La puntata di Report inizia con la prima inchiesta di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella, che consiste in un approfondimento sui vaccini rimasti inutilizzati ai tempi della pandemia. Gli Open Day dei vaccini Covid sono un flop in molte regioni italiane, ma in particolare nel Lazio, dove “nessuno può divulgare informazioni”, per via di “ordini superiori” (ma cos'è, il numero dei vaccinati è un segreto di Stato?). Sembra un po’ che gli inviati di Report entrino in una sorta di loggia massonica, dove il numero dei vaccini e dei vaccinati ha un che di misterioso e sconvolgente (“Noi non possiamo rivelare nulla, rispondiamo a ordini dall'alto”). Comunque, tra tutte le campagne effettuate nelle varie regioni italiane, il numero complessivo dei vaccini con richiamo Pfizer effettuati è risultato di 2.177.000 dosi, circa il 10% della platea raccomandata. Il problema che si pone è che, nonostante le milioni di dosi disponibili, gli stessi medici di famiglia hanno faticato a riceverle per i pazienti. C'è più penuria di dosi che di pane è un po' il motto di Pier Luigi Bartoletti, segretario provinciale della federazione italiana medici di medicina generale a Roma: “Se io chiedo dieci dosi, perché me ne dai due? Ci dev'essere qualcosa sotto, a questo punto. Io credo nei fatti, non nelle parole... E la risposta che mi è stata fornita è che si tratta di fiale fragili”. Ammazza che fiale fragili, per non poterne spedire più di due. Certo, se sono fragili come le giustificazioni che sono state accampate nei confronti dei medici di famiglia, allora dev'essere un bel problema farle arrivare intatte a destinazione. Con un po' di numeri, comprendiamo una situazione al limite dell'incredibile: l'Italia a oggi ha speso 4.4 miliardi di euro per 381 milioni di dosi, di cui solo 147 milioni di dosi iniettate. Ergo, meno della metà. Valesini e Ciccolella sono riusciti a sbirciare alcuni dei contratti stipulati tra Ue e case farmaceutiche. E il dato agghiacciante che emerge dalle loro indagini è che noi continueremo comunque a pagare quelle dosi che non sono state iniettate. Ma, presi da un moto di generosità, ci hanno fatto uno sconto fedeltà del 50%. Ciò vuol dire che pagheremo “solo” 10 euro a dose per 24 milioni di dosi cancellate (che fortuna, eh?). Piotr Kramarz, vicedirettore scientifico del centro europeo di prevenzione e controllo malattie, svela anche quanto la protezione dei richiami diminuisca drasticamente nel giro di pochi mesi. A conti fatti, molte dosi risultano in discarica o addirittura donate: con tutta probabilità ciò accadrà anche alle 36 milioni di dosi ordinate, delle quali rimarranno grossomodo 6 milioni.
Un risultato che ci spaventa e ci fa riflettere sul fatto che molti contratti non siano stati neanche visionati dai manager. Anche il vaccino AstraZeneca non ha avuto vita facile ed è silenziosamente scomparso dai centri vaccinali di tutta Europa. Come volatilizzato. Mai esistito o forse sì, esistito, ma con riserva, dati i gravi effetti avversi che sarebbero emersi e che sono stati messi in luce con l'intervento della stampa. Come spiega Peter Doshi, “è stato sbagliato presentare questi vaccini come efficaci al 95%. La scoperta del declino dell’efficacia dei vaccini nel tempo mette in crisi la narrazione di vaccini efficacissimi al 95%. Le autorità non amano la diffusione di notizie di segno opposto alla ampia raccomandazione di vaccinarsi fatta tra il 2020 e il 2021”. Claudia di Pasquale, in collaborazione con Giulia Sabella, narra delle 40 milioni di dosi comprate dall'Italia e della somministrazione di poco più di 12 milioni. La domanda da porsi è: quale impatto ha avuto questa storia sulla multinazionale anglo-svedese AstraZeneca? Ma anche e soprattutto l'effetto domino che ha provocato sulle famiglie delle vittime. Il professore Greinacher, ordinario di immunologia, era stato il primo nel 2021 a segnalare i pericolosi anticorpi anti-Pf4 nei pazienti che avevano sviluppato, a pochi giorni dalla vaccinazione con AstraZeneca, trombosi associata a trombocitopenia. Il via alla somministrazione di AstraZeneca arrivò solo quando il vaccino era già sparito dalla circolazione. Proprio perché la sua pericolosità consisteva nel pericolo crescente con il diminuire dell'età e la presenza di alcune patologie. Sigfrido Ranucci segue un filo conduttore che indaga sull'intero sistema sanitario. Passa da che fine hanno fatto i vaccini, alla scomparsa di AstraZeneca, fino a scavare a fondo della sanità. Molti dicono che la sanità ormai sia roba per ricchi. E, con tutta probabilità, hanno ragione. C'è da considerare innanzitutto il funzionamento della sanità nel nostro paese. Da anni ormai è prevista la presenza dei Fondi Sanitari Integrativi, che integrano quello che il Servizio Sanitario Nazionale non è in grado di offrire. Nell'ultimo periodo, anche se un po' troppo lungo per essere definito “periodo”, l'Italia ha fatto spazio a una sanità privata parallela, finanziata solo parzialmente dallo Stato. Al giorno d'oggi i lavoratori devono sottoscrivere un fondo di 15 milioni sulla base dei contratti collettivi. Persone che hanno stipulato un contratto di assicurazione per conservare un posto nella sanità e che vivono già oggi gli effetti del fenomeno dei privati che sta fagocitando il nostro Ssn. Massimiliano Nobis è sia presidente di Metasalute e sia segretario nazionale di Fim. Tanto che, sotto la sua dirigenza, la salute di un milione e 600mila lavoratori è stata affidata nella gestione del rischio alle assicurazioni private. Il Servizio sanitario nazionale italiano è ritenuto uno dei migliori del mondo da sempre. Nonostante dei grandi problemi congiunturali, bisogna ammettere che la sanità pubblica è riuscita a sopravvivere, ma ne è uscita provata dai tanti stress test a cui stata sottoposta. Abbiamo compreso una realtà innegabile: la sanità non è più uguale per tutti. Dal drammatico sottofinanziamento delle aziende sanitarie alla carenza stessa del personale sanitario di alcuni profili e discipline. Le responsabilità di matrice collettiva sono ben più estese di quelle individuali, ma rimangono il frutto di investimenti sbagliati e noncuranze professionali. La rivelazione che viene fatta verso fine serata a Report è di un dipendente ministeriale che preferisce rimanere anonimo. Stando a queste dichiarazioni ci sarebbe un ministero pubblico che al momento starebbe pagando un fondo privato supportato da un’assicurazione per garantire copertura sanitaria ai suoi dipendenti. Anche l'intervento di Rosy Bindi fa riflettere: lei non fu forse l'unico Ministro della sanità che vietò l'Intra moenia dei medici? Tante domande e ancora troppe poche risposte sulle falle di un sistema colossale su cui si basa la salute dei cittadini.
L'ultima inchiesta è di Valerio Cataldi e Alessandro Spinnato ed è un vero e proprio viaggio in Ghana, che viene definito “L'inferno dei vestiti di seconda mano”. Infatti, il modello di business dell'industria del fast fashion sopravvive grazie a delle produzioni low cost e a ciclo continuo. Sulle coste del Ghana arrivano 15 milioni di capi usati ogni settimana (da noi i migranti, da loro i capi). Ma, se da una parte questi rappresentano un filo nell'economia della popolazione locale, dall'altra rendono sempre più concreta una catastrofe ambientale senza precedenti. “Grazie ai vostri scarti possiamo prenderci cura dei nostri figli. Pagare l'ospedale quando serve grazie ai ricavi del nostro lavoro e mandarli a scuola. Valutiamo anche le condizioni in cui ci arrivano i vestiti usati... Arriviamo a portarne anche cinquanta chili sulla testa, per trasportarli fino al mercato e venderli”. Ma il vero problema sono i capi tessili, accumulati in quella che sembrerebbe una montagna di “scarti”. Ci pascolano addirittura le mucche, “perché l'erba cresce anche lassù”. Ricapitolando, il Ghana importa ogni settimana 15 milioni di abiti usati di cui il 40% già inutilizzabile. Il volume d'affari è sconvolgente e si aggira intorno ai 200 milioni di dollari. Per fortuna sembra esserci "un germoglio" di speranza, tra tutti questi rifiuti. Ossia un team di stampo internazionale che si occupa di recuperare e riutilizzare moltissimi di questi rifiuti, dando lavoro a molte donne del Ghana, nella salvaguardia dell'ambiente. Che sia un punto di svolta per il cambiamento di questo circolo vizioso?