Sul grande non detto, l’“elefante nella stanza” nel mondo Stellantis, potremmo essere arrivati a un punto di svolta. A quasi cinque mesi dalle dimissioni dell’ex amministratore delegato Carlos Tavares, il gruppo automobilistico sembrerebbe intenzionato a muoversi per velocizzare la scelta di un successore. Fino ad ora la carica era stata assunta ad interim da John Elkann, ma le pressioni degli azionisti e le spinte interne al gruppo potrebbero aver sortito l’effetto sperato. Nei primi mesi del 2025 la conduzione acefala di Stellantis, orfana di una seppur discussa figura chiave, si è fatta sentire sui risultati finanziari del gruppo, oltre a comunicare un’incertezza che ha fatto pensare all’assenza di un piano. Ma ad affiancare il nome di Antonio Filosa, manager italiano attualmente Chief Operating Officer dell’area Americas di Stellantis, considerato fino a oggi il candidato principale per il dopo-Tavares, ci ha pensato un altro nome: quello di Wayne Griffiths. È al manager britannico con esperienza in Seat-Cupra e diventato, nel tempo, uno stretto interlocutore di Elkann, che John starebbe pensando nelle ultime settimane per imprimere a Stellantis un cambio tanto radicale quanto forse determinante per le sorti del gruppo: “A monte ci sarebbero stati alcuni scambi informali, descritti da chi li conosce come molto più che sondaggi”, scrive Affari italiani. “In quelle ore si sarebbe consumato un confronto strategico tra due visioni del futuro di Stellantis, con il manager britannico visto da una parte del board come la figura giusta per rompere certi equilibri consolidati e rilanciare il gruppo con un profilo manageriale più aggressivo, dinamico e sensibile alla cultura di prodotto”. Il profilo di Griffiths sarebbe un cambio di paradigma per Stellantis, in grado di interessare più dimensioni: “Se oggi il nome di Wayne Griffiths è ancora in corsa – continua Affari italiani – è proprio per quella spinta trasversale arrivata dagli Stati Uniti, figlia di relazioni personali, ma anche del riconoscimento, da parte di una parte del board, che la leadership futura dovrà parlare un linguaggio nuovo. Meno istituzionale, più diretto. Meno compromissorio, più orientato al rischio”. Insomma, dopo mesi di silenzio emergono nomi e orientamenti sulla scelta del prossimo ad. Se Filosa è descritto un profilo di grande esperienza, conoscitore profondo della realtà Stellantis e che ha già dato prova di saper portare a casa successi, come con il rilancio del brand Jeep in Sud America e gli ottimi risultati di vendita in Brasile, Griffiths resta un nome molto più centrale di quanto si pensi nella rosa di candidati in mano a John Elkann. Nel mentre, sembrano tramontare i nomi di Luca de Meo (Renault) e del perno europeo Jean-Philippe Imparato. Ma da oggi, sul nome della persona che dovrà ridisegnare Stellantis comincia a dipanarsi qualche nebbia.

Intanto Elkann punta a fare cassa vendendo qualche pezzo e approfittando dello stravolgimento degli equilibri economici di un’Europa, che guarda con interesse al riarmo. L’amministratore delegato del gruppo Stellantis è andato a pescare in Iveco per vendere la divisione Defense Vehicles. Il marchio storico della galassia Fiat non è più produttivo ma resta estremamente spendibile, per solidità e tradizione, nello scenario internazionale sempre più orientato ad investire in difesa. Il compito è già stato affidato a Goldman Sachs, che dovrà trovare un acquirente e chiudere la vendita entro la fine del 2025: “L’intenzione di John Elkann e soci – la famiglia Agnelli detiene il 27 per cento delle quote azionarie e quasi il 50 per cento dei diritti di voti – è ricavare 1.5 miliardi dall’affare, che contribuirebbe a rilanciare gli obiettivi dell’intero gruppo, i cui conti sono funestati dal brusco calo delle vendite dei veicoli”, scrive Il Tempo. L’affare sembra una partita a due, o meglio, a quattro: da un lato l’italiana Leonardo e i tedeschi di Rheinmetall, coinvolti dopo che la valutazione di Elkann aveva fatto tentennare il gruppo nazionale della difesa. Dall’altra parte ci sarebbero gli Stati Uniti, con i fondi americani di private equity Bain Capital e Kps Capital che avrebbero manifestato interesse per l’affare. E se le trattative devono ancora cominciare, intanto il titolo di piazza Affari è salito.
