo tempo: “Gibelli e Landini non si sono mai voluti bene. Inoltre, Landini preferisce gestire in prima persona i rapporti con i giornalisti”. Mentre lo stesso Gibelli rilasciò una intervista all’Huffington Post: “Nel febbraio del 2021 la Segreteria della Cgil nell’ambito di una razionalizzazione e riorganizzazione delle attività ha deliberato la soppressione della posizione di ‘Portavoce del Segretario Generale’, incarico che allora ricoprivo. Mi resi immediatamente disponibile ad essere utilizzato in altro incarico. Passati due anni, finito il Congresso, eletta la nuova segreteria, nel marzo scorso, scrivo una mail al Segretario organizzativo per ricordare che, da un biennio sono privo di incarico e compiti, e ribadire la mia disponibilità a essere utilizzato. Il 4 luglio, al rientro da un breve periodo di ferie, sono convocato dal Segretario organizzativo e mi viene comunicato il ‘licenziamento per giustificato motivo oggettivo'”. Gibelli ha impugnato il licenziamento in tribunale. A suo tempo il segretario Cgil Landini ebbe a dire della vicenda: “La Cgil ha proceduto a una sua riorganizzazione interna e la scelta che è stata fatta è quella di non avere più la figura del portavoce. Nella riorganizzazione questo è un lusso che non possiamo più permetterci. Siamo un’organizzazione che vive sul contributo economico degli iscritti e dobbiamo avere attenzione su come spendiamo i nostri soldi (ma non pubblica il bilancio come invece vorrebbe la Costituzione, ndr)”. Sull’accusa di aver sfruttato le regole del Jobs Act, Landini prosegue: “Il licenziamento con il Jobs Act non c’entra assolutamente nulla, lui era assunto dal 2012, mentre la norma è entrata in vigore a marzo 2015”. Da allora, però, come dicevamo Gibelli era sparito dai radar. Ho provato quindi a cercarlo sui social chiedendogli lumi sugli sviluppi della sua vicenda e mi ha risposto che la prima udienza sarà a fine giugno e poi di chiedergli cos’altro volevo sapere.

Massimo Gibelli
Massimo Gibelli

Allora gli ho scritto “ecco qualche domanda”: 1) Dopo tanti anni di lavoro, come valuta quello che le è successo in Cgil che dovrebbe proprio difendere i lavoratori? 2) Nel suo caso è stato utilizzato il Jobs Act oppure no? 3) Che ne pensa di Landini?”. Ha risposto così: “Mi spiace non rilascio interviste. comunque grazie”. In effetti non ho capito perché mi abbia chiesto cosa volessi sapere e poi, dopo che gli ho inviato le domande, mi abbia risposto che “non rilascia interviste”. Resta il fatto che l’interesse per una vicenda che vede coinvolto il capo della Cgil, il più grande sindacato italiano, è molto alto. La Cgil dovrebbe tutelare i lavoratori e desta meraviglia che licenzi proprio i suoi, anche se a sinistra non è certo una novità. Si ricorderà, ad esempio, che Fausto Bertinotti il barone rosso della politica, leader di Rifondazione comunista, non esitò a licenziare i giornalisti del suo giornale, e cioè Liberazione. Una contraddizione che salta subito agli occhi. Si sa, la colpa è di una legge mistica che si chiama “eterogenesi dei fini”, si parte, soprattutto in politica e nel sindacato, per fare una cosa e se ne fa poi l’esatto contrario. Si parte per difendere i lavoratori e poi si arriva a difendere i padroni. Che poi la Cgil non si sia stracciata le vesti quando Matteo Renzi, da segretario del Partito democratico, riuscì ad abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, è altrettanto noto. Perché? Come mai? I vasi comunicanti tra Cgil e Pd c’entrano qualcosa? (vedi, ad esempio, il caso di Susanna Camusso ex segretaria generale poi eletta senatrice proprio nel Pd). Non c’era riuscita la destra, né Berlusconi, né Confindustria. Ad abolire il baluardo dei lavoratori voluto da Gino Giugni ci riuscì il più grande partito di sinistra esistente, erede peraltro del Partito comunista italiano con Matteo Renzi. Piccole incongruenze, diciamo così, di cui è però costellato il firmamento rosso del sol dell’avvenire.

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Maurizio Landini
Massimo Gibelli con Susanna Camusso
Massimo Gibelli con Susanna Camusso
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