Lontani i tempi della cattiva maestra televisione, per citare Karl Popper: gli studenti hanno abbandonato la scuola. Per cambiare metafora, i figli hanno messo Mamma Rai in ospizio. La crisi della televisione pubblica è una storia vera, con tutti i tratti di una fiction drammatica. Abbiamo già visto le perdite economiche, anche se ipotizzate, in relazione al calo di spettatori. 178 milioni di euro, ma in termini di share, quali sono stati i programmi più disastrosi? “Non spegnete la tv ma accendete la libertà critica”, ammoniva Umberto Eco, ma a quanto pare il pubblico lo ha ascoltato solo in parte: la tv è rimasta accesa. Soltanto, gli spettatori hanno cambiato canale. Se vogliamo capire davvero che cosa sta succedendo, dobbiamo partire da un dettaglio tecnico apparentemente insignificante: il passaggio al Dvb-t2. Il digitale terrestre di seconda generazione, quello che avrebbe dovuto migliorare la qualità dell’offerta, in realtà potrebbe aver tagliato fuori una fetta enorme di pubblico: anziani, persone poco tecnologiche, aree disagiate. E chi ci ha rimesso? Nel caso della Rai, i canali meno mainstream, quelli culturali, educativi, tematici. Due esempi? Eccoli. Rai Storia, che a settembre 2023 faceva 1 milione e 600mila utenti settimanali, un anno dopo ne fa 888.000. Quasi dimezzata. Calo del 44,4%. Peggio ancora Rai Scuola: da 1 milione a 536.000 utenti settimanali. Meno 46,4%. Forse anche un problema di offerta, oltre alla tecnicità del digitale. Ma non è tutto, perché la parte più inquietante arriva quando guardiamo ai programmi nuovi, quelli lanciati come “la nuova Rai”, “la Rai del cambiamento”, “la Rai che parla al Paese”. Il Paese, però, non ne vuole sapere.

Gli anni di riferimento sono il 2023 e il 2024. Prendiamo Rai 2, che ormai sembra diventata una discarica di tentativi falliti. L’altra Italia, condotto da Antonino Monteleone. Inchieste, storie forti. Risultato? Share medio dell’1,5%, picchi al ribasso dell’1%. Poco meno di 300.000 spettatori. Avete presente un palazzetto dello sport? Ecco, vuoto per metà. Avanti Popolo, Rai 3, Nunzia De Girolamo. L’idea era quella di lanciare un talk show alternativo, più popolare, meno ingessato. Il risultato? Share medio al 3,6%, mentre È sempre Cartabianca, passato su Rete 4, galleggia tranquillamente sopra il 5,5%. Sconfitta netta. Poi c’è Una scatola al giorno, Rai 2, con Paolo Conticini. Lanciato con grandi aspettative nella fascia pre-pranzo. Share al debutto? 2,3%. Spettatori? 350.000. Per dare un’idea: nello stesso orario, Forum, con le sue cause strampalate e al limite del vero, su Canale 5 fa tranquillamente il 20%. Altro titolo: BellaMa, condotto da Pierluigi Diaco. Doveva essere il grande esperimento cross-generazionale, il punto d’incontro tra boomer e Gen Z. È durato poco: partito con un dignitoso 4,36%, è sceso sotto il 4% quasi subito. Se cercate la generazione Z, forse è su TikTok. E se cercate i boomer, probabilmente sono rimasti su Rete 4 o su Facebook a mandarsi i caffè glitterati. Elisa Isoardi ci ha provato con Vorrei dirti che, ma anche all'ex moglie di Salvini le cose non vanno tanto meglio: partenza al 2,3%, leggera risalita al 2,92%. Nella stessa fascia oraria, Domenica In vola sopra il 15% e Verissimo sfiora il 18%. Cioè, ci siamo capiti.

E poi c’è Cattelan. Il suo Stasera c’è Cattelan doveva essere la scommessa per parlare ai giovani, anche se il presentatore alessandrino a 44 è giovane soltanto perché la tv non è un Paese per giovani. Tant'è che i giovani, a quanto pare, non guardano Rai 2, ma forse nemmeno i vecchi. Partito con un 4,2%, è finito a oscillare tra il 2,9 e il 3,1%. Meglio concentrarsi sui podcast: il suo straordinario talento nel “friggere aria”, come diceva Marco Mazzoli, a viale Mazzini risulta indigesto. Passiamo al giornalismo, e qui il discorso si fa più serio. Perché l’informazione dovrebbe essere il cuore del servizio pubblico. E invece? Il Tg2 delle 13, un tempo baluardo dell’informazione moderata, nel 2022 viaggiava sui 2,4 milioni di spettatori, con uno share del 17%. Nel 2023, è sceso a 2,2 milioni. Share al 13,9%. Una discesa lenta, ma costante. Peggio ancora Agorà, su Rai 3. Una volta era un punto di riferimento per chi voleva approfondire le notizie con calma. Oggi è a metà degli ascolti di due anni fa. Dal 6% al 3,3% di share. Spettatori crollati da 650.000 a 350.000. Gli spettatori si saranno rifugiati nell'acropoli. Restart, il programma di Annalisa Bruchi su Rai 2, a dispetto del titolo è rimasto impantanato sotto il 3% di share, tra i 300 e i 400 mila spettatori, senza mai partire davvero.

E la fiction? Un tempo specialità Rai, adesso soffre la crisi della concorrenza che arriva dalle piattaforme, ma anche qui è un problema tutto pubblico. Sempre al tuo fianco, con Ambra Angiolini, si è fermata tra il 13 e il 15% di share. Mentre Terra Amara, su Canale 5, fa il 20%. Brennero, altra produzione Rai 1, si è attestata tra l’11 e il 13%. Nello stesso slot il Grande Fratello, roccaforte in rovina del trash, sta tra il 18 e il 21%. E il fatto che la gente preferisca le manfrine di Alfonso Signorini e dei suoi vip sconosciuti è di per sé preoccupante. Poi c’è Kostas, la fiction greca targata Rai. Il debutto ha fatto il botto: 21% di share. Ma già alla terza puntata è sceso al 16%, con una perdita di circa 1 milione di spettatori. Insomma, l’esperimento è durato poco. Ma se i bassi ascolti sono un problema, i programmi chiusi in silenzio sono il suggello della catastrofe. Negli ultimi due anni, la Rai ha provato a rinnovarsi, rilanciarsi, parlare al Paese, come dicono loro. Ma la verità è che molti nuovi format si sono schiantati al suolo, alcuni dopo poche settimane, altri addirittura dopo un paio di puntate. E non parliamo di chiusure fisiologiche: qui si tratta di veri e propri aborti televisivi, stoppati per ascolti imbarazzanti. Partiamo da un caso clamoroso: Se mi lasci non vale, in onda su Rai 2 nel 2024, condotto da Luca Barbareschi. Doveva essere un programma di intrattenimento e riflessione, è finito per essere un naufragio. Il Temptation Island rivisitato si è chiuso senza nemmeno un falò di confronto. La prima puntata: 321.000 spettatori, share all’1,82%. La seconda: 293.000 spettatori, share all’1,96%. La Rai ha tirato il freno a mano dopo neanche un mese. Chiuso. Fine dei giochi. Senza appello. Stesso destino per Liberi tutti, sempre su Rai 2, nel 2023, con Bianca Guaccero alla conduzione. Tre puntate. Tre. Poi la rete ha staccato la spina. L’ultima puntata si è fermata a 442.000 spettatori e un modesto 2,5% di share. Addio. L’altra Italia, con Antonino Monteleone, è stato un altro esperimento breve. La terza puntata ha toccato lo 0,99% di share. Meno dell’1%. Roba da canale di quartiere. Anche lui sparito, dopo cinque settimane. Altra meteora: Binario 2, condotto da Carolina Di Domenico, Andrea Perroni e Gianluca Semprini. Due mesi in onda, poi chiusura definitiva. Media di 100.000 telespettatori, share al 2,2%. Neanche l’effetto traino del superfenomeno Fiorello è servito a salvarlo. Poi arriva lui, Il mercante in fiera versione 2023, con Pino Insegno, tornato in pompa magna sulla scena Rai con polemiche annesse su Telemeloni. Sessantadue puntate. Sì, è durato di più. Ma è stata un’agonia continua, con ascolti fermi sotto il 2%. Un fallimento annunciato, archiviato senza troppa pubblicità. E senza troppi rimpianti da parte del pubblico. Altro titolo da dimenticare: Fake Show - Diffidate delle imitazioni, condotto dal pur bravissimo Max Giusti, anche questo su Rai 2. Cinque puntate e poi la cancellazione. Ascolti tiepidi fin dall’inizio, media sul 3,8% di share. Troppo poco per giustificare il prime time. Non è andata meglio ad Avanti Popolo, il talk show politico di Rai 3 condotto da Nunzia De Girolamo. Doveva essere la nuova voce del dibattito popolare, il format che smuoveva le acque. Ha smosso solo i palinsesti, che l’hanno fatto sparire dopo pochi mesi. Le ultime puntate viaggiavano sotto il 3%. Inevitabile. Poi c’è stato il caso di Che Sarà, con Serena Bortone, sempre su Rai 3. Ascolti fermi tra il 3,6 e il 4,1% di share. Un programma che voleva riflettere sul presente e sul futuro, ma si è fermato al presente, peraltro non entusiasmante.

