Robert Prevost è il primo papa agostiniano della storia. Con il nome di Leone XIV recupera la storia dei grandi papi, dal primo con questo nome, divenuto Dottore della Chiesa, a papa Leone III, che incoronò Carlo Magno, fino a Leone XIII, il primo papa ripreso in video (e autore dell’Enciclica Rerum Novarum, su cui si basa la Dottrina sociale della Chiesa). Ma cosa significa essere agostiniani? E com’è, “dietro le quinte”, Leone XIV? Lo abbiamo chiesto al priore della provincia d’Italia dell’Ordine di cui fa parte Prevost, padre Gabriele Pedicino, che lo ha conosciuto e incontrato prima dell’elezione al Conclave.

Tu hai conosciuto Papa Leone XIV che fa parte del tuo stesso ordine. Molti hanno apprezzato di Francesco il suo lato umano. Da questo punto di vista Prevost com’è?
Nonostante la sua timidezza quello che mi ha sempre colpito di lui è l’affabilità, la capacità di accoglierti, di trovare tempo per te. Parlando di relazioni, nel primo messaggio che ci ha dato ieri, ho ritrovato molto il padre Prevost che abbiamo vissuto quando è stato Priore Generale dell’Ordine e cardinale. Ha sempre i tratti di uno che ha tempo per te.
Il fatto che sia agostiniano cosa vuol dire? Cosa dobbiamo aspettarci da un Papa di quest’Ordine?
Credo che un Papa agostiniano sia un papa che serve la comunione, favorisce l’unità e quindi può aiutare la Chiesa a riconoscere che le diversità che a volte registriamo dentro e alcune fuori (alcune portano anche al conflitto) possono essere vissute non come un pericolo ma, vissute nel dialogo e nel rispetto reciproco, possono essere una ricchezza. La diversità come ricchezza è proprio nello stile di Sant’Agostino.
Quali sono i punti centrali per un cammino di fede per un agostiniano?
Papa Leone XIV ha già parlato di pace. Ha scelto anche nome che rimanda a Leone XIII e al Rerum Novarum, l’enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa, quindi attenzione ai lavoratori, ai poveri, al mondo sociale. In questo non credo tradirà quel che è stato fatto dai suoi predecessori, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e Papa Francesco.
In questi anni si è parlato molto anche dell’impegno sociale di Papa Francesco. Un Papa agostano sarà altrettanto “attivista” come un gesuita?
Più che un Papa attivista credo sarà capace di vivere un altro aspetto della spiritualità agostiniana, e cioè la capacità di essere contemplativi nell’azione e attivi nella contemplazione. Quindi vivere anche l’impegno nel sociale, verso i poveri e per edificare la pace, senza perdere di vista la dimensione spirituale, del rapporto con il Signore. Ce lo ha detto bene: “La pace sia con tutti voi. Questo è il primo saluto del Cristo risorto”.
In questo momento quale credi sia il compito più difficile per chi deve guidare la Chiesa?
La sfida della pace è quella più grande. Ma Leone XIV ci ha già detto che questa pace non si costruisce a tavolino, ma con l’accoglienza di Gesù risorto. Non si può costruire senza Gesù, senza l’incontro con lui. Credo che questo annuncio “urbi et orbi” dalla Loggia della Benedizioni sia il vero programma che deve avere un pontefice. Annunciare Gesù, farLo incontrare, perché è lui che mette insieme le diversità e porta alla pace. Nei grandi conflitti come in quelli quotidiani. Se al centro c’è Lui allora si possono costruire bene, come ha detto Leone XIV, ponti e relazioni.
